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domenica 31 dicembre 2017

Valli Orco e Soana 2017

martedì 19 dicembre 2017

Ciaspolate alternative 3 - Alpi Colla e Cialma da Piandemma

Premessa

I rustici dell'alpe Colla. Sullo sfondo da sx: cima Mares, monte Soglio, monte Cimeron, monte Angiolino
L'alpe Colla si trova  su una panoramica sella che mette in comunicazione il vallone del Crot con il vallone di Blina, a 1890 m di quota; il toponimo "Colla" si riferisce appunto ad un posizione di valico, in prossimità od in corrispondenza di un colle. 
Oltre che per la magnifica vista, il suddetto alpeggio si contraddistingue per gli edifici che la compongono, di pregevole fattura ed ancora relativamente in buono stato di conservazione e per la presenza di una vasca  per l'abbeverata degli animali di notevoli dimensioni .
In rosso il percorso - cartina Igm 1:25.000 -fonte: Portale Cartografico Nazionale

Tutte le strade portano alla Colla ( e qualcuna anche alla Cialma) !  

Alpeggio quota 1188 in versione primaverile ( foto d'archivio) 
Durante la bella stagione l'alpe Colla viene raggiunta dalla frazione Piandemma di Locana passando per la Croce Faggio ( Crus dal Fo) e l'alpe Casette, oppure dalla frazione Gavie passando per Molera e l'alpe Uja ; quest'ultimo itinerario coincide con quello sci-alpinistico per la Rossa.
Tuttavia in primavera, quando l'itinerario sci-alpinistico per la Rossa non è più in condizione ma comunque l'innevamento rimane tale da rendere pericoloso il percorso, la soluzione migliore è quella di raggiungerlo dal versante del vallone del Crot, la cui esposizione ad est consente un più rapido scioglimento delle nevi. 
Tale percorso, ancora riportato sulla cartina Igm 1:25.000, è da tempo caduto in disuso, ragion per cui non si rinviene più  un vero e proprio sentiero, quanto piuttosto delle esili tracce di cacciatori, "segnalate" dall'azione della roncola sulla vegetazione arbustiva. 

Un regalo per Pasquetta

Pilone votivo lungo il sentiero per il colle di Perascritta
Desideroso di andare ad ammirare lo splendido panorama e di togliermi la voglia di raggiungere la vicina  alpe Cialma ( no, non quella degli impianti di risalita! ) ,  quest'anno a Pasquetta mi ero regalato una mattinata "outdoor", prima di raggiungere gli amici per festeggiare la ricorrenza con il consueto momento conviviale, realizzando un bell'anello.  Avevo altresì  notato che l'itinerario era ciaspolabile e quindi è stata musica per le mie orecchie quando, l'altro giorno, l'amico Guido mi ha proposto:" andiamo a ciaspolare una volta ?" "Certo!" "Dove consigli?" "Mmm, io direi all'inverso di Locana: dammi il tempo di consultare le previsioni meteo ed il bollettino valanghe...".
E siccome il bollettino valanghe era positivo per la zona ed il tempo bello ma con possibilità di vento forte, quale migliore scelta che mettersi al riparo in un vallone laterale come quello del Crot?

Non siamo mica in Trentino ( da Piandemma all'alpe Carel )

Parcheggiata l'auto nel piccolo slargo presente alla fine della frazione, in corrispondenza della partenza della pista per la "Crus del Fo", raggiungiamo la chiesetta di Piandemma, nel cui sagrato indossiamo ciaspole e ghette e partiamo, in direzione del vallone del Crot, seguendo i segnavia per il colle di Perascritta. Dobbiamo però precisare che tali segnavia sono perlopiù stinti e difficili da individuare, ragion per cui è essenziale la conoscenza del territorio per riuscire ad individuare il percorso sotto la candida coltre nevosa ,dato che già nella bella stagione molti si perdono: non siamo mica in Trentino,  ok ? 

Alpe Carel in versione invernale
Superato un primo gruppo di alpeggi q. 1188 , non nominato sulla carta, si continua a salire in un rado bosco di betulle ed altre latifoglie ( e, per favore, non dimenticate di donare almeno un pensiero alla memoria di Perucca Antonio )  fino a sbucare nei pressi dell'alpe Carel, 1290 m, immediatamente oltre la quale si attraversa il rio del Crot su di una passerella in legno.  Le condizioni della neve sin qui sono buone, anche se, trattandosi di neve poco trasformata, battere il percorso è abbastanza faticoso ( e meno male che ci sono soltanto 40 cm di neve circa !)

Dall'alpe Carel all'alpe Colla

Attraversato il rio del Crot, si continua a salire lungo il vallone di Leitosa fino quando il percorso di biforca e si svolta a destra per risalire il vallone del Crot, sempre lungo il sentiero per il colle Perascritta:  comincia qui la parte più impegnativa e faticosa del percorso. 
Risalendo il vallone del Crot


