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martedì 2 dicembre 2014

Vita di montagna e socialità: una "cunta" dla val...

Da sempre il ritmo della vita rurale viene scandito dall'orologio delle stagioni e delle condizioni meteorologiche: pioggia, vento, sole, temperature,  giornate più o meno lunghe determinano il calendario dei lavori nei boschi, nei campi, nei prati e nei pascoli. Non faceva quindi eccezione la dura vita di chi svolgeva tali attività nelle zone di montagna, quell'eterna lotta per ottenere da un piccolo fazzoletto di terra il necessario per sopravvivere, per sè e per la propria famiglia. 
Il tema del "tempo libero" non era dunque, per usare un eufemismo, molto "sentito": eppure un minimo di tempo di riposo e socialità era essenziale riuscire a ritagliarselo anche allora, per rinfrancare il corpo, la mente e lo spirito dalle dure fatiche giornaliere. 
In quel di Locana, con le sue numerose frazioni abitate tutto l'anno ed ubicate spesso anche a notevoli distanze dalla "Villa", cioè dal nucleo centrale del paese, i principali momenti di socialità erano sostanzialmente quattro : la sera dopo cena,  il mercoledì (giorno di mercato) , il sabato sera ( soprattutto  per i giovani) , la domenica mattina con la messa. 
In questo post voglio analizzare la prima tipologia di socialità: la sera dopo cena. 
La sera dopo cena, nelle modeste abitazioni rurali delle borgate, non erano presenti radio, televisioni, computer, internet: allora una o più famiglie si radunavano davanti al camino o nella stalla, al caldo, e si raccontavano storie e leggende, "le cunte" per l'appunto. Questi racconti, che avevano una spiccata funzione educativa per i bambini, costituivano un passatempo anche per gli adulti: gli argomenti trattati variavano dalla narrazione di vicende ed episodi legati alla vita ed alla storia famigliare a racconti di streghe, folletti, spiriti maligni, che venivano così tramandati, per via orale, di generazione in generazione. Tali racconti, a differenza delle "fiabe" e delle "leggende", non rimandavano a luoghi esotici od immaginari, ma si svolgevano interamente in luoghi reali e conosciuti, più o meno vicini al luogo di abitazione.
Esaurita questa premessa, non credo ci sia nulla di meglio che riportare una cunta "dla val", che spesso raccontava mia nonna paterna, sperando che la memoria mi non tradisca troppo e che la parola scritta riesca a trasmettervi parte delle emozioni che il racconto orale e la comunicazione non verbale, perfezionati da anni e anni di pratica, erano in grado di dare a me da bambino. Nello scriverla cerchrò il più possibile di rimanere fedele alla versione orale, benchè tradotta in italiano, mantendendo fede al suo linguaggio essenziale ma efficace.  Un'ultima cosa: a Locana "la val" comprende tutte le frazioni da Fornolosa in poi fino al confine con il comune di Noasca, dove viene parlato anche un dialetto completamente diverso rispetto a quello di Locana e della altre frazioni, più simile alle parlate francoprovenzali ed in particolare alla "parlata" di Noasca. Il racconto che segue è proprio ambientato in quelle frazioni.

