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domenica 19 novembre 2017

La scorciatoia per il lago d'Eugio - Escursioni non per tutti 13

Tutte le strade portano all'Eugio...

Tutte le strade portano al lago d'Eugio, lo abbiamo già detto, e  tempo fa le abbiamo anche elencate . Chi scrive  le ha percorse tutte tranne una, e cioè la "scorciatoia". Per chi al lago d'Eugio c'è già stato o vuole andarci, in ragione del consistente sviluppo chilometrico e del dislivello che caratterizza tale escursione, da qualunque parte la si prenda,  parlare di "scorciatoia" potrebbe apparire quantomeno singolare; cionondimeno essa esiste.
Me ne parlava già mio nonno materno, che quando lavorava al piano inclinato dell'Aem ( oggi IREN  ) Rosone - Testa d'Aj - Pozzo,  a volte saliva o scendeva a piedi, poichè amava camminare in montagna: "la strada più veloce per andare al lago d'Eugio è salire "dritto" dal ponte di Ugiet e poi si va in là".
Cartina 3D del giro ad anello ( Elaborazione M. Varda su Igm 1:25.000, fonte: Portale Cartografico Nazionale) 

Le "scurse"

Erano quindi molti anni - nel mio caso diciamo pure una vita - che volevo andare all'Eugio per la strada "più breve". "Ed allora che cosa aspettavi a farlo", voi vi chiederete.  Il fatto è che  queste "scurse" ( scorciatoie in dialetto locale) , cioè sentieri facenti parte della viabilità secondaria che collegava  questo o quell'alpeggio o raggiungeva qualche isolata costruzione minore , utilizzate prevalentemente dalle popolazioni locali per andare a "fare fieno",  per condurre gli ovicaprini al pascolo nelle zone più rocciose ed impervie o semplicemente per spostarsi più velocemente da un luogo ad un altro,  sono state le prime ad essere abbandonate con l'interruzione delle attività agricole e zootecniche tradizionali ;  se a questa caratteristica aggiungiamo il fatto che non si trattava di percorsi comodi e sistemati  come quelli della viabilità principale (  mulattiere e sentieri ) e sovente localizzati in zone molto ripide e dalla morfologia complessa,   possiamo facilmente capire come esse siano diventate oggi di difficile ed insicuro reperimento .
Si tratta, in altre parole, di itinerari per i quali buona conoscenza del territorio e corretto utilizzo di cartina ed altimetro, ancorché essenziali, non garantiscono il successo, potrebbero non bastare, costringendo ad una mesta ritirata gli incauti "esploratori" di turno. 
La "scursa"  su ortofotocarta  ( Elaborazione M. Varda su ortofotocarta 2006 - fonte: portale cartografico nazionale)

Nel nostro caso, oltre alla difficile morfologia del terreno , si aggiunge un ulteriore fattore di difficoltà e cioè la bassa quota ( dai 1150 m della passerella di Ugiet ai 1677 m dell'alpe Fioria ) , con il conseguente più rapido sviluppo della vegetazione arbustiva ed arborea su superfici inutilizzate dagli anni 60 del secolo scorso. La vera "scorciatoia"è infatti quella, poichè storicamente, come anche riportato dalla guida del Cai\Tci, il sentiero principale per il lago d'Eugio passava dall'alpe Fioria e non dai Pis come oggi ( cioè anzichè scendere ad attraversare l'omonimo rio a circa 1432 m di quota, dalla spalla q. 1450 m circa si saliva alla Fioria).
Le pendenze sono messe bene in evidenza dalla carta 3D ( e stiamo parlando di pendenze oltre i 60°...), ma uno sguardo più approfondito sulla "scursa" indicata su ortofotocarta rende ancora meglio l'idea.

E allora, un pezzo alla volta...