Con ripide svolte, sotto una rada copertura boschiva, si sale fino ad "uscire" dal bosco in vista di un alpeggio,  non nominato sulla carta e posto ad una quota di circa 1600; senza raggiungerlo ci si dirige   verso un altro alpeggio ( anch'esso non nominato sulla carta), q. 1675 m ca con parte del tetto in lamiera) ; in alto a destra è ora visibile la nostra meta, così come l'alpe Cialma, posta su una tondeggiante sommità erbosa.  La neve in questo tratto è praticamente "vergine", per carenza di sole e temperatura, oltre che accumulata dal vento, e le ciaspole affondano fin quasi a scoprire il manto erboso sottostante.
L'alpe Cialma, posta su una tondeggiante sommità  erbosa; notare l'influenza dell'esposizione e della posizione geografica sulle condizioni del manto nevoso -  da sx verso dx, esposizione da sud est a sud.
Senza toccare l'alpeggio q 1675  di cui sopra, si comincia a salire, dapprima in diagonale e poi più direttamente, in direzione dell'alpe Colla , fino a raggiungere il valloncello adducente il valico ove è posta la malga.  La migliore esposizione di questo tratto fa sì che vi sia poca neve rispetto a quello precedente, anche se gli ostacoli naturali ( vegetazione, massi) e la maggior pendenza del percorso fanno sì che non sia così semplice "inventarsi" una buona traccia nella neve, ora traversando, ora compiendo un tornante, ora salendo più direttamente. 
L'alpeggio quota 1675 in versione primaverile ( a sx la Punta dell'Aggia) - foto d'archivio
Tali ostacoli naturali ci sconsigliano inoltre di intraprendere quella che sarebbe  la scelta più logica per raggiungere la Colla in presenza di scarso innevamento ( visto che richiederebbe l'attraversamento dello stretto valloncello adducente la nostra meta)  , e cioè quella di traversare più o meno in quota dall'alpeggio q 1675  fino a toccare l'alpe Cialma , seguendo grosso modo il tracciato del sentiero riportato sulla Igm 1:25.000 ed oggi praticamente scomparso. 
Una zona con meno neve...
Man mano che saliamo la copertura nevosa comincia a diventare di nuovo consistente, e arrivati al valloncello adducente l'alpe Colla, cominciamo a percorrerne la dorsalina posta sulla sua dx idrografica, e qui il gioco si fa duro, perchè la neve in questo punto è stata accumulata e rimaneggiata dal vento verso il basso, cioè verso est, cioè verso di noi

...ma con qualche ostacolo naturale
Salendo sulla dorsalina dx idrografica del valloncello adducente l'alpeggio



Con l'ausilio di una racchetta saggio la consistenza del manto nevoso: al di sotto della sottilissima crosta  dovuta all'azione del vento, nonostante l'accumulo,  si presenta assolutamente omogeneo e non trasformato ;  la sua altezza non va  comunque oltre i 40-50 cm ( c'è di peggio , anche se la pendenza sovente ci fa sprofondare fino al ginocchio). 
Battere la pista nel manto nevoso "immacolato" è sempre emozionante, ma in questo tratto è davvero sfiancante: per fortuna si tratta di appena 100 m di dislivello o poco più, superati i quali si arriva nella parte terminale della dorsalina, cioè quella "ripulita" dal vento, e di qui in breve all'alpe Colla.

In cima

Non per fare gli splendidi, ma per coprire i 785 m di dislivello che separano Piandemma dalla Colla abbiamo impiegato quasi 5 ore , con l'invidiabile media oraria di 157 m .  A me sembra di averne fatti almeno 1500, ed a buon passo per giunta, però ne è valsa la pena, perchè questo è senza dubbio uno dei migliori punti panoramici di tutta la valle Orco! Guardando poi verso punta Cia non si può fare a meno di sorridere pensando al consueto sovraffollamento di quel pur bellissimo itinerario e bearsi della perfetta solitudine nella quale siamo immersi...
La Colla, finalmente
Non abbiamo però  molto tempo per goderci il panorama,  mentre gustiamo il meritato pranzo al sacco,  che già dobbiamo pensare al ritorno. Il primo pensiero sarebbe quello di tornare per l'itinerario di salita, ma visto che sulla sx idrografica del valloncello della Colla c'è meno neve e si può agevolmente raggiungere l'alpe Cialma ,  optiamo per la seconda ipotesi ( praticamente lo stesso giro ad anello che avevo fatto a Pasquetta: i regali vanno sempre tenuti da conto). 
Panorama verso punta Cia  ed il gruppo del Gran Paradiso ( c'è un pò di tormenta in quota)

Panorama 180° dalla Rocca Maunero a punta Quinzeina

Sbirciando il vallone di Piantonetto

All'alpe Cialma ed oltre...

Quando arriviamo all'alpe Cialma il sole si è già ritirato

La scelta si rivela azzeccata: tolti un paio di punti nei quali la combinazione tra ripidezza, accidentalità del terreno e discontinuità del manto nevoso ci costringe a qualche acrobazia supplementare con le ciaspole , la nostra progressione è veloce ed in breve raggiungiamo l'alpe Cialma di Piandemma 1651 m. Non sarebbe stato per niente male fare questo pezzo con gli sci. Giusto il tempo di dare uno sguardo al panorama ( anche qui la vista è di tutto rispetto) , ed ecco che cominciamo la discesa lungo i pascoli ricoperti di neve. Il sole è andato via per primo, ma noi siamo secondi...
Scendendo verso gli alpeggi quota 1365
Qui le condizioni del manto nevoso sono a dir poco spettacolari: almeno mezzo metro di farina che rende la nostra discesa veloce, confortevole e divertente e così, in men che non si dica, eccoci al gruppo di alpeggi q. 1365 ( senza nome sulla carta) , posti giusto a monte degli alpeggi q. 1188 , dai quali in breve lungo il percorso fatto al mattino facciamo ritorno a Piandemma. 
Non per fare gli splendidi, ma a scendere abbiamo impiegato meno di 2 ore, meno della metà del tempo impiegato a salire! 

