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martedì 22 novembre 2016

Escursioni non per tutti 7 - Ambrella

Premessa: tra sogno...


L'Ambrella , localmente chiamata "Ambërla" o "Ambërlà",  toponimo la cui radice deriva da "bërla", cioè escremento di animale ( più precisamente di pecora o capra) è un alpeggio posto a quota 1609 m.s.l.m sulla sinistra idrografica della valle Orco , nella zona della Costa delle Fontane Fredde compresa tra l'arian dla Frera e l'arian dal Fè.  Questo luogo ha  fatto parte  del mio immaginario sin da bambino , un pò perchè frequentemente citato in famiglia ( i miei nonni paterni erano delle Mesonette e della Costa ), un pò per i racconti del mio nonno materno, che all'Ambrella aveva lavorato durante il regime fascista per la realizzazione di opere di sistemazione del versante e mi spiegava che da lì si poteva fare la traversata fino al vallone di Noaschetta, arrivando in quota  nei pressi dell'attuale rifugio omonimo.  Altro motivo di curiosità era senz'altro la vecchia cartina 1:50.000 dell'Igc, che dall'Ambrella faceva passare addirittura il Gta ( linea rossa continua); inoltre il Cai di Rivarolo molti anni fa aveva segnalato il percorso da S.Anna al vallone di Noaschetta. Insomma, apparentemente tutto facile: peccato che la realtà fosse ben diversa dalla mia confusa immaginazione di bambino. 

e realtà!

In primo luogo il Gta non passa da Ambrella ( nè mai ci è passato: grossolano errore cartografico) , ma dai Meinardi scende alla borgata Coste ; in secondo luogo il percorso segnalato dal Cai di Rivarolo raggiunge sì la Noaschetta bassa, ma passando in alto, cioè  dai Giua e da Piampurcetto per poi scollinare ( altro che traversata in quota). Inoltre gran parte della zona è stata ampiamente rimaneggiata nel corso degli anni da  movimenti franosi di notevole entità ; ciò non toglie che, come diceva mio nonno, da Meinardi si potesse arrivare a Noaschetta passando per l'Ambrella. Così l'anno scorso, tanto per cominciare,  mi sono deciso ad andare ad Ambrella, chiedendo  lumi all'amico Franco Chiapetto che ci era già stato : "beh, passi dalle Coste e dal Vailet ..." " no, io voglio traversare in piano dai Meinardi" "auguri". Prima di cominciare il racconto però credo sia giusto spendere due righe  sulle frane che interessano questa zona.


Le frane nella zona delle Fontane Fredde 

Ortofotocarta con catalogo frane - fare click per allargare (elaborazione M. Varda su cartografia Portale Cartografico Nazionale) -
Come si evince dalla cartina,il bacino del rio della Frera ( tratteggiato in azzurro) è interessato da deformazioni gravitative profonde di versante ( DGPV) sia sul versante di Ambrella ( contrassegnato con il n° 1) che su quello di Barrera -Meinardi ( contrassegnato con il n°2 - il movimento franoso non interessa però il versante fino a Meinardi, attestandosi in corrispondenza del piccolo bacino che scende su Giroldi; sono inoltre riportate ( colore rosso-rosa ) le due frane per crollo\ ribaltamento, ben  evidenti a chi osservi il versante sinistro idrografico percorrendo il fondovalle.
Ma che cos'è una frana ? Si tratta di un movimento di strati di terreno, classificato in base alla profondità degli strati interessati ( profondi e\o superficiali) , al tipo di materiale movimentato, al tipo di movimento, al grado di pericolosità.  
Le frane per crollo e ribaltamento interessano essenzialmente gli strati superficiali e volumi di roccia più contenuti, mentre le DGPV interessano strati profondi e grandi volumi di roccia, con movimenti lenti. I movimenti franosi sono sostanzialmente provocati dalla forza di gravità, ma possono venire accelerati\innescati dalla presenza di acqua, dalle escursioni termiche etc etc. I recenti eventi alluvionali del 2000 sono stati emblematici da questo punto di vista , con l'intensa attività che ha interessato i piccoli bacini del versante sinistro idrografico di questa parte della valle Orco, con trasporti di materiale detritico che hanno inghiaiato la ex statale 460 nei pressi delle località Frera, Nora e Giroldi , interessandone anche gli abitati. Particolarmente violenta in quell'occasione fu l'attività del rio Arianas, lungo il quale una colata di detrito ha causato l'asporto di circa 70 m di strada.
Ortofotocarta + Catalogo Frane + Igm 1:25.000 ( Elaborazione M. Varda su cartografia Portale Cartografico Nazionale) 
Per quanto riguarda queste zone, l'abitato più a rischio è certamente la frazione Fè, a monte della quale è stato infatti costruito un vallo paramassi; il pericolo dovuto alle frane ha inoltre portato all'abbandono del vecchio tracciato stradale, che da località Frera inferiore conduceva a Fè e posizionato ai piedi del versante, con la realizzazione della variante della Frera e la sistemazione della viabilità provvisoria a Fè.
Contrassegnata con il n°3 è visibile inoltre la DGPV di Perebella, che interessa l'abitato di Rosone vecchio , evacuato definitivamente nel 1956 assieme a Bertodasco e Grumel a seguito dei movimenti franosi del 1953, innescati da abbondanti precipitazioni. 
Naturalmente frane superficiali  e DGPV sono spesso  interconnesse , poichè  i movimenti profondi determinano sui versanti interessati condizioni favorevoli allo svilupparsi di fenomeni di crollo e ribaltamento, colate di fango e detrito, che possono essere più o meno pericolosi a seconda dei volumi di roccia e detrito  mobilitati, della vicinanza a nuclei abitati etc etc.  L'entità dei movimenti profondi è di altrettanto difficile previsione , mentre ancor più complesso è valutare l'esito di tali movimenti  : per quanto riguarda la frana di Perebella i modelli di rischio sviluppati dall'Arpa Piemonte vanno dalla caduta di isolati blocchi di roccia, fino a lambire Rosone Vecchio,   ad eventi catastrofici che possono interessare aree distanti anche km, come il concentrico di Locana.
Nei confronti di questi fenomeni naturali l'uomo ritorna piccolo piccolo poichè essi, specialmente quando causati unicamente da fattori naturali, sono inevitabili.  Tutto ciò che possiamo fare è cercare di  prevenire i danni a persone o cose, mediante la conoscenza del territorio, valutando le condizioni climatiche e tramite il monitoraggio dei movimenti rocciosi .
Chi volesse avere maggiori informazioni sulla frana di Perebella può trovare qui un esaustivo studio dell'Arpa Piemonte.


