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giovedì 17 settembre 2015

Escursioni non per tutti 3 - La gita bidone ( Malpensata).

Ore 8 del mattino: "buongiorno senta scusi, siamo in ritardo non ce la facciamo etc etc etc". Bene, cioè male, cioè ormai sono in giro ed è una bella giornata: visto che la meta di oggi erano le Grange Regomb, perché non approfittarne per andare fino a Cima Fer ( è tanto tempo che ci vorrei andare) ? Oggi tappone alpino. Partenza.
Le Grange Ardegal ed Andorina visti dal Regomb.
Con l'auto risalgo quindi la Valle Soana fino a Chiapetto, bella frazione di Valprato Soana, dove lascio l'auto e prendo il sentiero per Andorina, splendido esempio di borgata alpina, un tempo abitata tutto l'anno, a 1453 m di quota. Da qui il sentiero continua a salire ripido fino a raggiungere le Grange Ardegal 1725 m prima e le Grange Regomb 2018 m poi, sulle quali incombe l'aguzza cima Fer.  Qui mi concedo una meritata pausa ( ho sempre fatto io l'andatura ) e, posato per un attimo lo zaino, tiro fuori la cartina e comincio a studiare come raggiungere la vetta.
Ipotesi di partenza: percorrere il ripido canalino NNE  descritto dall'amico Franco su Gulliver. Mentre cerco di individuarlo, ecco che mi viene un'altra idea: perché non andare verso la Malpensata e raggiungere la cima per cresta? Visto che il cellulare prende, decido di ricorrere all'aiuto da casa ( o meglio dal Vallone di  Servino ) e telefono all'amico Carlo, molto pratico della zona, che mi dà una sintetica risposta: "la tua idea di fare la cresta dalla Malpensata non è affatto mal pensata. Inoltre il traverso dal Regomb verso la Malpensata è pieno di bollini rossi, non puoi sbagliare".
Vista sul Regomb
Allora è deciso: a cima Fer per la cresta. Parte la fuga. La bella giornata di sole e la presenza di numerosi camosci rendono il percorso più piacevole ed alleviano il senso di solitudine che permea questi luoghi poco frequentati.
In effetti il traverso per la Malpensata è davvero ben segnalato, anche se non si tratta di un sentiero vero e proprio ma soltanto di una vaga traccia che attraversa ripidi pendi di "erba olina", scavalca piccoli valloncelli pieni di "drose" ed aggira numerosi salti di roccia, per cui lo percorro facendo sempre bene attenzione a dove metto i piedi ed al prossimo segno di vernice, fino a raggiungere il contrafforte che scende dalla punta quotata 2317 m sulla carta Mu, punto dal quale si vedono sia l'ormai vicina Malpensata che la cresta che sale a cima Fer nella sua interezza. 
Decido quindi di raggiungere la cresta a partire da questo punto, ma ecco che le nebbie cominciano ad andare e venire, coprendo a tratti la cima. Non sembrano nebbie così fitte: decido così di avviarmi verso la cresta, riservandomi di valutare l'evoluzione della situazione strada facendo.
Traversando verso la Malpensata.
Ora la nebbia sembra essersi fermata su cima Fer. Continuo a salire fino a raggiungere la puntina rocciosa quota 2317 m  e mi affaccio sul versante di Forzo: nebbia. Lancio un ultimo sguardo verso la cima Fer: è ancora coperta dalla nebbia. 
Visto e considerato che tanto il versante Forzo quanto la parte restante della cresta sono avvolte nella nebbia, giudico inutile andare a mettersi in una situazione potenzialmente ostica ( "e se la nebbia scendesse di più?" )  per godere di un mezzo panorama: la vetta la raggiungerò un'altra volta. 
Arrivo alla Malpensata
Certo è sempre un peccato rinunciare alla meta quando mancano poco più di 300 m di dislivello e la condizione fisica è ottima ma è inutile rimuginare: per fare certe escursioni bisogna partire prima al mattino ( ecco se lo avessi saputo la sera invece del mattino che mi tiravano il bidone...), probabilmente sarebbe bastato partire anche soltanto mezz'ora od un'ora prima ! 