Conclusione

L'alpe Colla meritava davvero una visita in abito invernale e, visto che le condizioni lo permettevano, è stata cosa buona e giusta approfittarne per raggiungerla secondo l'itinerario che avevo in mente.  Una ciaspolata in pieno inverso poi ogni tanto si può fare ed è anche un buon allenamento  ( anche troppo - a me sembra di aver fatto 2000 m di dislivello) , ma credo che la prossima volta opterò per l'itinerario sci alpinistico classico . 
Ed allora che cosa possiamo dire? E' stata una bella ciaspolata, ma da ripetere con sale in zucca! 
Arrivederci ed a presto con le Storie!

domenica 19 novembre 2017

La scorciatoia per il lago d'Eugio - Escursioni non per tutti 13

Tutte le strade portano all'Eugio...

Tutte le strade portano al lago d'Eugio, lo abbiamo già detto, e  tempo fa le abbiamo anche elencate . Chi scrive  le ha percorse tutte tranne una, e cioè la "scorciatoia". Per chi al lago d'Eugio c'è già stato o vuole andarci, in ragione del consistente sviluppo chilometrico e del dislivello che caratterizza tale escursione, da qualunque parte la si prenda,  parlare di "scorciatoia" potrebbe apparire quantomeno singolare; cionondimeno essa esiste.
Me ne parlava già mio nonno materno, che quando lavorava al piano inclinato dell'Aem ( oggi IREN  ) Rosone - Testa d'Aj - Pozzo,  a volte saliva o scendeva a piedi, poichè amava camminare in montagna: "la strada più veloce per andare al lago d'Eugio è salire "dritto" dal ponte di Ugiet e poi si va in là".
Cartina 3D del giro ad anello ( Elaborazione M. Varda su Igm 1:25.000, fonte: Portale Cartografico Nazionale) 

Le "scurse"

Erano quindi molti anni - nel mio caso diciamo pure una vita - che volevo andare all'Eugio per la strada "più breve". "Ed allora che cosa aspettavi a farlo", voi vi chiederete.  Il fatto è che  queste "scurse" ( scorciatoie in dialetto locale) , cioè sentieri facenti parte della viabilità secondaria che collegava  questo o quell'alpeggio o raggiungeva qualche isolata costruzione minore , utilizzate prevalentemente dalle popolazioni locali per andare a "fare fieno",  per condurre gli ovicaprini al pascolo nelle zone più rocciose ed impervie o semplicemente per spostarsi più velocemente da un luogo ad un altro,  sono state le prime ad essere abbandonate con l'interruzione delle attività agricole e zootecniche tradizionali ;  se a questa caratteristica aggiungiamo il fatto che non si trattava di percorsi comodi e sistemati  come quelli della viabilità principale (  mulattiere e sentieri ) e sovente localizzati in zone molto ripide e dalla morfologia complessa,   possiamo facilmente capire come esse siano diventate oggi di difficile ed insicuro reperimento .
Si tratta, in altre parole, di itinerari per i quali buona conoscenza del territorio e corretto utilizzo di cartina ed altimetro, ancorché essenziali, non garantiscono il successo, potrebbero non bastare, costringendo ad una mesta ritirata gli incauti "esploratori" di turno. 
La "scursa"  su ortofotocarta  ( Elaborazione M. Varda su ortofotocarta 2006 - fonte: portale cartografico nazionale)

Nel nostro caso, oltre alla difficile morfologia del terreno , si aggiunge un ulteriore fattore di difficoltà e cioè la bassa quota ( dai 1150 m della passerella di Ugiet ai 1677 m dell'alpe Fioria ) , con il conseguente più rapido sviluppo della vegetazione arbustiva ed arborea su superfici inutilizzate dagli anni 60 del secolo scorso. La vera "scorciatoia"è infatti quella, poichè storicamente, come anche riportato dalla guida del Cai\Tci, il sentiero principale per il lago d'Eugio passava dall'alpe Fioria e non dai Pis come oggi ( cioè anzichè scendere ad attraversare l'omonimo rio a circa 1432 m di quota, dalla spalla q. 1450 m circa si saliva alla Fioria).
Le pendenze sono messe bene in evidenza dalla carta 3D ( e stiamo parlando di pendenze oltre i 60°...), ma uno sguardo più approfondito sulla "scursa" indicata su ortofotocarta rende ancora meglio l'idea.

E allora, un pezzo alla volta...

Si può essere molto bravi e molto fortunati, ma per non correre il rischio di bruciarsi meglio andare per gradi e mettere assieme i "pezzi", per quanto possibile:  
  • due anni fa  ero sceso dal lago d'Eugio all'Alpe Fioria, senza incontrare grosse difficoltà; 
  • molti anni fa , assieme ad un esperto della zona, ero salito fino al rudere di q. 1535 per andare in zona Arzola  ma, essendo passato troppo tempo, non ricordavo più bene tutto il percorso e così l'anno scorso ho provato per ben due volte a trovare il rudere a fine estate, ma senza riuscirci ( a proposito di itinerari di incerta riuscita).
Mi mancava dunque il pezzo rudere q.1535 - alpe Fioria e per riuscire a "portarlo a casa" avevo evidentemente bisogno di rinforzi: e chi meglio dei gullliveriani Francoc59 e Blin1950 , ultimi  "salitori" certi al  rudere ( passando dal quale avevano raggiunto il monte Arzola ) nonché  compagni di molte escursioni mai banali , per partecipare ai mondiali del ravanamento? Convocati subito! 

