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sabato 30 gennaio 2016

Escursioni obbligatorie 1 - Guida turistica del Vallone del Roc


Premessa 

Anno nuovo, rubrica  nuova: accanto alle "escursioni non per tutti", il cui intento è quello di sfidare il lettore, stuzzicandone la fantasia e la voglia di avventure, descrivendo percorsi  insoliti e sconosciuti ai più, ecco arrivare le"escursioni obbligatorie".  Di che cosa si tratta? 
Si tratta di percorsi che si svolgono in ambienti di rara bellezza, mediamente facili ed  alla portata di tutti, per cui è obbligatorio  recarvisi almeno una volta nella vita e fare un sacco di foto oppure, se ci si è già stati, portare gli amici. Avete capito tutto? Bene, allora possiamo cominciare.

Inquadramento geografico-storico

Il vallone del Roc ,  tributario della Valle Orco  posto sul fianco sinistro idrografico, è solcato dal torrente omonimo, che confluisce nel torrente Orco nei pressi della frazione Pianchette, all'interno del  comune di Noasca ( To) . L'intero vallone fa parte del Parco Nazionale del Gran Paradiso , del quale è sicuramente uno dei luoghi più suggestivi sotto molteplici punti di vista: naturalistico, paesaggistico ed architettonico.
Salendo nel vallone, spunta il Courmaon
Da un punto di vista altimetrico  il vallone del Roc si estende dai 1130 m ca di Pianchette fino ai 3642 m del Ciarforon, la vetta più elevata. Essendo però tale elevazione visibile unicamente nella parte terminale del vallone, nonché meno imponente rispetto a come appare vista dal  vicino vallone di Ciamousserretto,  le montagne simbolo  del vallone dal punto di vista paesaggistico sono certamente la Cima di Courmaon 3162 m e la relativa cresta che prosegue con la Cuccagna 3175 m per finire al Colle della Porta 3002 m e, naturalmente, i Denti del Broglio 3454 m e la Becca di Monciair 3544 m, che fin dalla parte mediana del vallone si stagliano a coronare il panorama.
Da quando la via d'accesso stradale per Ceresole Reale ha "abbandonato" Pianchette, da cui passava la vecchia statale, a favore della nuova galleria, la zona è diventata molto solitaria: difficile intuire la presenza del vallone passando sotto la montagna...
Trattoria commestibili "La Cascata"
A Pianchette, prima della chiusura della vecchia statale, era presente anche la "Trattoria della Cascata", bar\ristorante con annesso negozietto di vendita commestibili. Ho un ricordo da bambino del locale già chiuso, ma con ancora visibili attraverso i vetri il bancone e la macchina per fare il caffè. Non so di preciso in che anno l'esercizio abbia chiuso ( mi pare a seguito dell'entrata in funzione della galleria), ma sicuramente non sarebbe potuto andare avanti molto dopo essere stato tagliato fuori dal "passaggio" delle auto dei turisti; ciò che è sicuro è che oggi lo stabile è cadente e privo del tetto. Archeologia industriale della ristorazione?  Oggi nella frazione è presente il bed and breakfast - spa "Il Maiolandro".
Ad ogni modo voglio svelarvi una piccola nota biografica: nel vallone del Roc è avvenuta la mia prima  vera escursione in montagna. Certo tante e tante volte mi ero già recato a passeggiare nei boschi dietro la casa di Cussalma a Locana, con il nonno, lo zio etc, ma mai mi ero trovato in una situazione "organizzata" per andare a camminare in un altro posto, sconosciuto, con tanto di pranzo al sacco! Sicuramente ero già stato anche a Ceresole ed al Colle del Nivolet, ma se non indossi gli scarponi e non pranzi al sacco, non è un'escursione, non è la stessa emozione. Potrei raccontarvi tutta la storia di quella giornata, ma rischierei di tediarvi, per cui facciamo così: chiudo questa parentesi personale e, se sarà opportuno, mi limiterò ad aprire qualche piccolo flashback storico lungo il pezzo.
I  tre valloni di Noasca - ortofotocarta 2006
Il fatto che il vallone del Roc sia diventato così solitario è paradossale:  dei tre valloni di Noasca posti sulla sx idrografica ( gli altri due sono il già citato Ciamousserretto e quello di Noaschetta) esso era quello più popoloso, con grandi borgate abitate tutto l'anno. 
Le ragioni di questa particolarità sono legate a vari fattori: l'esposizione solatia, i versanti meno acclivi e più facilmente coltivabili e, soprattutto, la presenza stessa di una parte medio-bassa utilizzabile, al contrario del vallone di Noaschetta ( che termina con un salto, la famosa cascatona sopra il centro di Noasca)  e di quello di Ciamousseretto ( anch'esso praticamente ridotto ad uno stretto solco vallivo nella sua parte finale) , i quali condividevano un'unica borgata veramente notevole ed abitata tutto l'anno: la Sassa,  mentre il resto del vallone era costituito unicamente da alpeggi ,utilizzati solo durante la stagione estiva.