 Ambrella   da Meinardi  

Le Carbonere
Lasciata l'auto a Grusiner, nei pressi dell'ex scuola  elementare, imbocco il sentiero Gta che conduce dapprima alla frazione ( si può partire anche di qui) ,passa sopra alla Frera ( si può partire anche di qui) su ampia mulattiera, per poi raggiungere le borgate Carbonere e Coste, sempre su ottimo sentiero.  A Fè incontro un signore che mi chiede dove io sia diretto: "Ambrella"- rispondo -  "ah, lì si che prende bene il sole" replica lui - " ma si riesce ad andare da Ambrella a Noaschetta" - cerco di indagare mettendo un pò le mani avanti io - "si, a dov essi quai trasen " ( si deve esserci qualche "trasen") . Trasen ? Ma che cos'è un trasen ? Il trasen  in dialetto noaschino   è un passaggio in quota, una cengia,  sovente obbligato,  che mette in comunicazione due località vicine  altrimenti raggiungibili soltanto attraverso saliscendi notevoli ( magari tornando a fondovalle o salendo fino in cresta!) , che per gli abitanti delle montagne di allora costituivano un inutile spreco di tempo e di energie ( mentre per qualche appassionato di corsa  in montagna dei giorni nostri potrebbero essere un interessante occasione di allenamento). La non raggiungibilità in quota tra queste località vicine è dovuta, ça va sans dire, alla morfologia rocciosa ed accidentata del versante, caratterizzato dalla presenza di profondi canaloni , precipizi e salti di roccia vari.

L'etimologia del toponimo "Carbonere" lascia ben pochi dubbi circa la sua origine: con ogni probabilità qui erano presenti delle carbonaie, ove si produceva  carbone a partire dalla legna di castagno; anche il nome "Coste" è quasi sicuramente riferito alla posizione geografica, essendo tale borgata ubicata lungo un pendio.Di particolare interesse è l'osservazione laterale della  borgata Coste, con i suoi rustici abbarbicati lungo il pendio ed addossati l'uno all'altro per sottrarre meno superficie possibile al pascolo.
Le Coste di lato

 Paulin dle Coste

In questa borgata ha vissuto,  fino all'età di 80 anni, Paolo Ferrando, "Paulin dle Coste" , allevatore nato ad Ambrella nel 1930. Successivamente era sceso al Bettolino, continuando a salire alle Coste durante la stagione estiva;  è morto nel gennaio 2015 all'età di 84 anni.
Aveva un centinaio di capre ed alcune vacche, che durante l'estate portava a pascolare al Vailet ed all'Ambrella;  molto rinomate erano le sue tome ed il suo brus. 
Alle Coste Paulin ha abitato per molti anni da solo, poichè non ha mai abbandonato nè il suo mestiere nè i suoi luoghi natali per una vita più comoda ed agiata a fondovalle od in pianura, una scelta  in netta controtendenza con quella compiuta dal 99%  di coloro che abitavano queste borgate di "mezza montagna" ( come ad esempio i miei nonni paterni ) , dediti ad un'agricoltura ed ad un allevamento di sussistenza.
Con Paulin se n'è andato uno degli ultimi "veri" montanari, ossia quelli che dalle loro "bestie", dai loro terreni, dai loro castagneti da frutto, dai loro orti e dai loro boschi traevano di che vivere  e che abitavano tutto l'anno più o meno nella stessa zona, perchè lì erano i terreni di famiglia...