Ringraziate l'Eugio...

E così il 16 novembre 2017 decidiamo di provare la "scorciatoia"; il menù della giornata prevede poi, in caso di successo, di scendere dall'acquedotto\roggia "dla Pessa" , tanto per andare più "tranquilli" in discesa .
Camoscio "in presidio" davanti ad un "castlet" 
Dalla frazione "Cusalma" di Locana partiamo dunque lungo la mulattiera che risale il vallone dell'Eugio, che inizialmente si presenta stretto e profondamente inforrato; in questo tratto osserviamo di fronte a noi,  sul roccioso ed impervio versante sx idrografico , i danni causati dal recente incendio, il quale ha completamente bruciato la vegetazione erbacea ed arbustiva, riducendo in polvere anche i pochi cm di suolo presenti sulle strette ed esposte cenge che lo costituiscono.
Le fiamme sono giunte fino al bordo dello stretto alveo occupato dal rio Eugio, che in questo caso ha funzionato come tagliafuoco, fermando naturalmente l'incendio ed evitando che le fiamme si propagassero sul versante dx idrografico, dal quale avrebbero potuto proseguire andando a minacciare le frazioni di Cussalma, Casetti, Rosone etc e forse perfino il comune di Noasca!
Fondamentale in quei giorni difficili è stato anche il rilascio di maggiori portate dall'invaso Iren del lago d'Eugio: ringraziate quindi l'Eugio (ed anche un pò i miei colleghi che lo sorvegliano...).
Fino alla passerella di Ugiet è una passeggiata; lungo il percorso alcuni camosci presidiano la zona dei famosi "ciciu", localmente denominati "Castlet".
Camosci..

 Comincia la salita...

Oltrepassata la passerella in legno di Ugiet, comincia la salita! Non che prima si sia camminato in piano, visto che abbiamo già percorso più o meno 550 m di dislivello , ma da questo momento in poi il percorso si fa ripidissimo e praticamente senza sentiero.
Un'esile e discontinua traccia tra i faggi conduce ad imboccare un ripido e stretto canalone boscoso, fino ad una quota di 1400 m circa, raggiunta la quale occorre attraversare il piccolo rio che lo percorre per cominciare a salire sull'altro versante.  
Comincia la battaglia
E qui comincia la battaglia : i faggi lasciano il posto ad un'inestricabile boscaglia di noccioli ;  la traccia diventa praticamente inesistente, solo a tratti ancora individuabile in mezzo alla fitta boscaglia) ; il terreno sempre più ripido e roccioso, tutto un alternarsi tra cenge e ripide pareti di roccia di varia altezza.
Ogni tanto si riesce a guardarsi attorno...
Il percorso poi non è affatto lineare, anzi pare un arzigogolato zig-zag , con svolte strette e ripide. Ogni tanto un'interruzione della boscaglia consente di guardarsi attorno, ed ecco che Franco e Blin individuano un passaggio chiave : una stretta cengia incassata tra due alte pareti di roccia.
Franco e Blin nel passaggio chiave
Io nel frattempo ho tirato fuori l'arma di più piccolo calibro a mia disposizione, cioè le forbici potatrici, ed ogni tanto dò un taglio a qualche ramo di  nocciolo particolarmente fastidioso, un pò per non graffiarmi, un pò per lasciare un segno del nostro passaggio, che non si sa mai: se dovessimo tornare sui nostri passi qualche indicazione potrebbe essere utile per orientarsi tra tutti quei salti!


Le vestigia del sentiero sono rinvenibili solo a tratti in mezzo alla folta vegetazione

Verso il rudere di quota 1535

A furia di salire, siamo ormai arrivati alla quota del rudere, posto al crocevia tra il sentiero per l'alpe  Fioria e quello che andava a raggiungere gli alpeggi posti sulla dorsale del monte Arzola  , la cui esile traccia individuiamo  subito.
Ci spostiamo dunque lungo la traccia in direzione Fioria e siamo abbastanza sicuri di essere sul giusto percorso, ma non riusciamo ad individuare il rudere, la qual cosa ci fa venire qualche dubbio.
Decidiamo così di sforzarci per individuarlo, sia per fugare ogni dubbio sul percorso, sia come sfida personale.
Giunti presso un masso posto in posizione panoramica, lo "scaliamo" per guardarci intorno, ma il rebus non è di facile soluzione. In ogni caso è sempre interessante osservare luoghi conosciuti da un punto di vista inedito...
Masso in posizione panoramica
E' sempre interessante osservare luoghi conosciuti da un altro punto di vista...


A mali estremi, estremi rimedi:Franco carica la vecchia traccia gps di quando lui e Giuseppe erano andati all'Arzola da questa parte,secondo la quale  il rudere è praticamente sotto di noi; io vedo in basso 4 cinghiali che attraversano senza esitazione la zona rocciosa immediatamente sottostante  e penso che magari il passaggio  sia lì. A proposito , voi sareste in grado di riconoscere uno dei quattro cinghiali nella foto che segue ? Non è facile distinguerlo, ma c'è !
Sapreste individuare il cinghiale? 