"Vivevano una volta a Piada [1] due fratelli, che d'estate salivano con le bestie ai Giua[2]. Dall'alpeggio scendevano una volta a settimana, a turno, al mercato di Locana per portare il burro e le tome a vendere e tornavano a sera. Un mercoledì mattina  uno dei due fratelli, a cui toccava scendere al mercato, disse all'altro: "questo pomeriggio passando da casa a Piada mi fermo a vedere se tutto è in ordine ed a tagliare un pò d'erba, torno poi su domani mattina appena fa luce".
"Benissimo"-  rispose l'altro - " per un giorno ce la faccio anche da solo con le bestie".
Quindi i due fratelli ebbero finito di caricare il mulo con le tome ed il burro, si salutarono e quello che scendeva disse all'altro: "mi raccomando, siccome sei da solo non rimanere fuori di notte, sai che il prete a messa ha detto che di notte ci sono gli spiriti maligni, non si sa mai! Appena scende la sera chiuditi in casa e non aprire a nessuno, per nessun motivo!"
" Spiriti maligni? Ma va' , sono tutte storie e poi io non ho mica paura !".
Partito per il mercato il fratello, quello rimasto sull'alpe fece tutti i lavori: munse le vacche, le capre e le pecore, le portò al pascolo in un pezzo vicino e quindi tornò per pulire la stalla e fare il burro ed i formaggi. Finiti questi lavori vide che la legna da bruciare era quasi finita, solo che non era proprio la giornata giusta per mettersi a fare quel lavoro dato che era da solo e doveva portare le bestie più in alto, visto che era una bella giornata: avrebbe cercato di tornare un pò prima per scendere più in baso a tagliare un pò di codre[3].  Si mise quindi un pezzo di pane vecchio ed un pezzo di toma nel sacco, prese le bestie e si incominciò verso "l'nghiairi" [4]. A mezzogiorno, come usavano fare lui e suo fratello, immerse il pezzo di pane secco nel piccolo ruscello e, accompagnandolo con il pezzo di toma, consumò il proprio pranzo. Non passò molto tempo che, vuoi per il caldo, vuoi per la stanchezza, si addormentò, svegliandosi soltanto a pomeriggio inoltrato. Dato uno sguardo al sole capì che se voleva fare un po’ di legna era meglio tornare giù subito, in fin dei conti oggi le bestie avevano mangiato  bene e così fece più presto che poteva contato che aveva assieme le bestie.
Messe le bestie nella stalla e finito di mungere, prese la roncola e scese giù di corsa a tagliare un po’ di codre, ne fece un grosso fascio e se lo mise a spalle: tornò su che era carico peggio di un mulo, quando ormai cominciava a fare notte. Nonostante la stanchezza e lo stomaco che protestava perché era poi già ora di mangiare, decise di fare ancora a pezzi i piccoli tronchi: “così domani ho un lavoro in meno, tanto ormai ho solo più da mangiare qualcosa e mettermi a dormire che non ce la faccio più”. Così portò fuori dalla casa la candela ed andò avanti con la roncola per una buona mezz’ora. Finito il lavoro si chiuse in casa, sprangò la porta e mise a scaldare l’acqua per farsi appena di minestra, non aveva granchè da metterci dentro ma il burro per condirla non mancava, e neanche il formaggio per accompagnarla.
Stava ormai per mettersi sul paglione quando sentì un colpo fortissimo, la porta che veniva scossa con forza sovrumana ed una voce tremenda che urlava: “Apri la porta, o ti ammazzo. Apri la porta o ti butto giù la casa”.
Il poverino rispose: “chi sei? Cosa vuoi? Mi dispiace ma io non apro di notte agli sconosciuti!”.
Da fuori continuavano a battere sulla porta, a scuoterla ed ad urlare: “Apri la porta, o ti ammazzo. Apri la porta o ti butto giù la casa”.
Quando vide muoversi anche le lose del tetto, alla fine terrorizzato aprì la porta e si trovò davanti a sé una specie di diavolo, alto, enorme e rosso come il fuoco che gli disse: “Perché non credi agli spiriti maligni?Perchè sei rimasto fuori a lavorare di notte? Non lo sai che è pericoloso" ? .
Lui rispose a mezza voce, piangendo per la disperazione: “avevo bisogno di fare legna…si è fatto tardi…”.
A questo punto lo spirito maligno disse: “brucia la legna, se no brucio te!”
Il povero pastore rimase pietrificato. “Brucia la legna, se no brucio te!”. Ripresosi dallo spavento cominciò a bruciare tutta la legna rimasta nella stufa, mentre lo spirito maligno incessante continuava ad urlare: “brucia la legna, se no brucio te!”. La cosa andò avanti fin quasi all’alba, quando lo spirito maligno disse: “per questa volta non ti ammazzo. Ma ricordati che gli spiriti maligni esistono”e scomparve di colpo. L’uomo era  talmente sconvolto per la paura e per la stanchezza che tremava tutto e non riusciva quasi più a muoversi od a parlare. Poco dopo che era venuta la luce, fece ritorno il fratello andato al mercato che, vedendolo in quello stato, gli chiese: “ ma che cosa ti è successo”? .  L’altro gli raccontò per filo e per segno tutto quello che era accaduto durante la notte ed il fratello lo rimproverò :” ecco! Io ti avevo avvertito! La prossima volta che rimani da solo fai più attenzione!”.
Ed è per questo che, alla fine di ogni messa, il prete dice: “Jesus defendit spirit maligni”.

