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martedì 27 giugno 2017

Costa Vargnei - anello da Lasinetto per la bocchetta di Pianey ed il lago Lasin ( Escursioni non per tutti 12 )

Un'offerta che non si può rifiutare...

La Costa Vargnei , con le sue tre punte, costituisce la parte finale  della cresta spartiacque Lasinetto\Forzo nel tratto  che separa il vallone di Lasin dalla comba del Meialet e  dei laghi del monte Colombino, che ha inizio in corrispondenza della punta delle Tole Reverse.
La nostra meta...

E' un'ascensione che si svolge in luoghi selvaggi ed impervi, che il 99,9% degli escursionisti non conosce n è frequenta, così come buona parte degli abitanti della stessa Val Soana: il che è tutto dire.
La carta 3d rende bene l'idea della ripidezza 
E così quando l'amico Luca mi telefona per invitarmi a questo giro programmato con Giuseppe, in arte Blin, che sulla costa naturalmente ci è già stato , non posso certo rifiutare, anche se so già che dovrò soffire perchè a causa di un impegno serale indifferibile dormirò a malapena tre ore : il ritrovo è infatti fissato alle ore 5,10 a Pont ( senza contare il fatto che giusto questa mattina mi sono divertito ad esplorare "The darkside of Noaschetta" ).
Ho parlato di ascensione poichè l'itinerario va classificato come EE\F per via del tratto di  cresta da percorrere tra la punta Vargnei  I fino alla punta 3, dove le difficoltà diventano di tipo alpinistico poichè c'è spesso da usare le mani ed è necessario affrontare qualche passo di arrampicata facile ma esposto ( ed in questo non posso che concordare pienamente con la valutazione di Francoc59 ).

Prima parte: da Lasinetto alla bocchetta di Pianey

Da Lasinetto si percorre il sentiero per il lago Lasin fin nei pressi dei ruderi dell'alpe Ciavanis,subito a monte della quale parte una traccia, appena visibile, che sale ripidissima verso la bocchetta di Pianey ( e qui finisce, per quanto riguarda la salita, il percorso su sentiero vero e proprio, seppur arcigno e scomodo come quello che risale il vallone di Lasin).
La ripida salita..
Come riportato anche dalla guida del Cai-Tci, è lungo questa impervia traccia che gli animali venivano portati al pascolo alle grange Pianey, poste sul versante Forzo all'altezza della frazione Pezzetto ,  di costruzione probabilmente recente ma già abbandonato nel periodo tra le due guerre mondiali ( una sorte comune a molti alpeggi e piccole borgate nate durante il periodo di massima pressione antropica dell'uomo sulle Alpi , costruite in luoghi poco fortunati da proprietari sicuramente poco fortunati). La salita da Pezzetto, ci dice Giuseppe, si svolge infatti in un ambiente ancor più ostico...
L'alpe Ciavanis invece , a giudicare dalla cotica erbosa e dai numerosi ceppi di larici tagliati ormai decenni fa, non doveva essere poi così male... 
Mitigata dalla fioritura dei maggiociondoli...
Grazie alla guida sicura di Giuseppe, ed al suo proverbiale fiuto per i sentieri "scomparsi", riusciamo a non perdere mai la traccia, fattore prezioso per risparmiare qualche energia; la dura salita è addolcita dalla magnifica fioritura dei maggiociondoli, che punteggiano l'intero versante fin quasi alla bocchetta, e degli asfodeli.
Alle nostre spalle spiccano i versanti nord del monte Colombo e della punta Sili, che osservate da questo lato non presentano la caratteristica forma piramidale che invece le caratterizza se viste  da sud ( Ribordone) .
Dalla bocchetta Pianey: uno sguardo verso il versante Pezzetto; sullo sfondo Torre Lavina, Cresta del Cavallo e Punta Tressi
Arrivati alla bocchetta non possiamo fare a meno di concederci una piccola pausa ristoratrice, anche per godere di questo luogo "mistico" e del suo panorama molto particolare. Un rapido sguardo sul versante Pezzetto, in direzione delle grange Pianey, unito al pensiero della ripida salita appena affrontata, mi spinge a chiedermi quale diabolica necessità avesse spinto dei poveri cristi a doversi conquistare il pane su queste "rive", per giunta anche parecchio pietrose! Mi auguro che una situazione socioeconomica simile non abbia mai più a ripresentarsi! 
Fortunatamente la pausa non è troppo lunga perchè dopo appena 5 minuti di sosta la mancanza di sonno comincia a farsi sentire e mi vien da chiudere gli occhi: pazzesco !

Seconda parte: lungo la cresta, di punta in punta...