Il Gta Coste  - Meinardi


I percorsi evidenziati in rosso: continuo per il Gta, tratteggiati gli altri
Il sentiero attraversa il rio
Dalla borgata Coste il sentiero Gta, dopo aver aggirato sulla sinistra l'abitato, comincia a salire ripido nel bosco di castagni, fin nei pressi di un grosso masso ove svolta decisamente a destra ( da questo punto, in cui è  presente un minuscolo "crutin", parte anche il sentiero per  Vailet ed Ambrella) e comincia a salire ripidamente tra i noccioli sulla dx idrografica dello stretto canale inciso dal rio della Frera, per poi attraversarlo quando il ramo più occidentale di quest'ultimo cambia direzione svoltando decisamente a sinistra. Sulla sponda opposta il sentiero risale lungo uno stretto canale semiboscoso ( insomma lungo un "trasen") fino a  raggiungere un bel bosco di larici , superato il quale giunge nella zona denominata "Pian Fragno", una zona di "piagne" , cioè terrazzamenti nei  quali si faceva il fieno.  Che si tratti di un vero e proprio "trasen" non ci sono dubbi, visto che non ci sono altre possibilità di collegamento più veloci e comode  "in quota" tra le Coste e le borgate poste dall'altra parte del rio della Frera: le uniche altre alternative sarebbero scendere a fondovalle o salire fin sopra l'Ambrella.

 e risale lungo uno stretto canale semiboscoso
Da più parti mi è stato riferito che molti escursionisti si sono lamentati di questo tratto del Gta, che in effetti è davvero parecchio ripido e presenta alcuni tratti rocciosi ed abbastanza esposti: non è un percorso ideale da fare in caso di pioggia e\o con presenza di neve e ghiaccio. Ciononostante un tempo questo sentiero veniva percorso tutto l'anno e con una certa frequenza, magari trasportando dei carichi,  segno che doveva esserci qui un vero e proprio sentiero con scalini, piccole opere murarie di sostegno etc. Con questo voglio dire che segnalare e ripulire i sentieri dalla vegetazione è opera meritoria, ma  andrebbe associata  anche a lavori di ripristino, altrimenti il risultato è quello di avere un sentiero sì nuovamente percorribile, ma a tratti pericoloso da affrontare e questa cosa ha poco senso.
Da Pian Fragno in breve in piano e  su ampio percorso, dopo aver ricevuto a sinistra il sentiero proveniente dall'alpe Giva , si raggiunge la borgata Meinardi con il santuario di S. Anna: è bellissimo e bisogna assolutamente fare una veloce digressione per vederlo ( e poi chi vi garantisce di riuscire a traversare dai Meinardi ad Ambrella ?).

Il traverso Meinardi-Ambrella 

I segni rossi, seguendo i resti del vecchio percorso...
Dal Santuario occorre ritornare a Pian Fragno ;  ricevuto  il Gta si imbocca il sentiero che sale all'alpe Giva e lo si segue nel primo tratto in falsopiano, quindi lo si abbandona, proseguendo sempre in falsopiano per tracce in direzione della testata della valle Orco. Giunti praticamente alla fine della zona terrazzata,   si rinviene una traccia di sentiero  che comincia ad abbassarsi in direzione del canalone del rio della Frera , quindi si incontrano dei segni rossi che,  seguendo più o meno i resti  del vecchio percorso, conducevano con ogni probabilità fino all'ingresso di una finestra di ispezione della galleria in roccia Ceresole -Perebella  ( una di quelle non più utilizzate e da tempo crollate).
I segni rossi ci portano sul ciglio del profondo e ripido canalone inciso dal rio della Frera , ove finiscono.  Da questo punto in poi diventa impossibile reperire con continuità una vera e propria traccia di sentiero, poichè il versante, molto roccioso ed acclive, si presenta sin da subito ampiamente rimaneggiato da piccoli crolli e ribaltamenti di rocce e detriti. 


...portano sul ciglio del canalone
Il valloncello che si presenta dinanzi ai nostri occhi può sostanzialmente essere diviso in tre parti: una prima parte ed una terza parte più rocciose, caratterizzate dalla presenza di numerosi salti di roccia di varia altezza e da boschetti di larice ( uno con piante numerate sui tronchi - probabilmente risultato di vecchi nuclei di rimboschimento)  , ed una parte centrale essenzialmente detritica con copertura vegetale erbacea-cespugliosa, ma sempre molto ripida.  

Poco più in alto di me, il vecchio sentiero
Dopo alcuni tentativi riesco ad individuare un passaggio per iniziare a superare il primo tratto, abbassandomi leggermente e poi attraversando in quota nel bosco di larici. Poco più in alto rispetto a me a tratti ricompare il vecchio sentiero, ricavato "artificialmente" tra un'asperità rocciosa e l'altra ed oggi quasi ovunque crollato, tanto che le singole sezioni rimaste possono senza dubbio dirsi impraticabili.  Con un ultimo traverso verso ovest , la cui individuazione mi costa qualche faticoso saliscendi "di prova", sbuco nella seconda parte del valloncello. 
Siccome in quota e sopra di me il terreno si presenta molto ripido e con saltini di roccia, decido di tagliare la testa al toro e di abbassarmi di qualche decina di metri per andare a raggiungere una striscia di larici presso un punto visibilmente più comodo, in corrispondenza di una piccola dorsale.
La ( breve) discesa ardita e poi la risalita: risalgo quindi  lungo i larici , deciso a portarmi alla quota di Ambrella ma ecco che, sopresa , un piccolo canalino roccioso non visibile in precedenza mi costringe ad un nuovo stop. Ma non tutto il male viene per nuocere, perchè dal punto più elevato riesco ora a vedere bene il percorso da fare fino alle baite e così, dopo essermi abbassato per attraversare un altro canale in direzione della mia meta, risalgo ora decisamente dall'altra parte fino a portarmi sopra alcuni salti di roccia . Questo tratto del percorso è davvero infame, perchè si svolge su terreno detritico ripidissimo e piuttosto instabile,  che costringe talvolta ad aiutarsi con gli arbusti presenti in loco.
Sopra di me sono ben evidenti le opere di sistemazione del versante ( con ogni probabilità quelle a cui aveva lavorato il mio nonno materno ) realizzate durante l'epoca fascista ; ancora più in alto un piccolo bosco isolato di larici, quasi sicuramente il risultato di un rimboschimento.Arrivo così almeno un 40 metri sopra Ambrella, ma ormai il gioco è fatto ed ora finalmente mi muovo più agevolmente su un terreno facile.
L'alpeggio di Ambrella è costituito da tre nuclei di costruzioni posti più o meno alla stessa quota, a qualche centinaio di metri  l'uno dall'altro. Anche qui le costruzioni sono letteralmente "ammucchiate" le une sulle altre per non sprecare preziosa superficie di pascolo.
Ambrella 3 , il primo nucleo che si incontra traversando da Meinardi;  sullo sfondo da dx: monte Deserta,monte Unghiasse, monte Bessun.