Spero che la "cunta" sia stata di vostro gradimento. A presto con le Storie di Montagna.






[1] Borgata sopra a Fey, nel comune di Locana, posta tra Mesonette e Meinardi.
[2] Importante alpeggio nei cui pressi  si trova il casotto dei guardaparco del Parco Nazionale del Gran Paradiso delle Fontane Fredde.
[3] Noccioli nella parlata “dla val”
[4] Zona denominata “Langiosser” sulle cartine, con omonimo rio affluente del torrente Piantonetto



lunedì 1 dicembre 2014

Quale colonna sonora per uno slideshow?

Scegliere la "giusta" colonna sonora per uno slideshow non è sempre così facile: a volte hai già in mente il brano musicale da inserire, a volte no. 
In prima battuta avevo pensato di inserire "Mayden Voyage", pezzo di Herbie Hancock nella versione dei Toto, tratto dall'album "Through the looking glass" uscito nel 2002: sonorità  "calde" con pianoforti elettrici, chitarre "liquide" .
 
https://www.youtube.com/watch?v=E2NkBYNc5Rg

Indubbiamente un bel brano, ma un pò troppo lungo ( 7:33) e poi forse per delle foto di montagna meglio qualcosa di più "ambient", più "onirico", perfino "epico".  Mi sono venuti in  mente i francesi Air, ma scorrendo la loro discografia non ho trovato un pezzo che mi soddisfasse in pieno: grandi atmosfere, ma senza quel pathos un pò epico che andavo cercando.

https://www.youtube.com/watch?v=9fmMK0lfv80

Allora sono andato sul classico dei classici: sua maestà Jean Michel Jarre, "le roi des synthetiseurs". Ed Oxygene VII era proprio il pezzo che faceva al caso mio. Ecco il risultato: buona visione e buon ascolto.

https://www.youtube.com/watch?v=Y7u-2-HTntc

E' vero, è l'ennesimo slideshow, ma, dico, potete rilassarvi per 3:54 e sognare ad occhi aperti?

giovedì 13 novembre 2014

La valle più bella del mondo.

La più bella valle del mondo? E' circondata da cime di scarso interesse alpinistico ( non ci sono 4000, non ci sono pareti con passaggi da 9b+ , non ci sono da affrontare ripidi e crepacciati ghiacciai); è completamente disabitata, benchè il suo gradiente altimetrico spazi dai 640 ai 3270 m di quota;  non ci si possono organizzare trail con 20000 m di dislivello al giorno su 300 km perchè i sentieri o non ci sono o sono in pessime condizioni ( dura andar su con le scarpette da ballo!). 
Ci troviamo di fronte a quella che è a tutti gli effetti una valle "slow", un luogo per intenditori  ove riaffermare una sorta di "diritto all'ozio": andare in montagna per il semplice gusto di andarci, da soli od in compagnia (  pochi ma buoni), non a caccia di record sportivi ma alla ricerca del proprio "ben essere". Vogliamo approfondire la questione? 
Partiamo allora dal fondo, che in questo caso sono le cime. Da fondo a valle. Che ve ne pare di questo campo da calcio a 3100 m di quota circa, con le sue spettacolari forme dovute all'esarazione glaciale denominate "patterned ground" ?
Scendendo più a valle incontreremo rocce montonate, splendidi laghi glaciali ed alpeggi solitari...