Dalla bocchetta di Pianey si sale leggermente sotto la cresta ( versante Lasin naturalmente) , traversando verso ovest , lungo ripidi pendii erbosi, fino a raggiungere una dorsale che in breve ci conduce alla punta delle Tole Reverse 2413 m. C'è un pò di nebbiolina che va e che viene, togliendo visibilità al percorso ed al panorama, ma Giuseppe come al solito  non sbaglia niente, ed a noi basta seguirlo mentre ci conduce con passo sicuro.
Luca in cima alle Tole Reverse
Anche qui facciamo una piccola pausa, soprattutto per capire come si muovono le nuvole che coprono parte del nostro percorso e decidere il da farsi: non si tratta comunque di nebbie così dense e persistenti da impedire la prosecuzione del nostro cammino, ed inoltre è ancora presto come orario, per cui valutiamo possibile proseguire. Io sono nuovamente vittima dell'abbiocco ma ancora una volta la pausa fortunatamente è breve.
Delle rade nebbioline insistono sulla costa Vargnei ( vista da Tole Reverse)
Mentre incominciamo a percorrere il successivo tratto di cresta fino alla quota 2460 m, sullo scosceso versante Forzo\Meialet, alla nostra destra assistiamo allo spettacolo di due pernici bianche che "giocano" in volo, planando e decollando di cengia in cengia, quasi completamente indifferenti alla nostra presenza ( peccato non siano abbastanza vicine da riuscire  a fotografarle ), impegnate in un volo rituale legato all'accoppiamento ( siamo a giugno, in un periodo alla fine del periodo degli accopiamenti ) come mi conferma l'amico Michele, gran conoscitore dei galliformi...
Arrivati alla quota 2460 m abbandoniamo la cresta per effettuare un traverso verso sinistra fin sotto alla quota 2717 di Costa Vargnei , alla quale saliamo per un pendio erboso.
Una curiosità: il "vargnu" in dialetto locale è l'abete bianco, ragion per cui questa doveva essere la costa dei "vargnu", cioè con presenza di abeti bianchi: se questa ipotesi fosse vera, pensate a come dovesse essere più caldo il clima al tempo in cui a questa zona i locali diedero tale nome! Un nome che in questo caso dovrebbe addirittura esser fatto risalire all'epoca medioevale antecedente la cd. "piccola era glaciale", durante la quale viceversa sono sicuramente nati altri toponimi che indicano, per esempio, la presenza del faggio a quote molto più basse di quelle attuali ( es. Foere, Fey, Feilongo etc etc ). Ma sono solo speculazioni a cui non si può trovare riscontro così su due piedi...
Giuseppe in cima alla  q. 2717 della Vargnei 
Dalla quota 2717 seguiamo ora la cresta sommitale , raggiungendo con un saliscendi in sequenza una piccola bocchetta,  la Vargnei II ( q. 2747 ), un colletto ed infine la Vargnei I ( q. 2838), con triangolino di vetta del Cai di Rivarolo. 
Come già detto nell'introduzione, questo tratto del percorso è facile e divertente ma si svolge tutto su una cresta di blocchi e massi accatastati che richiede sovente l'utilizzo delle mani e presenta qualche passaggio un pò esposto ( ragion per cui bisogna fare la massima attenzione), con difficoltà sostanzialmente di tipo alpinistico.
La cresta che conduce alla Vargnei I ( q. 2838) : divertente ma bisogna fare attenzione.

Dalla vetta splendido il panorama sul selvaggio vallone di Forzo...
Bel panorama sul lago

Terza parte: la discesa

Dalla Vargnei I ritorniamo al colletto , dal quale scendiamo per pendii erbosi verso un pianoro posto lungo il sentiero poco oltre il casotto Pngp del Lazin , passando per una pietraia ed attraversando una conca nella quale scorre un piccolo rio, che è  dotata di una rudimentale scalinata in pietra (dove ci fermiamo a consumare il meritato pranzo al sacco).
Scendendo nel primo pomeriggio è meraviglioso il colore blu scuro con il quale si presentano le acque del lago Lazin oggi, per di più contornate da una splendida e massiccia fioritura di rododendri.
Lago Lazin blu scuro
Una volta raggiunto il percorso segnato non ci resta che seguirlo e così, passando per il casotto Pngp, il lago Lasin  e sfruttando la variante attrezzata di q. 1700 m circa ritorniamo nei pressi dell'alpe Ciavanis, quindi Pian Bosco ( dove ci aspetta la tradizionale ed odiata risalita  riservata agli escursionisti che si avventurano nel vallone di Lasin, avendo noi scelto di non praticare la variante bassa) etc etc fino a giungere nei pressi della grande goia di Lasinetto, dove ci concediamo un refrigerante pediluvio, prima di tornare alla macchina, un pò stanchi ma molto soddisfatti! 
Arrivederci ed a presto con le Storie!
La goia di Lasinetto


domenica 25 giugno 2017

The darkside of Noaschetta ( Escursioni non per tutti 11 )

Premessa

Se credevate che con la pubblicazione della  guida turistica non avessimo più niente da dire sul vallone di Noaschetta beh, vi sbagliavate di grosso:  infatti è arrivata  l'estate e puntualmente c'è qualcuno ( cioè il sottoscritto) che non vede l'ora di andare a ficcare il naso da quelle parti per poi farne un bel resoconto "a futura memoria" ( soprattutto la mia ).
Bene, allora bando alle ciance e cominciamo il racconto...