La splendida cartolina di Ambrella 2 . Sullo sfondo da sx: Cima di Courmaon, Cuccagna, Testa del Gran Etret,  Denti del Broglio, Becca di Monciair ( coperta dalle nuvole).
E' davvero molto interessante osservarne la tipologia costruttiva: si intuisce la presenza di singoli  nuclei abitativi "unifamigliari" composti da  stalla, cavanna, fienile, piccolo letamaio e crutin
Una comoda mulattiera, oggi in gran parte invasa dalle ginestre, collegava in quota i tre nuclei.  Il colpo d'occhio di "Ambrella 2" , con lo sfondo del gruppo del Gran Paradiso,  da solo vale il biglietto e ripaga della fatica supplementare causata da un traverso molto ostico; da Ambrella 1 si ha inoltre uno splendido punto di vista sul Ciarforon.
Ambrella 1 , la prima che si incontra salendo dal Vailet- vista verso il fondovalle. 

La difesa dal dissesto idrogeologico durante l'epoca fascista...ed oggi ? 

Ad essere onesti, diamo a Cesare quel che è di Cesare, la difesa dal dissesto idrogeologico  nasce durante il primo periodo del regime fascista,con l'introduzione del vincolo per scopi idrogeologici ed il vincolo per altri scopi  con il regio decreto n°3267 del 1923 ed è rimasta sostanzialmente intatta sino ai giorni nostri. Va detto che lo Stato fascista si ritrovò a fronteggiare una situazione estremamente grave, in special mondo nei territori montani : si era infatti da poco raggiunto il  
Opere di consolidamento del versante e rimboschimenti presso Ambrella
massimo livello di pressione antropica, legato alla cd. "economia del castagno".   Rustici ed alpeggi erano stati realizzati anche nelle zone più ripide e svantaggiate, realizzazione che comportava la "trasformazione di boschi in pascoli" e dei "terreni saldi" in terreni  "sottoposti a periodica lavorazione"; dal  1923 in poi (art. 8 ) tali trasformazioni, per i terreni soggetti a vincolo, saranno soggette ad autorizzazione forestale, così chiamata perchè rilasciata dall'amministrazione forestale, incarnata ai tempi dal  Corpo Forestale dello Stato  ed oggi dal settore foreste delle Regioni. Praticamente tutte le aree boscate vennero sottoposte a vincolo e per le aree a rischio vennero disposti rimboschimenti ed una più rigorosa regolamentazione del pascolo: un altro dei gravi problemi che minacciavano la rinnovazione dei boschi e la stabilità dei suoli era infatti l'eccessiva pressione di pascolo esercitata in molte zone. Il vincolo per altri scopi ( art. 17) prevedeva l'imposizione di limiti di utilizzazione per i boschi di protezione da frane, valanghe etc etc.  Nei rimboschimenti venivano impiegati anche i bambini delle scuole elementari locali ( e, stando ai racconti dello zio di mio padre, anche lui originario di Mesonette, lo trovavano divertentissimo).
Praticamente una situazione completamente opposta a quella che viviamo oggi , non foss'altro che l'abbandono dei territori montani con la relativa mancata manutenzione del territorio  rischia di condurci in futuro allo stesso modo di fronte ad una recrudescenza dei fenomeni del dissesto idrogeologico. Oggi sarebbe necessaria una grande opera nazionale di difesa dal dissesto idrogeologico: ripristino e \o manutenzione delle sistemazioni di versante, dei sistemi di scolo delle acque ( che consentivano ad un tempo l'irrigazione durante i periodi di secca ed una miglior distribuzione del deflusso delle acque durante gli eventi di piena) , dei paravalanghe e così via. Io credo che uno Stato "vero" ci metterebbe mano in maniera massiccia ( e non aggiungo altro).