Allora decidiamo di tornare parzialmente sui nostri passi , ma  quando ci rendiamo conto che il percorso è quello giusto e che neanche con il gps riusciamo a trovare quel benedetto rudere, pensiamo che sia meglio non sprecare ulteriori energie e riprendiamo la salita: il terreno è sempre ostico, tutto un saliscendi, sempre traversando in mezzo alla boscaglia.
Una natura ribelle,  inarrestabile nella sua libera evoluzione , è stata in grado di sconfiggere la più moderna tecnologia e  l'umano desiderio di avere sempre tutto sotto controllo . Cose da vallone dell'Eugio.
Il terreno è sempre ostico
E gli abitanti del luogo ci guardano un pò straniti, rigorosamente dall'alto...
Qualcuno ci osserva..
 Io allora decido di riporre le forbici potatrici e di tirare fuori l'arma di medio calibro,  la roncola , ma qui per rendere agibile un sia pur minimo passaggio bisognerebbe venire su apposta a pulire.

Qui bisognerebbe venire su apposta...
Comunque sia ad un certo punto la boscaglia finisce, e con un ultimo traverso su pietraia raggiungiamo le pertinenze dell'alpe Fioria. Ma la battaglia è durata un'ora e mezza!
Finalmente fuori dalla boscaglia... panorama verso Colmetta, alpe Colla e punta di Praghetta

Dall'alpe Fioria al lago d'Eugio

L'alpe Fioria doveva certamente sfoggiare, come ci dice il toponimo, delle magnifiche fioriture ai tempi in cui veniva ancora utilizzata , ed i suoi pascoli avevano certamente un'estensione di tutto rispetto, come si può intuire osservando i suoi ruderi e la zona circostante.  
Resti dell'alpe Fioria
Osservando attentamente ciò che resta delle antiche strutture, si individua ancora distintamente la "cavanna", di pianta quadrata, le cui mura perimetrali emergono alle spalle di quelle che dovevano essere due stalle, una più grande per i bovini ed una più piccola per gli ovicaprini. Leggermente spostati a sinistra, ecco i resti di quello che presumibilmente avrebbe dovuto essere il locale di caseificazione , al quale probabilmente era annesso il crutin. Niente da fare, toccherà tornare su con le giornate più  lunghe, magari in primavera, per documentare il tutto e vedere finalmente la "fioritura della Fioria".
Da qui in poi si può salire a vista, in caso di buone condizioni di visibilità; in ogni caso un'esile e discontinua traccia ( forse di camosci - una vera e propria traccia non l'abbiamo trovata)  parte a monte della cavanna e  conduce in breve ai piedi dello sbarramento dell'Eugio.
Diga d'Eugio vista salendo dalla Fioria. In centro da sx le punte Virginea ed il Moncimour
Ai piedi della diga maggiore
Giusto il tempo di un saluto ai colleghi guardiani di turno ed ecco che immediatamente ripartiamo, perchè le giornate sono corte e noi abbiamo scelto di scendere non proprio dal sentiero...
Salutiamo il lago d'Eugio


La roggia\acquedotto dla Pessa 

Superato lo sbarramento, proseguiamo lungo la pista carrozzabile dell'Iren fino al trivio, ove imbocchiamo il sentiero che scende verso Roncore e Cussalma passando dall'alpe i Pis, raggiunta la quale lo abbandoniamo per cominciare a percorrere la roggia\acquedotto della Pessa ( sotto il canale dovrebbe correre una tubazione) . 
Un leggero strato di inversione termica

Seguendone il regolare percorso, a volte percorrendola direttamente, a volte costretti ad alzarci od abbassarci a causa della fitta vegetazione,  arriviamo nei pressi dell'alpe Cudrai, che con un pò di fortuna riusciamo ad individuare al primo colpo poco sotto di noi; dal Cudrai ci abbassiamo leggermente traversando in direzione Locana , fino ad intercettare nuovamente la roggia.  
Laddove la vegetazione consente una vista più ampia, ecco che possiamo apprezzare il leggero strato di inversione termica che oggi investe la valle Orco , posto ad occhio e croce intorno ai 1000 m di quota.
Cà dl'eva
Dopo un primo tratto "cinghialoso",  uno sotto copertura di faggi ed un ultimo tratto nuovamente "imboscato", ecco che raggiungiamo la "Cà dl'eva" , ospitante una vasca dell'acquedotto , posta nelle immediate vicinanze della località "Pezza dal Bros" ( Pezza dei Perucca, denominata "Pezza" sulle cartine) , sita all'interno di un bosco di abeti rossi, le "pesse" appunto.