Un fatto curioso...

Sulla porta del Lavassai... Aconitum vulparia 
Gli escursionisti più attenti avranno certamente notato, salendo lungo il sentiero che raggiunge il casotto Pngp dell'Arculà , che sulla sponda opposta  ( sinistra idrografica) sono presenti i ruderi di numerosi alpeggi .
Mentre il versante destro idrografico continua ad essere piuttosto assiduamente frequentato da guardaparco,  uomini ed animali domestici ( durante la stagione estiva sono presenti un paio di  mandrie "all'abbandono")  ,  quello sinistro  dall'alpe Lavassai in poi è stato totalmente abbandonato e viene percorso ormai soltanto più dai guardaparco ( e neanche troppo spesso, visto che la rete sentieristica , almeno nella parte bassa , è quasi totalmente scomparsa). 
Come mai è avvenuto ciò?  Di per sé si tratta di un versante meno roccioso ed acclive rispetto a quello in cui passa la mulattiera dell'Arculà, ed era inoltre servito, come di consueto, da un'ottima rete sentieristica: ad essere decisivo è stato senza dubbio l'abbandono "anticipato" di questi alpeggi , perlopiù di piccole dimensioni, avvenuto intorno al 1993 . Se ci pensate bene, una simile dinamica di abbandono non è una prerogativa esclusiva del vallone di Noaschetta...
Ricordo che da ragazzino, quando con la mia famiglia venivo ospitato all'alpe Lavassai per una polentata dall'ex guardaparco ed amico Domenico , mi recavo sempre fino all'Arculà prima del pranzo ed in due occasioni avevo avuto il privilegio di scendere assieme ad un guardaparco in servizio  molto gentile e noaschino "doc" ( che purtroppo ci ha lasciati da qualche anno ) , il quale mi aveva fatto passare proprio dal versante dx idrografico perchè "si faceva prima".  E la voglia mi era rimasta da allora...

Alla ricerca della vecchia mulattiera...

Altro che sentiero...
Fedele ai miei principi "integralisti", lascio l'auto in piazza a Noasca per salire dal sentiero Renato ed Ada Minetti, che passa vicino alla chiesa parrocchiale di Noasca. Superate le case Sengie ( una frazione un tempo abitata tutto l'anno) e l'alpe Scialier ( baita ristrutturata)  il percorso, sempre ben pulito e segnato, mi conduce fino all'alpe Lavassai, ove debbo abbandonarlo. 
Il cielo è un pò coperto, e questo non è un male poichè le temperature sarebbero altrimenti davvero torride; nuvole basse insistono sul vallone , conferendo all'ambiente un ulteriore alone di mistero...
Ricordo perfettamente  che dal Lavassai una traccia  sale passando vicino al torrente, molto vicino ( in un punto occorre attaccarsi alle tubazioni che portano l'acqua al suddetto alpeggio per passare ), ma io sono ben determinato a ricercare il vecchio sentiero e... lo trovo! Altro che sentiero: sotto la vegetazione naturale che ormai regna sovrana si intravedono perfettamente le vestigia di una bella mulattiera , che in un tratto di pietraia ricompare in ( quasi) tutto il suo splendore.
In questo primo tratto il percorso è in comune con quello che conduce dalla Noaschetta bassa all'alpe Piampurcetto, segnato diversi anni fa dal Cai di Rivarolo  e del quale sono ancora visibili qua e là i segni rossi un pò sbiaditi.
Rododendri, che passione!!!

Perdere il sentiero...

Ma , come si dice, troppo facile così: ed ecco che arrivato nei pressi di un dosso erboso perdo il sentiero,  e non c'è verso di ritrovarlo in mezzo a cespugli di rododendri , felci ad altezza uomo e canali nonostante l'utilizzo di cartina e gps. 
Naturalmente tosto al danno si aggiunge la beffa, quando appena 4 o 5 metri sopra di me prende il volo un bel maschio di gallo forcello che, come quasi sempre mi accade con i galliformi, non riesco a fotografare...
Questo non mi  impedisce tuttavia di raggiungere comunque le pertinenze del pian dell'Alpe , dove ritrovo anche il sentiero, che da questo punto in poi non perderò più.
Pian dell'Alpe

Ricavato ai piedi di una parete rocciosa, il Pian dell'Alpe era un alpeggio di notevoli dimensioni e circondato da una superficie tutto sommato pingue e dolce...