Anche in questi luoghi selvaggi può capitare, in estate, di fare incontri più "famigliari" e, soprendentemente , tracce di azioni dell'uomo discretamente impattanti quanto ancor oggi  redditizie:


Fino agli anni 50 del secolo scorso l'uomo è riuscito a ritagliarsi uno spazio di sopravvivenza: c'erano perfino una piccola chiesa ed una scuola elementare con due sedi, manufatti nascosti dal verde di fitti boschi. Come scriveva Sartre ne "La Nausea": "la Vegetazione ha strisciato per chilometri verso le città. Attende. Quando la città sarà morta essa l'invaderà, s'arrampicherà sulle pietre, le imprigionerà, le rovisterà, le farà scoppiare con le sue lunghe pinze nere, ne accecherà i buchi e lascerà pendere dappertutto delle zampe verdi. Bisogna restare nelle città fintanto che son vive, non bisogna penetrare da soli in questa grande chioma che è alle loro porte: bisogna lasciarla ondeggiare e crollare senza testimoni.". 

Pare che le cose siano andate proprio così: il progresso ha sconfitto le piccole economie di sussistenza montane, nessuno ha scelto di rimanere a vivere in una borgata morta.




Però la Vegetazione ha vinto, e questo è un pensiero confortante, specialmente quando i boschi si accendono con i colori dell'autunno, regalando emozioni.


Ancora più in basso si trovano i "castlet", di cui abbiamo già parlato nel maggio di quest'anno...


Le profonde gole della parte bassa della "valle più bella del mondo" celano splendide perle di oro blu, dove ( molto raramente per la verità) è possibile incontrare qualche appassionato di canyoning intento a fare tuffi, calate e scivolate lungo i "toboga" naturali.
Insomma, volevo raccontarvi una "storia"ma è venuto fuori   un fotoromanzo. Penso che abbiate ormai tutti capito di quale valle sto parlando, ma nel caso non l'aveste intuito ve lo scrivo qui di seguito: è la valle dell'Eugio, in provincia di Torino. Se invece è il giudizio estetico che non condividete, vi rispondo con l'antico adagio: "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace" e, incurante del vostro disaccordo, vi lascio con la citazione di un ex-ministro dall'inglese scintillante: "visit our site, but please visit Eugio valley". 
A presto con le storie. 


mercoledì 30 luglio 2014

Escursioni nelle valli Orco e Soana - agosto 2014

Imperdibile. Questo è il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso al programma di agosto. E non è solo una questione di gusti personali: davvero percorreremo alcuni dei luoghi più belli del Parco Nazionale del Gran Paradiso ( e non solo) . Fidatevi di chi ( come il sottoscritto) ha girato quelle montagne in lungo ed in largo!  Quindi infilate gli scarponi e venite con me...sarà un agosto bellissimo!

giovedì 26 giugno 2014

Escursioni nelle valli Orco e Soana - Luglio 2014

L'estate è ritornata ed è tempo di escursioni nel versante piemontese del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Come sempre le proposte sono numerose e di livello, ma se amate gli angoli selvaggi e poco conosciuti, se della bellezza volete carpire i segreti e toccarli con mano, venite con me: non sarà la solita escursione. L'anno scorso il calendario è stato interamente dedicato al territorio del comune di Locana;  quest'anno amplieremo i nostri orizzonti  "conquistando" Noasca e toccando la Val Soana
Non cambia invece il filo conduttore  delle escursioni: la scoperta di ambienti di elevato valore naturalistico, paesaggistico e storico.
Il programma prevede un'escursione infrasettimanale ( generalmente il giovedì) ed una nel weekend ( generalmente di domenica); il prezzo è di 10 euro a partecipante, comprensivo di assicurazione Rc ed infortuni.