Scendo e torno al contrafforte, da cui in breve raggiungo la Grangia Malpensata. Si perchè la "Malpensata" è una grangia. Posta su un'aerea sella in corrispondenza dello spartiacque Soana- Forzo, circondata da ripidi pendii erbosi in ambo i versanti, la Malpensata deve il suo nome proprio alla sfortunata ubicazione che, a quanto si dice, costrinse ad un repentino abbandono della stessa, forse per mancanza di acqua.
La Malpensata 
Devo dire che questo luogo, in cui non ero mai stato prima, ha comunque un suo fascino, indipendentemente dall'intrigante toponimo che da sempre stuzzica la fantasia degli escursionisti alla ricerca di mete insolite . Mentre faccio una sosta per mangiare qualcosa, cerco di capire dove mai potesse essere l'approvvigionamento d'acqua per questo alpeggio. Appena più in basso dei ruderi c'è una costruzione a secco che ricorda quelle che a volte venivano realizzate in corrispondenza di una captazione d'acqua o dello sgorgare di una sorgente per avere un flusso di maggiore portata, ma nelle vicinanze non vedo traccia dei resti di un crutin; inoltre avere l'acqua più in basso della stalla avrebbe reso alquanto problematiche le operazioni di pulizia e di spandimento del letame. E poi a che pro interrogarsi sull'approvvigionamento idrico di una grangia abbandonata per carenza d'acqua?
Struttura in pietra a secco
Non ha senso: meglio pensare all'itinerario di ritorno! Che fare?
Subito nella mia mente inizia un acceso dibattito tra due opposte personalità, forse il principio di qualche grave disturbo psichico.
Escursionista saggio: -  Ritorno lungo l'itinerario di salita. E' la prima volta che vengo alla Malpensata , sono da solo e quello che ho appena fatto è sicuramente il percorso più agevole, mentre so per certo che gli altri sentieri sono più difficili, anzi praticamente inesistenti.
Escursionista ravanatore: - Beh non è che il traverso dal Regomb a qui sia poi così bello. E' segnato, è vero, ma è pur sempre una traccia tra drose ed uline, ci sono parecchi punti scivolosi. Escludendo di provare a scendere a Puntagliera, perchè il  percorso è molto difficile (da non fare assolutamente da soli)  e poi bisogna tornare fino a Chiapetto a riprendere l'auto, potrei valutare altre soluzioni. 
Escursionista saggio: - Il fatto è che non ci sono più i sentieri! Meglio fare un percorso segnalato e tornare magari in futuro accompagnato da qualcuno. Inoltre non è una buona idea percorrere posti inselvatichiti la prima volta in discesa. Meglio farli prima in salita.
Escursionista ravanatore: - Oggi mi hanno tirato il bidone dei clienti sconosciuti ed a causa della nebbia ho dovuto anche rinunciare alla cima Fer: un piccolo premio di consolazione me lo merito! Se scendessi a Nivolastro, di lì potrei chiudere l'anello tornando a Chiapetto su ottimo sentiero.  E' vero, il sentiero sarà un pò sporco, a tratti inesistente, ma grazie ad un buon uso della cartina ed all'esperienza sarò sicuramente in grado di cavarmela. Alla peggio si fa dietrofront e si torna al Regomb, tanto la gamba c'è, bisogna approfittare dell'allenamento per fare queste esplorazioni.
Come i miei lettori potranno facilmente immaginare, l'escursionista saggio non fu in grado di replicare all'impressionante fuoco di fila di obiezioni messe in campo dal ravanatore: discesa a Nivolastro.
Guardando verso Forzo
Sul colletto a sinistra della Malpensata partono altre due tracce segnalate con bollini rossi ( una in direzione Forzo ed una che segue la cresta): forse sono fortunato. Consultando attentamente la cartina mi rendo però conto che nessuna delle due coincide con il sentiero che scende a Nivolastro: dovrò arrangiarmi.