Dal pian dell'Alpe all'Arculà

Dal pian dell'Alpe in breve si arriva all'alpe Balmarmà , così chiamata perchè protetto da frane e valanghe ( in questo tratto del vallone di Noaschetta ci sono numerosi canali che "scaricano" ) dalle balme che fanno da tetto alle sue costruzioni. Qui è presente anche un particolare "crutin" interrato... 
Balmarmà

Balmarmà
Continuando a salire e superato un altro rio\canale, si incontra l'alpe Brengi , anch'essa realizzata sfruttando la presenza di un grossa balma.
Alpe Brengi
Osservando questi antichi insediamenti umani ( lo sfruttamento di queste grandi balme naturali viene generalmente fatto risalire all'epoca medioevale , mentre le strutture in pietra a secco che oggi possiamo osservare risalgono probabilmente al diciassettesimo secolo)  non si può fare a meno di provare ammirazione per  l'evidente stoicismo con il quale i pastori sopportavano una vita quasi del tutto priva di comodità...
Dopo l'alpe Brengi la traccia diventa nuovamente più labile, ma ormai felci e rododendri sono quasi assenti e di fronte a me si vedono l'alpe Arculà, il casotto Pngp e la presa Iren, ragion per cui non è così difficile orientarsi.
Casotto Pngp dall'altra sponda
E' davvero  utile ed interessante poter guardare le cose cambiando punto di vista, in questo caso dall'altra sponda del rio Noaschetta : aumenta conoscenza e consapevolezza...
Presa dell'Arculà lato est
Continuando a salire per pascoli arrivo dunque a raggiungere le pertinenze della presa Iren, dove si rinvengono anche le tacche rosse che conducono verso la bocchetta di Drosa, itinerario oggi impraticabile per via della pericolosa neve residua presente nei canali, ma comunque in programma in vista di un giro ad anello (di un certo livello) a cavallo tra i valloni di Noaschetta e Piantonetto che ho in mente da un paio d'anni

I canali ancora coperti da neve residua presentano sovente delle insidie: meglio evitarli...

Alpe Gorgi ed alpe Ruine

Giunto dunque ad intersecare il sentiero per l'alpe Valpiano e la bocchetta di Drosa, anzichè raggiungere i ruderi dell'alpeggio q. 2018 che si trovano in basso alla mia sinistra,  continuo a salire ripidamente lungo un canale semierboso per portarmi al di sopra delle pareti rocciose che sovrastano i suddetti ruderi , al di sopra dei quali si trovano gli alpeggi Gorgi e Ruine,  che sono le mie due prossime "prede" di giornata.
Le pertinenze della presa Iren

I ruderi dell'alpeggio q. 2018 , sovrastati da ampie pareti.
In questo tratto il rio Noaschetta scorre infatti incassato in una profonda gola incisa tra le imponenti pareti del versante sx idrografico ed i salti ed i ripidi pendii percorsi dalla "salita della Forca" del versante dx idrografico.
Il canale di salita per accedere ai pianori superiori

Per quel che mi riguarda, immediatamente sopra le pareti rinvengo una signora traccia ( ormai si cammina nel "pulito")  , che senza inconvenienti e con piacevole salita mi conduce  a toccare in sequenza le alpi Gorgi e Ruine.
In questo tratto il rio Noaschetta corre incassato in una profonda gola ( sbirciando dal Gorgi)
Ora si cammina bene, sun un signor sentiero ( lo vedete ? ) 

Alpe Gorgi vista dal "retro".
All'alpe Gorgi si ripresenta ancora una volta la tipologia costruttiva caratterizzata da una grande balma attorno alla quale sono edificati i locali dell'alpeggio,  mentre all'alpe Ruine ritroviamo la classica copertura in lose con orditura in legno...
Alpe Ruine. Sullo sfondo, tra le nubi, il Gran Carro.
Quando per un attimo le nubi si alzano leggermente, ecco che volgendo il mio sguardo a  noto un inconfondibile "zoccolo" rossastro: mi trovo esattamente ai piedi delle Torri del Blanc Giur, le quali si dividono molto equamente i bacini dell'alpe Gorgi ( torre est )  e dell'alpe Ruine ( torre ovest) .
Lo "zoccolo" delle Torri del Blanc Giuir
Arrivato a questo punto non mi resta che raggiungere la dorsale che divide questo piccolo valloncello laterale da quello principale, in cui insistono i pianori dell'alpe Bruna inferiore od alpe Noaschetta, ed ancora una volta lo faccio su ottima traccia.
Ancora su ottima traccia fino alla dorsale... ( carta MU edizioni ) 
Ancora una volta è per me molto affascinante affacciarmi sui pianori della Bruna da un altro lato, mentre alcune femmine di camoscio con i loro capretti , disturbate dalla mia presenza, guidano la rispettiva prole a distanza di sicurezza dall'homo sapiens sapiens di turno...
La Bruna  vista "dall'altra parte "

Femmine di camoscio con i piccoli
Sceso nei pianori dell'alpe Bruna, riesco ad attraversare l'impetuoso rio Noaschetta senza bagnarmi le zampe , trovando anche alcune belle fioriture; mi piacerebbe anche poter dare un'occhiata al panorama offerto dal versante sud del Gran Paradiso, ma oggi la montagna è un pò avara sotto questo punto di vista ,  benchè in un'escurisone come questa il panorama non sia assolutamente la cosa più importante: l'importante è arrivare alla meta prefissata...
Belle fioriture...