L'intervento realizzato ad Ambrella

Escursionisti armati
Per descrivere in maniera esatta l'intervento realizzato ad Ambrella sarebbe necessario avere accesso alle vecchie documentazioni; da quel che ho avuto modo di vedere sul terreno e dai racconti di mio nonno posso ragionevolmente ipotizzare che quel canale detritico andasse incontro a fenomeni di smottamenti e ribaltamento di pietre, sia per la ripidezza che per la natura del versante,  ragione per cui vennero  realizzati una serie di muri di contenimento ed degli interventi di rimboschimento grosso modo lungo tutta la larghezza del valloncello inciso dal rio della Frera.  
Sicuramente vi era anche una discreta pressione di pascolo, che poteva aumentare il rischio di dissesto: mio nonno mi raccontava che il luogo era letteralmente infestato da pulci e zecche, tanto che quando arrivava a casa  se ne ritrovava i pantaloni pieni  e doveva appenderli fuori . Come se non bastasse si trattava di un lavoro faticosissimo: le pietre erano ricavate in loco con punta e scalpello, quindi venivano spostate e posizionate con l'ausilio di  "leve " e "levarin" ( aste di ferro di varia misura utilizzate appunto per smuovere il materiale lapideo)
I muri di contenimento sono ancora lì ed in buone condizioni oggi, ragion per cui possiamo dire che progettista e realizzatori dell'intervento avevano svolto più che bene il loro lavoro.

La discesa a Coste

Prendo una decisione drastica: mi trasformo in cinghiale!
Dall'Ambrella, alla fine della giornata lavorativa, mio nonno ed i suoi compagni scendevano "giù di corsa" direttamente verso il fondovalle, senza perdere tempo a fare il sentiero. Il  mio programma di giornata viceversa prevede, dopo la "pausa pranzo" all'Ambrella, la discesa alle Coste per il sentiero , sia perchè il versante lungo cui scendevano " di corsa"  mio nonno ed i suoi colleghi è ormai diventato in larga parte  un inestricabile noccioleto, sia perchè poco più in basso c'è l'alpe Vailet da visitare, con la sua "cavanna" aggiustata ( che per un periodo di tempo è stata utilizzata dai guardaparco del Gran Paradiso).  Così da Ambrella 1 comincio la discesa verso il Vailet, che da qui non si vede ma si trova appena 100 m di dislivello più in basso, ma sbaglio strada, non trovo il sentiero, ritrovandomi in breve a camminare carponi sotto i noccioli, seguendo due muretti a secco paralleli che sembrano delimitare un percorso ma niente. Altro che dissesto idrogeologico : la frana sono io!!!
Quando capisco di essere ormai sceso troppo ( e non avendo alcuna voglia di fare dietrofront in quelle condizioni di percorso), prendo una decisione drastica: mi trasformo in cinghiale ed inizio a scendere in direzione del rio della Frera, per andare ad incrociare il Gta il prima possibile. Al Vailet non ci sono arrivato, mancando completamente il sentiero che scende alle Coste: pazienza , vorrà dire che mi toccherà tornare.


 Ambrella   dalle Coste ( un anno dopo )