Il basso vallone del Roc

Al vallone del Roc si può accedere sia da Pianchette, passando per la bellissima faggeta e la borgata Fregai, che da Balmarossa superiore, lungo la mulattiera principale, che passando per le borgate di Fragno, Varda, Maison, Mola, Capelle e Potes, giunge agli splendidi piani del Roc, chiusi da una bastionata rocciosa sulla quale il torrente Roc forma una bellissima cascata. 
Alla Varda, dove oggi arriva una piccola pista agrosilvopastorale che, dobbiamo riconoscerlo, ha preservato quasi integralmente la vecchia mulattiera e causato un impatto paesaggistico trascurabile rispetto ad altre opere analoghe, vi è anche un casotto dei guardiaparco ed alcuni altri stabili ristrutturati ed altri in ristrutturazione.  A sinistra del  nucleo della borgata, in direzione della Valle Orco, abbiamo un buon punto panoramico, da cui si domina la valle sottostante, da cui probabilmente il toponimo del luogo, da "guardia" o "sguardo, vista"; a destra i resti del forno per la panificazione.


Particolare della mulattiera: si noti  il muro di sostegno verso valle realizzato mediante conci più grandi e regolarmente squadrati e lo riempimento verso monte, realizzato con terra e pietrame, reso necessario dalla pendenza del versante; sotto lo strato superficiale di terra ed erba si intravede ancora la selciatura originaria.
E' giusto sottolineare come nelle tipiche borgate alpine alcuni servizi essenziali erano di gestione e di proprietà comune: il forno , il lavatoio, la fontana o le fontane che garantivano l'approvvigionamento idrico, le rogge e le mulattiere principali, cioè quelle che collegavano borgate ed alpeggi. A volte, ove presente, era di proprietà comune anche il mulino; altre volte, specialmente nelle realtà più popolose, esso era affidato ad un privato, in proprietà od in gestione, solitamente povero quanto se non più dei valligiani cui forniva il servizio: "macinava la farina degli altri ma sovente non aveva neanche il pane per lui", diceva mio nonno a proposito del mugnaio della frazione Castignè di Locana...
Dalla Varda parte anche il ripido sentiero che , attraversando i vari alpeggi posti sul versante sx idrografico del vallone, raggiunge il vallone di Ciamosseretto e la conca del Gran Piano di Noasca.
Oltre la Varda la mulattiera prosegue in falsopiano andando a raggiungere le successive borgate: Maison, dove era presenta la scuola , visitabile e mantenuta in buone condizioni, corredata di cattedra e banchi in legno,  Mola, Capelle ( con la casa affrescata e la splendida vasca in pietra) e Potes, ricche di testimonianze dell'architettura tradizionale alpina. Appena più in basso di Maison. verso il torrente, si trova un'altra grossa borgata , Frandin. Se nel primo tratto di percorso avevamo potuto ammirare il selciato e gli eleganti e regolari gradini, in questo tratto risultano ben evidenti i lavori di terrazzamento e riempimento al fine di creare un fondo regolare alla strada, evidentissimi in un punto nel quale una parte della mulattiera è crollata ( vedi foto sopra).
Borgata Capelle
E' proprio in questo tratto di mulattiera che, durante la mia prima escursione, avvenne anche il mio primo incontro ravvicinato con una vipera ( che fortuna, direte voi!) : ricordo benissimo quella specie di  strano oggetto grigio e nero che sporgeva dal muretto a secco, sembrava fosse appeso. Lo "strano oggetto grigio e nero"  catturò subito la mia attenzione di bambino , già edotto sui rischi   legati al morso della vipera ( "bisogna guardare dove si mettono le mani ed i piedi" " non ci si sdraia nell'erba o su un masso senza prima aver battuto il bastone") ed anche sulla prevenzione ( "bisogna dargli una botta sulla schiena e poi schiacciargli la testa per ammazzarla"), ma che non l'aveva mai vista "dal vivo" in precedenza. Fu così che mi avvicinai all'animale puntando il dito ( si trovava giusto all'altezza della mia infantile spalla): "guarda zio" e poi lo zio che subito mi tira indietro e mi spiega che era una vipera e non bisognava avvicinarsi troppo o toccarla. Naturalmente nessuno dei gitanti uccise l'animale, vuoi perchè specie protetta, vuoi perchè ci trovavamo nel Parco!
Traversa IREN sul torrente Roc e passerella in legno.
Nei piani del Roc è presente una presa dell'Iren, che deriva le acque del torrente Roc nella galleria Ceresole-Rosone per la produzione di energia idroelettrica; attraversando una passerella in legno posta poco oltre si può attraversare il torrente e risalire il poggio sul quale è posto il nucleo di abitazioni di Borgovecchio, caratterizzato dalla presenza di una chiesetta e di un alpeggio di ristrutturazione più recente. L'itinerario che conduce fino ai piani del Roc è percorribile tutto l'anno, ed è particolarmente piacevole come gita invernale, data la buona esposizione del percorso che garantisce temperature piacevoli anche in giornate fredde. La parte bassa del vallone è anche  molto interessante in primavera, quando i branchi di stambecchi scendono a valle. A Borgovecchio arriva il sentiero che sale da Pianchette e prosegue la traccia del Gta che, attraverso bei boschi di abeti e larici, si riporta sul versante sx idrografico della valle Orco per raggiungere l'alpe Prà del Cres e da questa il Colle Sià, principale valico di collegamento tra Ceresole Reale e l'alto vallone del Roc.
Chiesetta a Borgovecchio.
I piani del Roc con l'imponente cascata

