ma...
Panorama avaro

La discesa

La discesa la faccio dal sentiero "normale", per poi raggiungere il rifugio Noaschetta e ritornare in piazza a Noasca lungo il percorso seguito in salita.  Dire che sono soddisfatto è dire poco...
Impariamo a guardare la cose da più punti di vista:  questo è l'altro lato del vallone di Noaschetta e per questa puntata è tutto.
Arrivederci ed a presto con le Storie.

giovedì 15 giugno 2017

Alpe Colli e Lago Quinzeina

Alpe Colli e Lago Quinzeina: Escursione

lunedì 12 giugno 2017

Escursioni non per tutti 10 - La Rossa ed anello dei valloni di Piandemma

Premessa

- " Se riesco vorrei ancora andare a fare un giro dalle parti della Colla! Fine maggio - inizio giugno è il periodo ideale per questi giri! L'anno scorso ero salito al Monte Croass dalle Vernè e poi ero sceso da Piandemma ed era uno spettacolo! "
- "Dai organizziamo, volevo proprio andare lì" 
- "Sarebbe bello partire addirittura dalla Fucina!"
Alla fine siamo riusciti ad organizzare la gita e così, in un'assolata mattinata di giugno, ci siamo ritrovati nel piazzale ex- Casermette a Locana io , Barbara ed Eleonora. L'idea era quella di raggiungere la Rossa lungo la dorsale che  sale dall'alpe Colla per poi fare un anello andando a toccare i valloni del Crot e di Leitosa, cioè i valloni di Piandemma : una bella gita all'invers di Locana!
Naturalmente l'idea di partire dalla Fucina lungo la mulattiera che sale per l'Apiatour la scartiamo immediatamente, dando priorità alla parte alta del percorso, e così ci rechiamo in auto fino a Piandemma.

Il  Muliner, magnifica oasi prativa ...

Da Piandemma alla Croce Faggio

Dal piazzale posto in fondo alla strada asfaltata , dove lasciamo l'auto, imbocchiamo la strada sterrata che porta alla magnifica oasi prativa del  Muliner , senza ombra di dubbio uno dei posti più belli di Locana,   che sarebbe la sede ideale per un agriturismo e dove Barbara ha una baita. 
ma anche eccellente punto panoramico !
Giunti quasi al fondo dei prati, sulla destra sale il sentiero che in breve porta alla Croce Faggio la cui costruzione , come riportato sul sito istituzionale del comune di Locana, che citiamo per esteso " risale agli ultimi anni della guerra 1940-45, per opera di un gruppo di volontari Locanini capeggiati dall’Arciprete Don Giacomo Macario; da allora tempo e sacerdote permettendo, verso il 20 di Agosto viene celebrata la Santa Messa ai piedi della Croce, a ricordo dei caduti in montagna, con discreta partecipazione di pubblico" .
Sul luogo dove venne eretta la croce  " sorgeva solitario un grandissimo faggio ultrasecolare, che da quella posizione, era di riferimento a tutta la Valle di Locana; poi nell’estate del 1942, una tempesta di acqua, grandine e vento sradicò ed abbatté il simbolo tanto amato dalla popolazione, di qui scaturì l’idea della costruzione di una grande croce, denominata appunto La Croce del Faggio o meglio “La Crus ‘dl Fò”.
La Crus dal Fo, sulla dorsale prativa  ormai ampiamente colonizzata da alberi ed arbusti
Non è così  lontano il giorno in cui il bosco "inghiottirà" la Crus 'dl Fo...
Cartina in 3d - scorri verso destra per visualizzazione completa. elaborazione su Igm 1:25.000 ( fonte: Portale Cartografico Nazionale ) 