Nonostante l'assenza della benchè minima traccia di sentiero ( non è un pò sporco: non c'è più), senza troppe difficoltà raggiungo le Grange Tolair 1903 m, cosa che fa aumentare il mio ottimismo ( ed anche la mia autostima). Il seguito prova che avevo torto. Ora bisogna raggiungere le grange Deves 1619 m ma le condizioni del percorso sono sempre peggiori: macchioni di rododendri come se non ci fosse un domani,  drose, erbe ad altezza-uomo, che  poi sarebbero anche il meno:  vero il problema è che ci sono parecchi salti e saltini, lose bagnate, per cui è  assolutamente vietato sbagliare, pena il rischio di farsi male o di rimanere "insengiati" , cioè bloccati senza saper più salire nè scendere.
Il camoscio insegna
Per fortuna ci sono tante tracce di camosci ( ed anche tanti camosci, che non sembra ma fanno compagnia): anche loro, come me, non hanno le ali.  Osservato ben bene il territorio circostante, decido che l'unica è affidarsi alla cartina della Mu, all'altimetro ed alle tracce di camosci  "cum grano salis".
Secondo la cartina ora devo abbassarmi di un 100 m circa ed attraversare il rio sulla mia destra. Fatto. Ora devo scendere di altri 150 m e poi attraversare nuovamente il rio: quel punto dovrei essere a posto e poter scendere direttamente alle Grange Deves.
Grange Tolair
Abbassatomi di 150 m ( agevolato anche dalle tracce animali)  mi rendo amaramente conto che sì, i camosci non volano, ma hanno  una maggiore capacità di salto e maggiori doti su roccia: in questo punto  non si può attraversare il rio. Provo a scendere ancora un pò ed ecco che mi trovo di fronte ad un salto: devo risalire, per forza. Scelgo allora di riattraversare il rio appena possibile   e provare la discesa diretta alle  Deves.  Dopo una faticosa risalita riattraverso il rio e comincio la discesa diretta: dopo  aver aggirato una serie di salti e superato un paio di passaggi disarrampicando tra le uline,  mi trovo nuovamente in un "cul de sac": impossibile continuare la discesa da questa parte.
Comincio allora una cauta risalita, preparandomi mentalmente all'eventualità di un inglorioso e faticosissimo ritorno al Regomb. Ogni tre per due provo a lanciare l'occhio verso valle, caso mai ci fosse un pendio del quale fosse possibile vedere il fondo, ma non c'è niente da fare perchè  questo versante è tutto un susseguirsi di  ripidi pendii e salti di roccia.
A questo punto mi gioco l'ultima carta: lancio lo sguardo verso l'altra parte del rio ed osservo il versante destro idrografico: in questo punto  sembra molto più continuo, con meno salti; una via di discesa si riesce a scorgere, per cui al primo punto favorevole attraverso per la terza volta il rio.
Nivolastro.
La discesa è sempre da cinghiali ma salti ( e quindi risalite con annesse perdite di tempo ) non ce ne sono più; perdendo progressivamente quota arrivo infine in una zona di bosco dove incrocio una traccia più marcata, per cui il mio incedere si fa ora più spedito. C'è anche un segno rosso: sarà mica la traccia che tagliava in cresta ed ho ignorato?  Mi metto praticamente a correre ed ecco che in 5 minuti arrivo nel grande prato dietro Nivolastro: missione compiuta, la fuga è andata a buon fine, ho fatto tappa e maglia. Ora non resta che tornare a Chiapetto, finalmente su buon sentiero all'interno del magnifico bosco di faggio ed abete rosso.
Arrivato a Ronco incontro  un amico guardaparco in giornata di  riposo, il quale mi spiega che le due tracce segnate che ho tralasciato portavano una alla Cial ( direzione Forzo) e l'altra... a Nivolastro per la bocchetta Furchia. Insomma si poteva ravanare anche meno.
Prima di avviarmi in auto verso casa faccio anche a tempo ad incrociare l'amico Carlo, la cui sentenza circa la mia esperienza  è degna di nota: "avresti fatto meglio a salire alla Fer con la nebbia".
Anche se è nata da un inconveniente e si è sviluppata sulla scorta di scelte discutibili, sono soddisfatto di questa gita-bidone. Come  in  quelle fughe di ciclisti composte da corridori non di primo piano, nelle quali  uno di loro,  per  un insieme di circostanze,    riesce addirittura a prendere la maglia rosa (  le cosiddette "fughe bidone") ,  è divertente l'idea di aver raggiunto un risultato non cercato, forse addirittura inutile. Ma mi sono proprio divertito.