Si può essere molto bravi e molto fortunati, ma per non correre il rischio di bruciarsi meglio andare per gradi e mettere assieme i "pezzi", per quanto possibile:  
  • due anni fa  ero sceso dal lago d'Eugio all'Alpe Fioria, senza incontrare grosse difficoltà; 
  • molti anni fa , assieme ad un esperto della zona, ero salito fino al rudere di q. 1535 per andare in zona Arzola  ma, essendo passato troppo tempo, non ricordavo più bene tutto il percorso e così l'anno scorso ho provato per ben due volte a trovare il rudere a fine estate, ma senza riuscirci ( a proposito di itinerari di incerta riuscita).
Mi mancava dunque il pezzo rudere q.1535 - alpe Fioria e per riuscire a "portarlo a casa" avevo evidentemente bisogno di rinforzi: e chi meglio dei gullliveriani Francoc59 e Blin1950 , ultimi  "salitori" certi al  rudere ( passando dal quale avevano raggiunto il monte Arzola ) nonché  compagni di molte escursioni mai banali , per partecipare ai mondiali del ravanamento? Convocati subito! 

Ringraziate l'Eugio...

E così il 16 novembre 2017 decidiamo di provare la "scorciatoia"; il menù della giornata prevede poi, in caso di successo, di scendere dall'acquedotto\roggia "dla Pessa" , tanto per andare più "tranquilli" in discesa .
Camoscio "in presidio" davanti ad un "castlet" 
Dalla frazione "Cusalma" di Locana partiamo dunque lungo la mulattiera che risale il vallone dell'Eugio, che inizialmente si presenta stretto e profondamente inforrato; in questo tratto osserviamo di fronte a noi,  sul roccioso ed impervio versante sx idrografico , i danni causati dal recente incendio, il quale ha completamente bruciato la vegetazione erbacea ed arbustiva, riducendo in polvere anche i pochi cm di suolo presenti sulle strette ed esposte cenge che lo costituiscono.
Le fiamme sono giunte fino al bordo dello stretto alveo occupato dal rio Eugio, che in questo caso ha funzionato come tagliafuoco, fermando naturalmente l'incendio ed evitando che le fiamme si propagassero sul versante dx idrografico, dal quale avrebbero potuto proseguire andando a minacciare le frazioni di Cussalma, Casetti, Rosone etc e forse perfino il comune di Noasca!
Fondamentale in quei giorni difficili è stato anche il rilascio di maggiori portate dall'invaso Iren del lago d'Eugio: ringraziate quindi l'Eugio (ed anche un pò i miei colleghi che lo sorvegliano...).
Fino alla passerella di Ugiet è una passeggiata; lungo il percorso alcuni camosci presidiano la zona dei famosi "ciciu", localmente denominati "Castlet".
Camosci..

 Comincia la salita...

Oltrepassata la passerella in legno di Ugiet, comincia la salita! Non che prima si sia camminato in piano, visto che abbiamo già percorso più o meno 550 m di dislivello , ma da questo momento in poi il percorso si fa ripidissimo e praticamente senza sentiero.
Un'esile e discontinua traccia tra i faggi conduce ad imboccare un ripido e stretto canalone boscoso, fino ad una quota di 1400 m circa, raggiunta la quale occorre attraversare il piccolo rio che lo percorre per cominciare a salire sull'altro versante.  
Comincia la battaglia
E qui comincia la battaglia : i faggi lasciano il posto ad un'inestricabile boscaglia di noccioli ;  la traccia diventa praticamente inesistente, solo a tratti ancora individuabile in mezzo alla fitta boscaglia) ; il terreno sempre più ripido e roccioso, tutto un alternarsi tra cenge e ripide pareti di roccia di varia altezza.
Ogni tanto si riesce a guardarsi attorno...
Il percorso poi non è affatto lineare, anzi pare un arzigogolato zig-zag , con svolte strette e ripide. Ogni tanto un'interruzione della boscaglia consente di guardarsi attorno, ed ecco che Franco e Blin individuano un passaggio chiave : una stretta cengia incassata tra due alte pareti di roccia.
Franco e Blin nel passaggio chiave
Io nel frattempo ho tirato fuori l'arma di più piccolo calibro a mia disposizione, cioè le forbici potatrici, ed ogni tanto dò un taglio a qualche ramo di  nocciolo particolarmente fastidioso, un pò per non graffiarmi, un pò per lasciare un segno del nostro passaggio, che non si sa mai: se dovessimo tornare sui nostri passi qualche indicazione potrebbe essere utile per orientarsi tra tutti quei salti!