Dalla Croce Faggio all'alpe Colla

Dalla Croce Faggio il sentiero prosegue in leggera salita verso destra, addentrandosi nel vallone di Blina  , solcato dall'omonimo rio e tributario del torrente Rimolerio, nel quale confluisce nei pressi della borgata  Molera
Lasciati in basso a destra i ruderi ed i pianori di un alpeggio , tosto raggiungiamo i ruderi di un'altro, posto a quota 1577 metri e non nominato sulle carte. La denominazione di questi alpeggi sulle carte mi ha sempre lasciato dei dubbi, che Barbara dissolve: il grande pianoro in basso è Pialamberto, mentre i ruderi a quota 1577 m vengono chiamati Casette. Eh si, perchè Barbara è dei Montigli e suo nonno, ci dice, da ragazzo veniva garzone in questi alpeggi!
I pianori di Pialamberto ( al centro della foto ) ; in primo piano fioritura di botton d'oro ( Trollius europaeus ).
I ruderi di Casette ; sullo sfondo da sx Rocca Maunero e Monte Tovo ( foto d'archivio ) 
Dalle Casette il sentiero prosegue, sempre dentro il vallone di Blina, fino a sbucare sulla panoramica sella ove è posta l'alpe Colla 1890 m, da cui si gode un magnifico panorama a 360° sulle montagne circostanti , in particolare sul gruppo del Gran Paradiso e sulle testate dei valloni di Piantonetto, Valsoera ed Eugio, e che spazia fino alla Quinzeina.
Panorama dall'alpe Colla con l'indicazione delle principali vette ( scorrere verso destra per visualizzazione completa) .
All'alpe Colla, splendido esempio di architettura rurale alpina, è anche presente una spettacolare ed enorme vasca in pietra per l'abbeverata del bestiame.
Uno dei rustici della Colla con la grande vasca
Dal punto di vista geolitologico qui ci troviamo nella "striscia" calcarea della zona Sesia - Lanzo, che attraversa la Valle Orco proprio all'interno del territorio comunale di Locana, caratterizzata dalla presenza di pietre verdi e calcescisti .
Calcescisti all'alpe Colla...al centro il Gran Paradiso
Mentre stiamo rimirando ben bene il panorama, ci arriva la gradita telefonata di Luciano Bertoldo, amministratore del comune di Locana che ormai da ben 3 mandati si occupa con grande passione di turismo e sport, ma soprattutto gran conoscitore dell'invers di Locana ( anche lui ha una casa ai Montigli ) , che avrebbe voluto essere con noi ma per un disguido all'ultimo ha dovuto rinunciare. Lo salutiamo in coro e gli promettiamo che faremo tante belle fotografie (  si spera ) e che prima o poi riusciremo a combinare insieme...
Riprendiamo quindi il cammino e, superata l'alpe Colla superiore, ci spostiamo a sx sul versante vallone del   Crot, non senza aver prima dato uno sguardo d'insieme a questo magnifico complesso di rustici.
Alpe Colla ed alpe Colla superiore.

Dall'alpe Colla alla Rossa

Sul versante vallone del Crot, per tracce di passaggio ed in leggera salita, raggiungiamo l'alpe Cialmere, quindi ci dirigiamo sulla panoramica dorsale  che da questo punto in poi seguiremo fedelmente fino alla cresta spartiacque Orco - Lanzo, toccando prima la q. 2163 m e quindi raggiungendo la cresta alla puntina q. 2290 m
Lo spettacolo delle fioriture di Anemone narcissiflora, genziane , viole e primule , incastonate sul verde intenso dell'erba primaverile, cui fanno da sfondo  l'azzurro del cielo e l'elegante profilo delle montagne ( che oggi sembrano ancor più maestose,   date le condizioni di particolare nitidezza dell'atmosfera) è qualcosa di mozzafiato: benchè sia possibile descriverlo a parole, è difficile trasmetterne ad altri le profonde e personali emozioni che in ciascuno di noi tre ha generato
Le fioriture di Anemone Narcissiflora ( siamo sempre su calcescisti ... ) 
Viole, bianche e viola, genziane, l'azzurro del cielo...

Sullo sfondo è sempre ben visibile alle nostre spalle il gruppo del monte Rosa , ma quello che più ci preme sapere è se la Rossa sia l'elevazione finale della dorsale su cui stiamo salendo o quella  che vediamo appena a destra ( cosa che non è da subito chiaramente visibile  - nessuno di noi infatti è ancora mai stato alla Rossa) . Un rapido consulto della cartina Escursionista e Monti ci conferma che una volta raggiunta la cresta Orco-Lanzo non avremo ancora raggiunto la nostra meta.
Il gruppo del Rosa
L'ampia dorsale prevalentemente erbosa è davvero facile e procediamo con passo spedito...
Una dorsale davvero facile... ( a sx versante Trucchetta, a dx versante Crot ) 
Molto interessante anche il panorama sull'adiacente parte alta del vallone di Trucchetta, i cui alpeggi davvero sono a pochi passi sotto di noi e sembrano piccole isole immerse in un mare di "drose" ( ontano verde, Alnus viridis ).
Il confronto tra i due versanti è fonte di numerose riflessioni naturalistiche ed agronomiche : in primo luogo l'importanza dell'esposizione nel determinare la vegetazione  presente: drose nel versante Trucchetta, esposto a nord-ovest, "ulinna" ( Festuca gr. varia) nel versante Crot, esposto a sud-est ; in secondo luogo lo stato di maggior abbandono in cui versa il vallone di Trucchetta ( di cui il "mare di drose" è la conseguenza più diretta ) rispetto a quello del Crot, dove in estate è presente una numerosa mandria di bovine "all'abbandono" ( vitelli,  manzette, manze ed asciutte ). Anche su questo versante comunque si osserva, specialmente nelle zone più marginali, l'aumento di specie arbustive ( in particolare mirtilli e rododendri )  e la predominanza dell'ulinna, specie molto fibrosa e poco o per nulla appetita dagli animali al pascolo.
Uno sguardo sul vallone di Trucchetta