Finalmente nei pressi dla Pessa

Dalla Pezza a Cussalma

Dalla Pezza in poi non ci resta che seguire  fedelmente la boscosa dorsale spartiacque Eugio\Orco , in buona parte lungo  la vecchia mulattiera che la percorre fin nei pressi della frazione Pianfè, dove, in corrispondenza di una cappella diroccata, comincia a scendere verso la frazione Balmetta.  Ogni tanto emerge dal terreno la tubazione che portava l'acqua, oltre che a Pianfè, anche alle vicine borgate Suc e Cappella. Ora il percorso è piacevole e rilassante, poichè questa mulattiera è stata pulita e ripristinata circa tre anni fa.
La cappella diroccata
Giunti  nei pressi della cappella rosa  di "Cicola"  ( della quale avevamo parlato qui ) , non possiamo esimerci dal dare un'occhiata al panorama che si apre sulla valle Orco. Siamo ormai nel primo pomeriggio, ed il sole che ancora ci "bacia" ha già abbandonato il fondovalle ( l'inverno è alle porte), mentre il leggero strato di inversione termica si è ormai quasi completamente dissolto.
Panorama verso la testata della valle Orco - è ancora presente un pò di inversione
Raggiunta Balmetta, riprendiamo il sentiero percorso al mattino ed in breve  ci ritroviamo dinanzi alla zona colpita dal recente incendio boschivo: ripensando alla natura prepotentemente vittoriosa osservata percorrendo "la scursa", è stridente il contrasto con la natura bruciata,  domata, la cui libera evoluzione è stata arrestata, seppur temporaneamente, dalla stupidità e dall'imperizia dell'uomo, il cui desolante spettacolo è davanti ai nostri occhi in questo punto.

Un incendio boschivo è un fenomeno complesso...

Alcuni ungulati selvatici si aggirano sconsolati tra la cenere: quest'inverno saranno costretti ad abbandonare le loro "case" ed a trasferirsi altrove per sopravvivere, dato che le fiamme non hanno lasciato loro nulla da mangiare. Quando potranno tornare ? La prossima primavera? Forse.
Superficie colpita dal recente incendio boschivo ( foto d'archivio) 
Un incendio boschivo  infatti non distrugge unicamente la vegetazione erbacea ed arbustiva, non danneggia soltanto fusti e radici delle specie arboreee, non si limita a bruciare la lettiera :  distrugge e destruttura anche i primi centimetri di suolo, che sono  la parte più ricca in nutrienti e sostanza organica, ricca di humus;  uccide gran parte della pedofauna, cioè quella la cui vita è legata al suolo , in particolar modo la microfauna , per lo più incapace di effettuare grandi e veloci spostamenti ( p.es. insetti, anellidi, gasteropodi), compromettendo la funzionalità delle catene alimentari. 
Suoli superficiali ridotti in cenere
Dove poi il suolo era superficiale, profondo soltanto alcuni centimetri, esso è stato completamente spazzato via, riportando alla luce la nuda roccia, oppure è rimasto come un sottile strato di cenere, suscettibile di essere dilavato alla prima precipitazione piovosa di una certa rilevanza.
E tutto questo di cui abbiamo parlato, cioè  la struttura del suolo , la presenza della pedofauna, le catene alimentari non si reintegreranno in una sola primavera. Quanto tempo sarà necessario ? Quanti anni c'erano voluti per formare quei pochi centimetri di suolo nei siti tornati alla nuda roccia ? 300 ? 400 ?  
Soltanto nelle zone non boscate  ( p.es. i pascoli attraversati dal fuoco) , dove la potenza e la durata dell'incendio sono minori,  i danni saranno più contenuti. 
Non è un caso infatti che la legge n°353/2000 (art. 10 comma 1)  in materia di incendi boschivi vieti esplicitamente nelle superfici boscate colpite da incendio la caccia ed il pascolo per i successivi 10 anni .

Ritorno a Cussalma

Da Balmetta riprendiamo il sentiero fatto al mattino ed in breve facciamo ritorno a Cussalma, soddisfatti per la buona riuscita di un'escursione che avevamo in mente da tempo ma che non siamo certi di ripetere in futuro, anche se, come sottolinea Franco, "questa è una gita da segnare negli annali".  Un'escursione "non per tutti" ma che, sia bandita ogni presunzione dal mio scrivere, vi sconsiglio caldamente dal cercare di intraprendere, salvo improbabili interventi di pulizia a beneficio della "scorciatoia". 
Arrivederci ed a presto con le Storie!


domenica 22 ottobre 2017

Rapporti occasionali in val Soana - Rosa dei Banchi da Piamprato

Meglio soli o accompagnati ? 

Lettori incalliti ed escursionisti incalliti hanno molto in comune: così come i primi mentre stanno leggendo un libro   hanno già in mente quelli che leggeranno dopo, così gli escursionisti incalliti durante un'escursione hanno già in mente l'idea delle prossime, ciascuno secondo il proprio personale percorso, le proprie preferenze. 
E' per questo motivo che regalare\consigliare un libro ad un accanito lettore, pur essendo comunque un'ottima idea, rischia di vedere quel libro prendere la polvere per mesi od anni prima di venir letto, così come proporre\suggerire ad un escursionista incallito una meta la espone al più che concreto rischio di vederla cestinata, salvo che essa non coincida con i suoi progetti a breve termine, senza contare il fatto che gli escursionisti incalliti tendono prendere una decisione definitiva sulla meta giusto la sera prima, scelta solitamente tra una "rosa" di idee...
Insomma, per farla breve, può succedere che un assiduo frequentatore della montagna si ritrovi da solo durante un'uscita ( sarebbe sempre meglio, per ragioni di sicurezza, andare in compagnia , purchè sia buona)   ed è proprio ciò che  è capitato a me in un'assolata giornata di questo caldo ottobre 2017...

Con calma, senza limiti...