Il sentiero che risale il vallone ora passa attraverso i verdeggianti piani del Roc, fino a giungere quasi ai piedi dell'imponente cascata e di una bastionata rocciosa che sembra sbarrare il passo, ma che la traccia accortamente aggira sulla destra rimontando dapprima direttamente un ripido versante erboso e poi passando attraverso una larga cengia erbosa, sino a giungere nei pressi dell'alpe Roc 1853 m. Arrivati a questo punto è doveroso uno sguardo all'indietro per ammirare la bellezza lasciata alle spalle e prepararsi a quella che ci aspetta nella parte alta del vallone.
Vista d'insieme sui piani del Roc
Arrivando all'alpe Roc

L'alto vallone del Roc

Lasciata  alla nostra sinistra l'alpe Roc, si sale verso destra fino ai ruderi dell'alpe Pianes: da questo punto ci sono due possibilità per continuare la salita: o rimontare direttamente il versante sx idrografico fino a raggiungere la mulattiera reale di caccia e tramite questa raggiungere la splendida Alpe del Broglio oppure, purchè ci siano condizioni di buona visibilità, risalire alla suddetta alpe lungo il fondovalle, attraverso l'alpe Truna e l'alpe Foges. In questo tratto il vallone si presenta molto aspro e selvaggio, e cominciano a comparire le caratteristiche rocce montonate e lastronate rocciose che ne caratterizzeranno la parte alta. Dall'alpe Foges, dirigendosi verso sinistra, è possibile attraversare il torrente Roc toccando così la splendida Alpe Breuillet prima e le Alpi Loserai di sotto e di sopra poi, fino a raggiungere il Colle Sià 2274; continuando sulla destra si raggiunge invece l'alpe del Broglio.
Alpe Breuillet
Presenza abituale di questa parte del vallone, oltre agli immancabili camosci, è il gipeto , il più grande uccello europeo, con un'apertura alare che arriva a sfiorare i 3 m, che può costituire un'ottima cattura fotografica.  
Che dire dell'Alpe del Broglio? E' un luogo stupendo, da vedere: ogni parola spesa per descriverlo potrebbe essere superflua, non all'altezza, per cui contentatevi di una foto.
Alpe di Breuil nella nebbia.
Sia nell'alpe di Breuil ( Broglio) che nella sottostante alpe Breuillet torna uno dei leit-motif del vallone del Roc, cioè il verde pianoro delimitato dall'imponente bastionata rocciosa con cascata.

Il sistema di alpeggio nell'alto vallone del Roc e le miniere della Cuccagna.