lunedì 9 giugno 2014

Jimi Hendrix in Val Soana


Da Scandosio la stradina comuale prosegue fino ad un piccolo spiazzo, ad una quota di 1200 m circa. Da qui comincia la mulattiera che risale il vallone di Servino, sempre costeggiando l'omonimo torrente, che dalla confluenza con il Soana alle cascate, per un tratto lungo circa 2,5 km, è una riserva di pesca, gestita dall'Associazione Pescatori Forzo di Ronco Canavese ( per saperne di più: http://www.forzofishing.it/servino.htm).
Dopo un breve tratto sulla sx idrografica del rio Servino, il percorso attraversa un ponticello per continuare sulla dx idrografica, giungendo tosto ad una cappella votiva posta a fianco di un'edicola religiosa , i cui affreschi sono decisamente in cattivo stato di conservazione. In compenso però qui  sotto il bosco di faggi si sta davvero bene ed al fresco, al riparo dal gran caldo odierno.
Un posto ideale per una piccola pausa: con in più il piacevole sottofondo musicale costituito dal canto degli uccelli e dal rumore del torrente che scorre poco più in basso...
- "Marco, ehi Marco! Tirati su, che ne abbiamo ancora un bel pò da fare per finire di pulire e risistemare la mulattiera fino a Fontana, questo turno di pulizia è toccato a noi... e sai che se non facciamo il nostro dovere, oltre a pagare una multa al castellano prenderemo il resto del bollito dagli altri del borgo! Oltretutto nel pomeriggio pare arrivi un suo amico, un menestrello , un tipo strano dicono...  suona la chitarra con le corde al contrario! Qualcuno dice che sia addirittura uno stregone, ma gode di amicizie in alto, per cui nessuno indaga su di lui...Insomma il castellano vuole fare bella figura e si deve finire entro oggi" ,
- "Ok ok nessun problema! E' che oggi fa un caldo, meno male che siamo almeno un pò all'ombra! Puliamo bene con la "musoira"  che poi c'è quel muretto che bisogna risistemare, più alcune lose che si sono spostate, se cede da sotto sarà meglio cominciare a mettere dei bastoni di legno...".
- "Oh là! E fino al Servino siamo a posto, sia benedetta Santa Margherita!  Ora puliamo fino a Fontana e va bene così!"
- "Ok, andiamo al Tor a dire che abbiamo finito e se per oggi siamo a posto, io ho girato e vorrei mettere le patate, se mi dai una mano facciamo prima ". La Torre, assieme alla Chiesa ed al campanile ,era motivo di orgoglio per gli abitanti del borgo, simbolo del loro relativo benessere e dell'importanza strategica che il borgo di Servino rivestiva per i conti, oltre ad essere provvidenziale luogo di rifugio per gli abitanti e per i loro beni in caso di scorribande nemiche.
- "Guido, noi abbiamo finito... possiamo considerarci liberi? "
- "Si, grazie ragazzi, per oggi pomeriggio potete tornare ai vostri affari, ma stasera vi voglio tutti qui nel prato, il mio amico menestrello ci allieterà con alcune sonate... e TUTTI i nostri di Servino e Fontana devono esserci, quindi fate girare la voce... mi sono spiegato?".
- "Certamente". 
- "Dai andiamo che a mettere le patate in due è un attimo, io scavo i solchi, tu metti il letame, poi io chiudo e tu infili la patata dentro la terra...le metto a "pros" altrimenti con un campo così piccolo me ne escono poche..."
- "Ma come, la patata la infili appena dentro così? "
- " Certo, la patata deve respirare..."
-" Ok Marco, abbiamo finito , adesso però dammi tu una mano, devo fare un pò di manutenzione al rascard...altrimenti quest'anno la farina la fanno i topi!"
- "Dai, direi che siamo stati in gamba oggi: andiamo giù all'edicola a vedere quando arriva il musicante, stasera festa!"
-"Uff... che giornata... ma eccolo, sta arrivando il menestrello... guarda là!!!"

- "Marco per piacere vai con Pippo a distribuire i pass alle band. Marco? Dormivi? "
- "Cavolo si Simone, ho appena  fatto un sogno troppo strano, ho sognato che Jimi Hendrix viveva nel Medioevo e stava venendo a suonare qui in Valle Soana..."
- "Ma dai smettila, che cosa ti sei mangiato per sognare assurdità del genere ? "
- "Vabbè lasciamo perdere, finisco di raccontartelo dopo! Allora mi ricordi il programma? "

martedì 27 maggio 2014

Il medioevo nelle valli Orco e Soana.