E del resto come avrebbe potuto essere diversamente, quando per motivi personali e\o di lavoro si è costretti a sfruttare un giorno infrasettimanale , decidendo escursione e meta la sera precedente? Chi è causa del suo mal...
Ci sono , è vero, dei percorsi talmente frequentati che rendono il concetto di "andar da soli" più formale che sostanziale, ma questo non è certo il caso della stragrande maggioranza degli itinerari presenti nelle valli Orco e Soana !

La zona scelta per l'escursione è quella di Piamprato e, siccome sono da solo, decido di fare come piace a me: prenderla con calma, senza  pormi limiti riguardo alla meta, nè massimi, nè minimi:  il percorso è sempre più importante della meta. 
Parcheggiata l'auto nel nuovo posteggio a monte della frazione, ecco che un simpatico cucciolone di pastore maremmano ,  di guardia presso un gregge lì vicino, viene a salutarmi affettuosamente e non vorrebbe più lasciarmi andar via: eccolo che  scodinzola, mi fa le feste, mi invita a giocare con lui ( questi cani da guardiani sono davvero pericolosissimi ) !
Ma sono già le 9 del mattino e le giornate a metà ottobre sono decisamente più corte ( ecco un serio limite alla mia libertà d'azione) , ragion per cui saluto il mio nuovo amico a 4 zampe e mi avvio lungo la pista per la nuova seggiovia. 
Ps: mi scuso per la minor qualità delle immagini, ma sono tutte scattate con lo smartphone per cause di forza maggiore.

Il complesso sportivo-escursionistico della Ciavanassa

Grangia Ciavanassa
Grangia La Reale
La seggiovia , realizzata a servizio della pista da sci, è predisposta anche per il trasporto delle biciclette: è infatti stata realizzata in zona una pista di downhill; all'arrivo dell'impianto di risalita è stato realizzato il rifugio escursionistico Ciavanassa, immediatamente a monte dell'omonima grangia.
Ovviamente l'impianto di risalita oggi è chiuso ed io, poco oltre la stazione di partenza della seggiovia, abbandono la pista in favore di una discreta mulattiera. Giunto nei pressi della grangia Ciavanassa (il cui stato di conservazione stona un pò con il nuovo e vicino rifugio escursionistico ) , abbandono la mulattiera a favore di una salita  diretta lungo i pascoli, fino a raggiungere la grangia La Reale.
Il lago La Reale dominato dal monte Nero
Da qui proseguo lungo il dolce vallone, che si conclude con il col Larissa, fino al bivio di quota 2400 m circa, ove svolto a sinistra per imboccare il valloncello compreso tra la Cima del Rospo a sx ed il Becco Pragelas a dx.  Tutto intorno a me è spettacolare l'aspetto dell'alta montagna nella sua veste autunnale, rivestita di un elegante manto giallo; alle mie spalle è ora ben visibile il  lago la Reale, dominato dall'imponente sagoma del Monte Nero  .
Una volta superata la cima del Rospo, la vista si apre nuovamente verso il fondovalle, mentre a dx è ora ben visibile la Cima Beccher, alla quale ora punto decisamente, dopo aver dato un'occhiata all'orologio.

Qualcuno è in arrivo...


Mentre sono quasi in cima alla Beccher, ecco che scorgo in lontananza qualcuno che  sta  salendo verso la cresta divisoria Val Soana\Champorcher in direzione della quota 2962 m, sicuramente proveniente dal pian delle Manze : "questo è uno pratico del posto od un guardaparco" - penso - "peccato non avere con me il binocolo !".
Il vallone che scende al Pian delle Manze 
Arrivato in cima alla Beccher il panorama si fa grandioso; guardo l'orologio è vedo che è ancora relativamente presto, ragion per cui decido di continuare lungo l'ampia cresta di blocchi,roccette ed erba  in direzione della Rosa dei Banchi, con la scusa di andare "a prendere" il supposto "guardaparco", con il quale ci incontriamo appunto alla quota 2962, che  infatti non è un guardaparco ( non porta la divisa),  ma un escursionista solitario come il sottoscritto.

Se prima ero da solo, ora siamo in due...

Scambiato un cenno di saluto e quattro chiacchiere,  vengo a sapere che non è  uno pratico del posto, anzi è la prima volta che viene qui, destinazione Rosa dei Banchi, ed anche da non così vicino, cioè da Novara. Ed è salito dal pian delle Manze, cioè lungo un percorso non banale: è uno tosto!
"Ma guarda" -  penso - "ho trovato un buon socio per arrivare fino alla cima della Rosa ! Chi l'avrebbe mai detto in un giorno della settimana! ". 
Cima Beccher ed il Monte Rosa

Proseguiamo così  lungo la cresta, ora leggermente più ripida che in precedenza,  fino alla quota 3048; da qui in poi la cresta si restringe ed il percorso si fa più aereo e, sebbene privo di difficoltà, occorre fare attenzione perchè qui il piede non può certo scivolare !
In questo primo tratto la cresta è larga 
Osservando il versante Champorcher, noto che è presente del ghiaccio e la cosa un pò mi  preoccupa ,perchè stando alle relazioni ora ci aspetta un breve traverso su quel lato. Anche l'ultimo tratto della cresta fino alla punta della Rosa sembra piuttosto stretto e ripido visto da qui, ma si sa che sovente in montagna le prospettive ingannano, finchè non si è vicini non si può certo giudicare!
Superata la quota 3048 ed un breve tratto in discesa, la cresta presenta un tratto roccioso che va superato a destra con un traverso di pochi metri. Per fortuna in questo tratto la quantità di ghiaccio\neve ghiacciata presente è davvero esigua e consente il passaggio, anche se si tratta di sfasciumi fini sui quali occorre raddoppiare l'attenzione.