Alpe Loserai
Prima di continuare la salita, è doveroso soffermarsi ancora un attimo sul versante dx idrografico di questa parte del vallone, poichè le Alpi Loserai di sopra e di sotto costituiscono un perfetto esempio delle tipologie costruttive delle malghe alpine di alta quota e dell'organizzazione tecnica del lavoro in alpeggio . Accanto alle costruzioni a secco ( stalle, abitazioni , locali di caseificazione e crutin), possiamo notare i cumuli di pietre legati ai notevoli lavori di spietramento effettuati nel passato sui terreni circostanti per avere più erba e superfici più facilmente lavorabili. Ho parlato di "superfici lavorabili" perchè "una volta" non si sprecava nulla: dove non arrivavano in tempo le mandrie a pascolare l'erba fresca prima che questa diventasse troppo vecchia e "secca", arrivava la mano dell'uomo, con la "sessa" o, nelle zone più impervie, con la "falce musoira" o "musuera" a fare preziose scorte di fieno, fondamentali in caso di maltempo prolungato per poter alimentare le bovine

Particolare della roggia
che non si erano potuto accompagnare al pascolo. Tutto questo era valido specialmente per i capi produttivi: per i margari  era impensabile esporre al freddo ed alle intemperie le bovine che fornivano loro il latte, la preziosa materia prima indispensabile per produrre burro e toma, poichè esporle a condizioni climatiche difficili o lasciarle in stalla a patire la fame significava andare incontro a significative perdite di produzione, non recuperabili dall'oggi al domani. 
Appena a monte delle costruzioni, in direzione della Cuccagna, possiamo ammirare la grande roggia che, intercettata l'acqua dal torrente Roc ad una quota di 2600 m, con imponenti manufatti e superando salti e pietraie la portava agli alpeggi sottostanti e proseguiva fino al Colle Sià. L'acqua derivata dalla roggia serviva sia per l'irrigazione delle superfici pascolive, sia per la fertirrigazione, cioè per lo spandimento di liquami e deiezioni bovine per concimare il terreno ( anche le "buse" ed il "pisinass" non venivano sprecati).

Entrambe le tecniche erano finalizzate ad incrementare la produzione e la qualità dell'erba e , di conseguenza, del latte, ragion per cui venivano effettuate regolarmente secondo razionali modelli di gestione. Non dobbiamo dimenticare infatti che numerosi documenti storici attestano l'utilizzo di questi alpeggi ( Loserai, Breuillet, Breuil) già a partire dall'epoca medioevale: a pastori "professionisti" venivano affidate, durante la bella stagione, le mandrie formate dai capi bovini, ovini e caprini destinati alla monticazione e di proprietà del feudatario a cui erano state assegnate quelle terre e dei nuclei famigliari ad esso infeudati. In realtà, trattandosi di praterie alpine naturali, l'utilizzo di queste superfici è sicuramente ancora più antico, risalente per lo meno all'epoca dei Celti e dei Romani.
 Dall'epoca Celto-romana fino a dopo il 1800 sono state coltivate le miniere della Cuccagna, dalle quali si estraeva minerale ferroso. i cui cunicoli si trovano sul fianco della montagna, sopra la roggia ad una quota di 2730 m circa. 


Riprendiamo il cammino...

Arrivati all'alpe di Breuil ci troviamo di fronte ad un altro bivio molto importante: aggirando sulla destra in salita la bastionata rocciosa si prosegue in direzione del Bivacco Giraudo 2630 m, punto d'appoggio per l'ascensione alle cime circostanti, e del vicino Lago della Piatta; proseguendo verso il fondo del pianoro si continua invece sulla mulattiera reale, che sale fino al Colle della Porta 3002 m.
Bivacco Giraudo ( foto: Aldo Costa) 
Dal Bivacco Giraudo, con percorso leggermente più impegnativo, si può proseguire fino al
Colle della Torre 3185 , che mette in comunicazione con il vallone di Ciamousserretto, ed in particolare con la conca dove si trova il lago di Ciamousserretto superiore, nonchè agevolmente riportarsi  sulla mulattiera reale.  Il signore incontrastato di questa parte alta del vallone è certamente l'animale simbolo del Parco, lo stambecco: è difficile passare di qui in piena estate senza osservarne qualche esemplare, sia esso un maschio solitario od un branco di femmine, piccoli e giovani maschi.
Il vallone è finito: scendete in pace, amen. A presto con le storie di Montagna!