Raggiunta la cresta sulla puntina q. 2290  , ci fermiamo a pranzare ( perchè si è fatta l'ora ) e ragioniamo sul da farsi: innanzi tutto la Rossa è lì a due passi  e, cosa importante per il nostro viaggio di ritorno, sarà possibile scendere dal colle di Perascritta. Dal luogo di sosta si gode anche di un'ottima visuale sula testata dei valloni del rio Bianetto e della Paglia, nonchè sulla cresta di confine Lanzo - Francia, dall'Uja di Ciamarella fino alle Levanne con il colle Perduto.
La Rossa è lì a due passi... e che spettacolo le cime delle valli di Lanzo!!!

Panorama:  da sx Uja di Ciamarella , punta Marsè, monte Bellavarda ( con davanti l'Uja di Pratofiorito), spartiacque Lanzo\Francia, Levanna Orientale, colle Perduto, Levannetta e Levanne centrale ed occidentale.
Consumato il pranzo lasciamo gli zaini e raggiungiamo in quattro salti la vicina sommità de La Rossa 2313 m , ed anche da qui il panorama non è niente male :
Vista su Lago di Monastero ed alpe di Coassolo 

Zoom da cellulare su Marsè, Bellavarda e Uja di Prafiorito 

Vista sul massiccio del Gran Paradiso 

La prova che siamo arrivati in cima...
Tornati sui nostri passi e recuperati gli zaini sulla puntina quota 2290 m ( sono preciso oggi eh ? Il fatto è che sto usando il gps che mi ha regalato Blin! ) , cominciamo la seconda parte della nostra avventura odierna: la discesa !

Il colle di Perascritta ed il Gias Milone

Il colle di Perascritta 2154 m , così chiamato perchè caratterizzato dalla presenza di un affioramento roccioso ricco di incisioni, è un valico utilizzato dall'uomo da  tempo immemore ed importante via di comunicazione tra Locana e le valli di Lanzo. 
Dal colle per  traccia di sentiero ( non sempre visibilissima ) raggiungiamo la vasta conca umida retrostante le alpi Milone , che oggi si presenta ornata di una splendida fioritura gialla di Caltha palustris... 
Fioritura di Caltha palustris 
Anche le costruzioni che compongono l'alpe Milone non possono che lasciare a bocca aperta, per la raffinatezza e la precisione con cui sono realizzate, che non ha eguali nel territorio del comune di Locana. Qui sono stati all'opera maestri muratori d'eccezione e la cosa è evidente dal perfetto taglio delle lose dei tetti, dalla perfetta squadratura delle pietre murarie e da alcuni accorgimenti tecnici funzionali all'attività zootecnica di montagna. I proprietari di questo fondo erano senza dubbio persone con buone possibilità economiche: un peccato vedere oggi questi magnifici edifici completamente abbandonati: stalle, "cavanna", crottini, locali per la caseificazione, tutto realizzato a regola d'arte ed ancora in buono stato di conservazione. 
Il gias Milone 
La "cavanna", cioè l'abitazione in uso ai margari è ermeticamente chiusa da ogni lato ( cosa ben fatta a giudizio di chi scrive , visto che anche noi volevamo "ficcare il naso" in casa d'altri , ed in giro continuano ad esserci escursionisti "malintenzionati" ).  Come avranno fatto ad uscire ?  
Come giustamente ci fa notare  Barbara, ci sarà probabilmente una losa del tetto che funge da botola
Particolare dell'orditura in legno del tetto della stalla

Il canale di scolo ( perfettamente realizzato in materiale lapideo )  dei liquami della stalla verso il "buser" ( letamaio ) 

La bocchetta di Leitosa e le Alpi Leitosa 

Dal Gias Milone scendiamo lungo il vallone del Crot lungo la traccia di sentiero ( ora segnata con bolli  rossi, ma non sempre così evidente e continua), fino ad una quota di 1800 m circa ove, in corrispondenza di un pianoro, parte il sentiero che conduce alla bocchetta di Leitosa , che mette in comunicazione il vallone del Crot con quello adiacente di Leitosa.  
Vista sul vallone del Crot dalla bocchetta di Leitosa ( foto d'archivio ) 
Il  breve versante che in questo punto ci separa dalla bocchetta di Leitosa è caratterizzato dalla presenza di numerose felci, ontani verdi, sorbo degli uccellatori e da una certa ripidezza. Le felci,  per fortuna, non si sono ancora pienamente sviluppate, coprendo completamente il pendio, ed io dalla bocchetta di Leitosa ci sono già passato due volte ( una volta anche in piena estate, letteralmente "nuotando" nelle felci ), seppur in senso inverso. 
Arrivo alle alpi Leitosa
Nonostante queste favorevoli premesse , non c'è però verso di individuare bene la traccia che sale alla bocchetta e così, verificata preliminarmente la correttezza della nostra posizione tramite gps e cartina, mi affido all'esperienza e scelgo il punto di salita che appare più pulito dalla vegetazione  e , soprattutto, in grado di condurci in cresta senza incontrare altri ostacoli, tipo salti, pareti di roccia etc. 
Effettivamente una traccia la rinvengo, ed inizialmente sembra buona, molto buona , ma poi si rivela per quel che è: una pista di cinghiali. Ad ogni modo per essere una pista di cinghiali è abbastanza comoda e la si può percorrere quasi tutta in posizione eretta e quindi non c'è da lamentarsi...