L'alpe Vailet ed il sentiero da Coste

Ci sarebbe un panorama meraviglioso se...
E' finalmente giunta l'ora della rivincita: armato di roncola e forbici potatrici ( come suggerito da Franco Chiapetto )  da Grusiner raggiungo le Coste ( vedi sopra) e quando il sentiero GTA svolta decisamente a destra, in corrispondenza di un grosso masso ( prezioso riferimento suggerito sempre dal  grande Franco ), imbocco verso sinistra un'esile traccia. Quell'esile traccia è il sentiero per il Vailet ( o meglio ciò che ne resta) , largo appena quanto una pista di cinghiali e facilmente confondibile con una di queste, salvo che vi si riesce a camminare in posizione eretta e sono presenti numerosi segni dell'azione della roncola sulla vegetazione circostante.  
Dopo un tratto di dolce salita a mezzacosta,  più o meno in corrispondenza di un minuscolo ruscello ( abbeveratoio per i cinghiali ), il percorso si fa più ripido ed incerto ( forbici potatrici in azione) , anzi: scompare od almeno io lo perdo.  Non vedo più segni di roncola , la vegetazione si fa più invadente : "se è così fino su andiamo bene, ma molto più probabilmente si tratta soltanto di un punto più sporco", penso tra me e me. Mi affido così all'intuito ed al ragionamento: in linea d'aria non dovrei essere molto distante dal Vailet ed   il sentiero deve salire per forza in questo punto.  Così continuo a salire quasi verticalmente tra i noccioli per alcuni metri, superati i quali ho fortuna: ricompaiono i segni dell'azione della roncola, ricompare il sentiero. Tra l'altro se non ci fossero tutti questi arbusti dovrebbe esserci un panorama meraviglioso! 
Vi assicuro che il sentiero c'è, si vede
Ora il sentiero "ritrovato" sale ripidamente con stretti tornanti ed  è abbastanza evidente a livello del terreno, ma la crescita degli arbusti di nocciolo non perdona  e spesso ostruisce il passaggio ( roncola in azione).  Non passa molto tempo che madre natura, probabilmente mossa a compassione dalla mia solitudine, decide di movimentare la situazione con folti e verdeggianti cespugli di ginestre a mò di giungla  e, soprattutto,  di tirarmi su il morale  con il gioco del "gratacul a sopresa":  si tratta di  rose canine ad altezza uomo ,  piazzate a caso lungo il sentiero e ben camuffate tra i rami di nocciolo . Sono momenti bellissimi: graffiarsi con una spina di rosa canina con estrema naturalezza, scambiandola per un nocciolo nel folto della giungla è davvero emozionante, dovreste provare anche voi! Vi assicuro che comunque il sentiero c'è, si vede. La situazione ora è tale che io, riposto definitivamente il bastoncino da trekking che mi ero portato, salgo tenendo in una mano la roncola e nell'altra le forbici potatrici. Marco mani di roncola.
Sono comunque soddisfatto perchè pensavo peggio: sto salendo abbastanza bene, sono quasi arrivato  e... come non detto! Questa volta però  non perdo il sentiero:  è il sentiero ad essere occluso da un muro di vegetazione tra la quale, a dar manforte a gratacui, noccioli e ginestre compaiono anche i prunus spinosa o prugnoli. Qui c'è troppo da pulire, bisognerebbe venire su apposta per farlo: e così, arrangiandomi tra rocce ed ulinnes, riesco a superare in alto a destra questo tratto, giungendo in vista del Vailet.
Mica male la vista dal Vailet ( c'è anche il Ciarforon! )
Anche di qui il panorama non è niente male e paga il biglietto! A monte del Vailet una traccia di sentiero sale, più o meno in direzione della "cavanna" aggiustata, fino a rimontare  una piccola elevazione, raggiunta la quale svoltando a destra ed in leggera salita si raggiunge il primo nucleo di Ambrella, quindi gli altri due gruppi di baite. Dai pressi del terzo gruppo di baite lancio uno sguardo al valloncello del rio della Frera che avevo attraversato l'anno precedente: mai più!
Uno sguardo al valloncello del rio della Frera
Tornerò a ficcare il naso da quelle parti soltanto il giorno in cui avrò messo insieme tutti pezzi del puzzle della traversata Meinardi - Noaschetta bassa , cioè il giorno che andrò per farla!
Consumato il meritato panino, posso finalmente studiare il modo in cui concludere bene la giornata: siccome il tempo è  bellissimo e le temperature sono ottime , una capatina al santuario di S. Anna ci sta, passando dal Gta ovviamente! Sulla carta Mu della valle Orco in realtà  è  segnato anche un sentiero che da "Ambrella 3" scende direttamente a ricongiungersi con il gta nei pressi dell'attraversamento del rio delle Coste , ma immaginando la "qualità" del percorso scarto immediatamente l'idea: ritornare alle Coste senza smarrire il sentiero è già una sfida abbastanza importante. 
Gli splendidi colori dei larici in autunno

Un salto a  S. Anna dei Meinardi.

I Meinardi 
Tornato al Vailet senza particolari problemi, riprendo il sentiero percorso al mattino ( lo perderò in discesa nello stesso punto in cui l'avevo smarrito in salita per poi ritrovarlo, fortunatamente, quasi subito) e arrivo sul Gta, che percorro fino a S. Anna dei Meinardi, accompagnato dagli splendidi colori dei larici in autunno. Dopo una breve pausa e le immancabili foto di rito al santuario, scendo direttamente a Mesonette per Piada e  la cappella di Giet, fino a raggiungere la strada asfaltata ai Nora
Il Santuario di S. Anna
Ora non mi resta che tornare a Grusiner lungo la carrozzabile, passando per Martini, Fey, Giroldi, Bouru, Riva, Bettolino, Fè, lasciando sull'altra sponda dell'Orco Pe dal Ger, Ciampendula, Lilla, Prà Lilla e Prà: una bella carrellata di tutte le borgate del fondovalle! 

Conclusione

Nella stagione giusta ( autunno inoltrato\inverno) l'Ambrella è un posto che vale veramente la pena di visitare, specialmente dopo che la prima neve ha spolverato le cime del gruppo del Gran Paradiso, mentre durante la bella stagione, tra il  caldo e la vegetazione non credo sia il massimo andarci. Ad ogni modo ora sapete come fare, per cui non vi resta che provarci! Alla peggio vi trasformerete in dei cinghiali! Arrivederci ed a presto con le Storie!

martedì 8 novembre 2016

Escursioni non per tutti 6 - Monte Canaussa da Ronco Canavese per Tiglietto, Cima Tavorna, Punta delle Gheule e ritorno per i laghi di Canaussa