"Il castello di Pertica è costruito in modo meraviglioso alla sommità della Valle Soana e non può essere preso con nessuna astuzia, perchè si trova su una roccia a picco di un miglio di altezza e vi si può entrare solo attraverso una torre posta nel mezzo di una parete pure strapiombante". Così recita un passo del "De Bello Canepiciano, scritto da Pietro Azario, secondo la traduzione del dott. Mario Bertotti  ( 1). Nel medioevo la Valle di Ribordone era considerata parte della Valle Soana e la casaforte di Pertia si trovava al centro di  un importante  snodo di comunicazione tra Locana, Sparone, Ribordone e la Valle Soana sul versante sinistro idrografico dell'Orco. A quei tempi  gli spostamenti venivano compiuti per lo più a piedi o con l'ausilio di muli da soma, ed i percorsi di versante ed i colli erano più frequentati rispetto ai tracciati di fondovalle perchè più veloci e ritenuti più sicuri: non di rado infatti in epoca medioevale le nostre contrade erano  infestate dalla presenza di ladri e berrovieri ( cioè soldati mercenari  rimasti temporaneamente "disoccupati" ed allo sbando, autori di furti, omicidi ed episodi di violenza). Oltre a questa piaga, anche le continue scaramucce tra i feudatari locali, i conti delle famiglie Valperga e San Martino, mettevano a dura prova la sopravvivenza delle popolazioni ( a quei tempi infatti una delle "armi" più potenti della guerra era il saccheggio dei borghi e la distruzione delle altrui coltivazioni): se difendere orti e frutteti dall'azione violenta di una soldataglia era praticamente impossibile per la popolazione inerme, quantomeno si poteva cercare di mettere in salvo la proprià incolumità fisica ed i propri beni rinchiudendosi all'interno di una casaforte, che per essere espugnata avrebbe richiesto l'utilizzo di macchinari quali trabocchi e\o catapulte o la necessità di mettere in atto un lungo assedio per prendere i difensori per fame. 
Per queste esigenze di difesa vennero costruite nei borghi  più strategici numerose caseforti, alcune delle quali risalgono addirittura al periodo della dominazione franca e longobarda.
Ora però torniamo alla nostra casaforte: non si trova su una roccia a picco di un miglio di altezza, anche se siamo nelle vicinanze della punta rocciosa chiamata "truch Pertia" ( anch'essa alta decisamente meno di un miglio).   Alle spalle della casaforte vi sono le case del piccolo borgo omonimo e fino ad alcune decine di anni fa vi doveva essere un grande prato: se osserviamo attentamente la struttura della casaforte notiamo subito le differenze costruttive rispetto alle altre costruzioni: pietre ben squadrate, muri a lisca di pesce, architravi e riquadri di luci e finestre costituiti da grandi blocchi unici di pietra levigata, feritoie, certamente opera di muratori specializzati.
La vegetazione arborea in espansione non ci impedisce di notare anche come dalla "torre" la vista spaziasse fino al fondovalle: un ottimo punto di osservazione di fronte al quale, sull'altro versante della Valle Orco, corrispondeva un'altra struttura analoga posta all'incirca nella località oggi denominata Barchero o forse al Palocco Vecchio. Sull'età di origine della borgata è difficile pronunciarsi, certo è che la stragrande maggioranza di questi insediamenti rurali di "media montagna" siano nati in epoca medioevale. 
Ma salendo a Pertia partendo da Calsazio o dall'Apparè ci sono altri punti di notevole interesse: per esempio l'ingegnoso sistema di canalizzazione realizzato con pilastri di pietra a secco e tronchi di castagno lavorati a mò di grondaia, che intercettavano l'acqua del rio tre Croci per portarla alle borgate Scialva e Cuorgnana.
A Cuorgnana poi vi è una costruzione che nuovamente denota le caratteristiche tipiche di una casaforte, secondo l'analisi dell'amico Alberto Picchioldi: 
 
guardando la cartina potrebbe essere stata la casaforte "gemella" di quella del Pianit, sita dall'altra parte dell'Orco ad una quota inferiore di appena 130 metri. In località Scialva ( posta poco oltre Cuorgnana) e nei boschi dietro Calsazio troviamo anche due vasche di pietra di pregevole fattura.
Insomma quella alla casaforte di Pertia è un'escursione di notevole interesse storico e paesaggistico: per quanto ci riguarda e per quanto ne sappiamo abbiamo addirittura "scoperto" una casaforte a Cuorgnana.