Vista d'insieme sulle alpi Leitosa

Arrivati in cresta ci accorgiamo subito che è frequentata dalle vacche e dunque, se ci passano loro, possiamo farcela anche noi: e così, seguendo le loro tracce con un breve traverso in piano verso la testata del vallone di Leitosa,  raggiungiamo la vera bocchetta ( da cui effettivamente vediamo partire una traccia in discesa verso il vallone del Crot ) dalla quale, sempre per traccia poco visibile raggiungiamo la splendida zona pascoliva delle alpi Leitosa. 
Alpi Leitosa
Anche qui le singole unità ( stalle, cavanne etc etc ) sono di notevoli dimensioni e realizzate con notevole perizia, a dimostrazione dell'importanza economica  che dovevano avere questi alpeggi ( pare che il toponimo "Leitosa" derivi da "lattoso", cioè che dà tanto latte ! ) , oggi utilizzati soltanto più da capi "all'abbandono" ( e quindi niente latte ) .
Appena sopra di noi si vede il tetto in lamiera dell'alpe Pian Marmotte, posta in un'amena conca sotto punta dell'Aggia. 
L'amena conca dell'Alpe Pian Marmotte ( vista da punta dell'Aggia) - foto d'archivio 

Ritorno a Piandemma

Il tratto del vallone di Leitosa tra le alpi Leitosa e l'alpe Gaschi è un altro di quei punti "delicati" dal punto di vista sentieristico, cioè uno di quei punti nei quali è facile smarrire la traccia, sia in salita che in discesa. Scendendo verso Piandemma si raggiungono dei ruderi posti ad una quota di circa 1600 m , più o meno in corrispondenza dei quali il sentiero svolta a sinistra ad attraversare un piccolo rio per continuare la discesa all'interno di un bosco di larici. 
I due ruderi dove il sentiero svolta ( foto d'archivio ) 

Prudentemente infatti io scelgo di scendere tutto a sinistra lungo i pascoli   per non perdere la deviazione: ma vuoi una certa stanchezza, vuoi la vegetazione molto rigogliosa , lì per lì  non mi ricordo del riferimento dei ruderi ( che pure raggiungiamo ma oggi, a differenza della foto che vedete sopra,  si presentano "semisepolti" nella vegetazione ), nè oso svoltare a sinistra nonostante gps e cartina mi confermino di essere nel punto giusto. Non essendo dunque riuscito ad individuare la deviazione, costringo le mie due compagne d'avventura ad un'adrenalinica discesa diretta nella giungla  per andare sul sicuro ( siccome da lì sono già passato ), al termine della quale arriviamo nei pressi dell'alpe Gaschi.
Alpe Gaschi  ( foto d'archivio ) 
Dall'alpe Gaschi, ora nuovamente su comodo sentiero, scendiamo rapidamente a raggiungere dapprima il bivio vallone di Leitosa \vallone del Crot  per poi attraversare il rio del Crot sulla passerella in legno posta nei pressi dell'alpe Carel.
Passerella in legno nei pressi dell'alpe Carel

Alpe Carel ( foto d'archivio) 

Superate l'alpe Carel , la lapide di Perucca ed un ultimo alpeggio....
La lapide di Perucca ( foto d'archivio ) 

Ultimo alpeggio prima di Piandemma ( foto d'archivio ) 

arriviamo infine a Piandemma a sera ( sono circa le 19,30) , soddisfatti del bel giro ad anello, assolutamente non banale, che abbiamo portato a termine. Una bella esperienza da ripetere, magari l'anno prossimo ( memori dei due piccoli sbagli odierni ) partendo da Fucina o, perchè no, direttamente dal piazzale ex-Casermette, per realizzare un bell'anello integrale!
E' sera a Piandemma

Galleria floristica

La giornata è stata eccezionale anche dal punto di vista delle osservazioni floristiche, documentate nelle foto che seguiranno.
Polygonum alpinum
Majanthemum bifolium
Corthusa mattioli 
Saxifraga oppositifolia
Saxifraga retusa
Primula latifolia
Clematis alpina

Clematis alpina
Pulsatilla alpina
Fioritura di Anemone narcissiflora
Meum athamanticum o finocchio montano
E' questo è tutto gente! Arrivederci ed a presto con le Storie!