Premessa

L'anno scorso, durante una bellissima giornata di fine ottobre,  ero salito da Ronco a Tiglietto per la mulattiera, e di qui avevo proseguito in cresta fino a Cima Tavorna ed alla Punta delle Gheule. Naturalmente l'idea di continuare lungo l'invitante cresta fino al monte Canaussa mi aveva immediatamente sfiorato ma, complice la presenza di neve ed il fatto di essere in solitaria, avevo poi deciso di fare un anello, ritornando a cima Tavorna e  scendendo prima a Pianronc ,poi a Cernisio e quindi raggiungendo Ronco lungo la mulattiera posta sulla sx idrografica del torrente Soana. Quale premio di consolazione per la rinuncia, avevo potuto ammirare i meravigliosi colori  dei boschi in autunno, in particolare quelli di faggio , scattando anche numerose e bellissime fotografie grazie alla perfetta luce delle ore più calde .
Cartina del percorso ( clicca per ingrandire) - elaborazione su Igm 1:25.000 - Portale Cartografico Nazionale
Così qualche giorno fa,  quando  mi ha telefonato l'amico Giuseppe Guglielmetti per chiedermi dove avessi scattato le foto che aveva visto sulla pagina fb Orco Trekking e se riuscivamo a combinare un giro da quelle parti , ci siamo messi subito d'accordo su giorno ed ora, tempo permettendo, per la settimana seguente. Il  programma "minimo" era quello di replicare il giro dell'anno scorso, magari questa volta scendendo dal  vallone di Servino lungo la dorsale che porta al Tor anzichè a Pianronc, per fare delle foto; il programma "massimo" quello di percorrere tutta la cresta fino al monte Canaussa nel caso ci fossero le condizioni giuste. Dal punto di vista della difficoltà questo itinerario va classificato come EE;  il primo tratto da Ronco a Tiglietto può  invece essere classificato come "E" , svolgendosi interamente su ottimo percorso, ed è alla portata di tutti. Da Tiglietto in poi le difficoltà aumentano progressivamente ( EE) , con il sentiero che diventa via via una labile traccia fino a scomparire quasi del tutto dopo la punta delle Gheule; il tratto di cresta per arrivare all'Uja di Tiglietto è molto ripido e richiede particolare attenzione e, se si segue fedelmente il filo di cresta , richiede qualche elementare passo di arrampicata. La discesa lungo il vallone di Canaussa richiede un pò d'attenzione per non smarrire il sentiero, specialmente nella parte iniziale fuori dal bosco.

L'itinerario

Lasciata l'auto in piazza Mistral a Ronco Canavese alle 8,30 del mattino, attraversiamo il ponte in legno sul torrente Soana ed imbocchiamo verso destra l'ampia mulattiera proveniente da Cernisio.
La mulattiera sale nella grande faggeta
Dopo un primo breve tratto nel quale si costeggia il torrente, la mulattiera comincia a salire dolcemente a mezza costa,  sotto la copertura di un'ombrosa pecceta; poi,  assecondando le forme della montagna,  svolta a sinistra, sbucando all'interno della grande faggeta che in questo punto copre senza soluzioni di continuità tutto il versante sx idrografico della valle fino alla frazione Tiglietto ed a Cima Tavorna.  Lungo il percorso si incontrano alcune cappelle votive, che purtroppo non si presentano in buono stato di conservazione. Anche sotto la debole luce del mattino, le sfumature dei colori delle foglie di faggio sono davvero fantastiche. Dopo aver ignorato sulla sinistra la scalinata in pietra con cui ha inizio la Vi dle Guardie , un sentiero un tempo utilizzato dalle guardie forestali per spostarsi più velocemente in quota, si raggiunge con un ultimo tratto in salita la borgata Tiglietto 1275, sbucando fuori dal bosco  nei pressi della chiesa dedicata alla Madonna del Colmetto. Senza raggiungere l'abitato, un sentiero, segnato con tacche rosse un pò sbiadite,  comincia a salire a sinistra della chiesa, re - inoltrandosi immediatamente nel bosco di faggi , seguendo più o meno esattamente la dorsale spartiacque Soana-Canaussa.  Il sentiero prosegue nel bosco fino ad uscirne nei pressi di un traliccio dell'elettrodotto Super-Fènis , posto appena al di sotto della sommità di Cima Tavorna e sopra i pascoli dell'omonimo alpeggio, aprendo alla nostra vista un bellissimo panorama sulle cime circostanti.
Il traliccio posto nei pressi di Cima Tavorna
In particolare è davvero spettacolare osservare alla nostra destra il "mare" di nubi basse che copre la pianura torinese e canavesana, arrivando a lambire l'Arbella e quindi Pont Canavese. Peccato che il traliccio, certamente una grande realizzazione umana dal punto di vista tecnico e del progresso, rovini sotto diverse angolazioni il panorama ( praticamente un pugno in un occhio, diciamocelo).
Da Cima Tavorna la traccia di sentiero, ora più incerta, prosegue più o meno  lungo la cresta ( alcuni affioramenti rocciosi si evitano sul versante Soana ) fin a nei pressi di Punta delle Gheule, giunti al di sotto della quale ci si sposta in versante Soana per aggirare un ultimo tratto più accidentato. Con un' ultima salita su ripido pendio erboso si riguadagna la cresta, da cui in breve  si tocca la croce di vetta, posta sul piccolo torrione che ne costituisce il punto sommitale.  Da questo punto  è finalmente visibile tutta la cresta  e dobbiamo decidere il da farsi: scendere sul vallone di Servino, realizzando un anello e facendo delle bellissime foto alle faggete oppure allungare l'escursione proseguendo fino al Monte Canaussa.  La dorsale appare quasi completamente sgombra da neve , eccezion fatta per l'ultimo tratto, che oltre ad essere un pò imbiancato è  anche decisamente più ripido e roccioso. Dando uno sguardo con il binocolo appare evidente come l'ultimo tratto possa comunque essere evitato sulla destra per un ripido pendio erboso, nel caso si presentasse davvero  ostico, ragion per cui decidiamo di allungare l'escursione.
Panorama da punta delle Gheule