Sul versante Champorcher è presente un pò di ghiaccio - l'ultimo tratto della cresta sembra stretto e ripido
Sarà l'ora di pranzo che si avvicina, sarà la fifa, sarà il ricordo dell'impressione avuta dalla cresta finale per la Rosa, sarà il pensiero del traverso, sarà quel che sarà, ecco che d'improvviso mi sfiora l'idea di fermarmi in questo punto.  Vale la pena continuare ? Il panorama è già così bello da qui!
Ecco che fortunatamente il mio "socio", dopo aver verificato l'impossibilità di superare in cresta la parte rocciosa di cui sopra, imbocca decisamente il traverso ed io lo seguo. 
Fatta la debita attenzione al ghiaccio presente sul percorso, ecco che subito riprendiamo il filo di cresta e,  in men che non si dica,  raggiungiamo la croce di vetta.  
Triangolino di vetta
Come da relazioni, il percorso, tolta l'esposizione,  si conferma facile in assenza di neve e\o ghiaccio : basta far attenzione alla ghiaietta presente sui blocchi della cresta, che può far perdere l'equilibrio ed ovviamente tenere sempre a mente che in un percorso così esposto non si può camminare con la testa tra le nuvole , anche se fisicamente lo è ! 
l mio compagno d'avventura mi ricorda inoltre che  " la meta. in montagna , è soltanto metà del percorso" : ecco una visione più quantitativa ma efficace del confronto meta-percorso.

Non c'è il 2 senza il 3...

Panorama verso Monte Rosa e Cervino
Ciò non toglie che quel traversino mi sia piaciuto poco, talmente poco che comincio a vagheggiare improbabili alternative di discesa: traversata dal colle della Borra, discesa diretta sulla punta della Balma. Forse la causa di questo fiorire di idee bislacche è dovuto al  livello di zuccheri nel sangue, visto che dopo pranzo tutte queste fantastiche idee svaniranno a favore di un maggiormente realistico ritorno per l'itinerario di salita, ma potrebbe essere anche dovuto ad un classico attacco del morbo del ravanatore .
Panorama verso lago Miserin , punta Tersiva ( a sx ), mont Glacier ( a dx )
Ecco che ad un certo punto, versante Campiglia, sta arrivando un altro escursionista: lo aspettiamo in cima, mentre ammiriamo il grandioso panorama.


vista verso il gruppo del Monte Bianco
Anche con lui scambiamo quattro chiacchiere, per scoprire che arriva dalla provincia di Pavia ed è salito da Champorcher... Val Soana international oggi !
Vista sulla testata del vallone di Campiglia ( a sx la Torre Lavina ) e sul gruppo del Gran Paradiso 
Per noi però si è fatta l'ora di scendere e così, salutati lui e la Rosa,  riprendiamo la cresta  a ritroso. 

Discesa:  lungo l'itinerario di salita ? 

Arrivati al traversino in versante Champorcher, che io supero con una cautela quantomeno eccessiva,  rivelo al mio "socio" che molto probabilmente se non l'avessi incontrato mi sarei fermato in quel punto. E lui mi risponde che se non mi avesse visto da sotto, molto probabilmente si sarebbe fermato prima di raggiungere la cresta, poichè il percorso dal pian delle Manze, fatto senza volerlo, era stato piuttosto faticoso ed ostico. Quando si dice: l'unione fa la forza !
La cresta è a tratti un pò affilata ma facile...
La conseguenza logica di quest'ultimo ragionamento è naturalmente la scelta di... scendere dal pian delle Manze , anche se non direttamente dalla quota 3048 ma un pò più in là, dove le pendenze si addolciscono. 
E' una discesa diretta e divertente senza sentiero in mezzo ai pascoli, certamente sconsigliabile in salita per la maggiore faticosità del percorso.
Una divertente discesa in mezzo ai pascoli
Arriviamo così al pian delle Manze ed alla grangia Becco Grande ed ecco che qui io mi sbaglio, lasciando il sentiero segnato per una traccia di bovine al pascolo che ci conduce troppo a destra, cosa che ci costerà un breve supplemento di risalita.
Riguadagnati il sentiero e poi la pista,  giungiamo in breve al parcheggio dove all'atto di salutarci cogliamo l'occasione per... presentarci. Eh si, perchè dopo oltre 5 ore di cammino insieme non ci eravamo ancora neanche presentati, insomma cose del tipo chi sei, come ti chiami, ed ora che ci penso, anche il signore incontrato in vetta non si era qualificato... Evidentemente  tra chi ama la montagna non servono tante parole per capirsi ed  il fiato serve per salire:  meglio non sprecarlo per dire cose superflue.  Avvenuto lo scambio di rito dei numeri di telefono per condivisione fotografie e dei reciproci auguri per tante belle gite future, io ed il mio "socio" occasionale ci lasciamo e saliamo sulle rispettive auto per tornare alle nostre "stabili" case.