(1) M. Bertotti, Documenti di storia canavesana, ed Corsac 1987 - 2012

lunedì 19 maggio 2014

Gli Indiani nel Vallone dell'Eugio

I "visi pallidi": ecco come un amico locanese chiama i "Ciciu", altri li chiamano "i funghi di pietra". In ambito scientifico vengono invece chiamati "singolarità geomorfologiche": formati in seguito all'ultima glaciazione, 15000 anni fa, sono il risultato processi erosivi interessanti i depositi glaciali, caratterizzati da accumuli di materiale parzialmente coerente costituito da sabbie, ciottoli e blocchi immersi in una matrice molto fine, limosa e\o argillosa. A seguito della progressiva erosione dell'accumulo, un blocco risulta“esumato”, diventando naturale protezione dall'azione delle acque piovane per il materiale sottostante, che si costituirà in colonna mano mano che il processo di erosione continua.
Questa particolare forma del territorio non si osserva ovunque poiché la natura del materiale sottostante il blocco, debole e poco coeso, può portarlo al collasso. Solo con il tempo la colonna può raggiungere caratteristiche di coesione e solidità  tali da permettere di sostenere il peso del blocco nel tempo. 
Tuttavia non è così sbagliato chiamarli "visi pallidi": come gli indiani, durante la bella stagione sono nascosti dalla folta vegetazione e per osservarli è necessario abbandonare il sentiero. Ma noi sappiamo dove andare perchè la zona la conosciamo piuttosto bene. 
E così, dopo aver "scoperto" i "visi pallidi", continuiamo il nostro percorso fuori sentiero ed attraversiamo agevolmente il torrente per raggiungere la fine ( per noi l'inizio) della faggeta sull'altra sponda. Non so perchè finisca proprio in quel punto: probabilmente a causa di antichi tagli su versanti troppo impervi e dissestati, dove la copertura boschiva naturale stenta a ricostituirsi , o forse per colpa dei visi pallidi che abitano lì. All'interno del maestoso bosco si cammina bene, l'ombra delle piante inibisce la crescita di erbe ed arbusti, e così in poco tempo raggiungiamo la passerella in legno, che attraversiamo riportandoci sul sentiero per cominciare la discesa. Un rapido sguardo al giallo della fioritura della Caltha Palustris nella zona di risorgiva, quest'anno a dire il vero un pò frazionata nel tempo e meno spettacolare del solito, e poi arriviamo a Veso.
Nella vecchia scuola non c'è nessuno, del resto è domenica, però non ci sono nemmeno banchi e cattedra: ah già, queste borgate sono ormai abbandonate dagli anni 60' del secolo scorso e la scuola è chiusa da un pezzo. Visto che non c'è nessuno in giro, andiamo a farci un giro in centro a Balmetta, se non altro nella vecchia vasca l'acqua non manca mai,si vede che era stata progettata bene.
C'è spazio anche per un incontro botanico particolare, un' Arabis glabra... non è certamente il fiore più bello che abbiamo mai visto, ma è una specie rara ( anche la foto non è delle migliori).
Nel frattempo si è fatta ora di pranzo, ed allora scegliamo di pranzare al fresco nelle gole dell'Eugio. Si, perchè più in basso dei Ciciu ci sono fantastiche gole con grandi pozze cristalline e cascate. Il cibo, le bevande e l'energia dell'acqua ricaricano le nostre pile e così torniamo al punto di partenza, a Cussalma.
Sono le 14,30 circa e comincia a piovere, ma noi siamo già arrivati alle macchine. Gli indiani ci hanno portato fortuna, torneremo senza dubbio ad omaggiarli in futuro.