Una traccia di camosci\cacciatori riprende ora fedelmente il filo di cresta , sempre evitando le asperità sul versante Soana\Servino , fino a raggiungere la quota 2259, ove è posto un piccolo ometto in pietra ed è presente quella che ha tutto l'aspetto d'essere una vecchia postazione di caccia. Il panorama da qui in poi si fa ancora più grandioso e si arricchisce con la presenza della "Gran Becca", cioè il Cervino! Pensando alla via del ritorno incominciamo a fare varie ipotesi: scendere su Servino dalla Bora Freida ( ci ero passato un paio di anni prima di ritorno dal Monte del Prà )  , scendere dal vallone di Canaussa...
A quota 2259: 
i resti di una postazione di caccia...
Spunta il Cervino...
Dalla quota 2259 si prosegue, sempre lungo la cresta, fino alla quota 2400 m, posta alla base della prima elevazione del monte Canaussa, che scoprirò poi il giorno seguente da Franco e Blin  che localmente viene chiamata Uja di Tiglietto ( at Tiei), 2423 m. Eh si perché per uno strano caso del destino abbiamo effettuato lo stesso itinerario in giorni diversi ( il venerdì ed il sabato) , quasi come se anche quando non andiamo assieme avessimo sviluppato una sorta di telepatia nel decidere le mete delle nostre escursioni.
Dall'Uja at Tiei uno sguardo alla cresta di salita ( ben visibili la q.2259, Punta delle Gheule e Cima Tavorna

Il grande ometto di quota 2444, più avanti la vetta del Monte Canaussa

"Selfie con triangolino" per Giuseppe in cima al Monte Canaussa
Dalla quota 2400 alla cima dell'Uja at Tiei si affronta la parte più ripida e difficile del percorso, per compiere il quale ci sono due alternative: lungo il filo di cresta per rocce rotte ( necessario ogni tanto aiutarsi con le mani per compiere qualche facile passo d'arrampicata) , oppure aggirandolo sulla destra per un ripido canale erboso; noi abbiamo scelto la prima alternativa in quanto ritenuta più sicura. Dall'Uja at Tiei poi, per larga e comoda cresta sia raggiunge prima la quota 2444, dove è presente un grande ometto di pietre, quindi in breve la sommità del Monte Canaussa 2492 m.
Panorama sul primo, secondo e terzo lago di Canaussa. Sullo sfondo la Quinzeina.

Dalla sommità del monte Canaussa si ritorna per qualche metro sui propri passi, quindi per ripidi pendii erbosi si scende fino a toccare il terzo lago di Canaussa, quota 2216 m ,  dal quale, lungo il sentiero che scende lungo il vallone , poco evidente ma segnalato qua e là da tacche rosse ed ometti, si toccano i primi due laghi e l'alpe Canaussa ( 2117 m ) .  La parte alta del vallone di Canaussa è davvero  selvaggia e magnifica in questa splendida giornata di fine ottobre!
Comunicazione di servizio: appena al di sotto dei primi due laghi abbiamo trovato un sacco a pelo, che abbiamo lasciato in un punto preciso e riparato, poco distante dal luogo di ritrovamento ( se il proprietario\a ci stesse leggendo mi scriva per maggiori informazioni).
Per quanto riguarda il sentiero che risale il vallone di Canaussa , va detto che si tratta di un percorso tradizionalmente difficile da mantenere in ordine: secondo alcuni racconti a me pervenuti già negli anni 60-70 la parte bassa del percorso, fino all'alpe Canaveia , era considerata impraticabile per via della folta vegetazione che vi era cresciuta. Il sentiero è poi stato ripristinato negli anni 90'  ed in seguito sottoposto a periodiche opere di pulizia, ragion per cui oggi risulta praticabile, anche se occorre fare molta attenzione a non smarrire l'esile traccia.
Alpe Canaveia
La discesa continua ora fino all'alpe Canaveia 1874 m , poi più ripidamente, sempre sulla sx idrografica del vallone , fino ai ruderi dell'alpe Revedone 1498 m , dove si attraversa il rio Canaussa e si prosegue a perdere quota toccando altri magnifici boschi di faggio ( fare attenzione a non smarrire la giusta traccia : ad un certo punto infatti si incrocia un traccia  che scende alla frazione Crotto , che occorre ignorare per proseguire in leggera discesa ed a mezzacosta per Tiglietto).
Raggiunte e superate le case di Tiglietto, si imbocca nei pressi della chiesa la mulattiera che scende a Ronco e la si percorre lungo l'itinerario di salita fino a piazza Mistral. Noi ci arriviamo intorno alle 18,30 ( 18,38 per la precisione) , quando comincia a diventare buio e le luci dell'illuminazione pubblica sono già accese: che rabbia pensare che un paese bello come Ronco Canavese d'inverno sia abitato da così poche persone finito il periodo di villeggiatura estivo!
La petite ville Lumière
Ed in futuro chi lo sa ? La scomparsa delle comunità alpine non è un destino ineluttabile: presidio e difesa del territorio dal dissesto idrogeologico, valorizzazione delle attività tradizionali ( selvicoltura, agricoltura, allevamento), telelavoro ( così come l'insegnamento a distanza) , turismo, miglior qualità della vita sono concrete opportunità sulle quali occorre continuare ad investire con convinzione. La Storia, quella con la "S" maiuscola, non finisce con l'attuale ordinamento socio-economico. Arrivederci ed a presto con le Storie!