Le vestigia del sentiero sono rinvenibili solo a tratti in mezzo alla folta vegetazione

Verso il rudere di quota 1535

A furia di salire, siamo ormai arrivati alla quota del rudere, posto al crocevia tra il sentiero per l'alpe  Fioria e quello che andava a raggiungere gli alpeggi posti sulla dorsale del monte Arzola  , la cui esile traccia individuiamo  subito.
Ci spostiamo dunque lungo la traccia in direzione Fioria e siamo abbastanza sicuri di essere sul giusto percorso, ma non riusciamo ad individuare il rudere, la qual cosa ci fa venire qualche dubbio.
Decidiamo così di sforzarci per individuarlo, sia per fugare ogni dubbio sul percorso, sia come sfida personale.
Giunti presso un masso posto in posizione panoramica, lo "scaliamo" per guardarci intorno, ma il rebus non è di facile soluzione. In ogni caso è sempre interessante osservare luoghi conosciuti da un punto di vista inedito...
Masso in posizione panoramica
E' sempre interessante osservare luoghi conosciuti da un altro punto di vista...


A mali estremi, estremi rimedi:Franco carica la vecchia traccia gps di quando lui e Giuseppe erano andati all'Arzola da questa parte,secondo la quale  il rudere è praticamente sotto di noi; io vedo in basso 4 cinghiali che attraversano senza esitazione la zona rocciosa immediatamente sottostante  e penso che magari il passaggio  sia lì. A proposito , voi sareste in grado di riconoscere uno dei quattro cinghiali nella foto che segue ? Non è facile distinguerlo, ma c'è !
Sapreste individuare il cinghiale? 




Allora decidiamo di tornare parzialmente sui nostri passi , ma  quando ci rendiamo conto che il percorso è quello giusto e che neanche con il gps riusciamo a trovare quel benedetto rudere, pensiamo che sia meglio non sprecare ulteriori energie e riprendiamo la salita: il terreno è sempre ostico, tutto un saliscendi, sempre traversando in mezzo alla boscaglia.
Una natura ribelle,  inarrestabile nella sua libera evoluzione , è stata in grado di sconfiggere la più moderna tecnologia e  l'umano desiderio di avere sempre tutto sotto controllo . Cose da vallone dell'Eugio.
Il terreno è sempre ostico
E gli abitanti del luogo ci guardano un pò straniti, rigorosamente dall'alto...
Qualcuno ci osserva..
 Io allora decido di riporre le forbici potatrici e di tirare fuori l'arma di medio calibro,  la roncola , ma qui per rendere agibile un sia pur minimo passaggio bisognerebbe venire su apposta a pulire.

Qui bisognerebbe venire su apposta...
Comunque sia ad un certo punto la boscaglia finisce, e con un ultimo traverso su pietraia raggiungiamo le pertinenze dell'alpe Fioria. Ma la battaglia è durata un'ora e mezza!
Finalmente fuori dalla boscaglia... panorama verso Colmetta, alpe Colla e punta di Praghetta

Dall'alpe Fioria al lago d'Eugio

L'alpe Fioria doveva certamente sfoggiare, come ci dice il toponimo, delle magnifiche fioriture ai tempi in cui veniva ancora utilizzata , ed i suoi pascoli avevano certamente un'estensione di tutto rispetto, come si può intuire osservando i suoi ruderi e la zona circostante.  
Resti dell'alpe Fioria
Osservando attentamente ciò che resta delle antiche strutture, si individua ancora distintamente la "cavanna", di pianta quadrata, le cui mura perimetrali emergono alle spalle di quelle che dovevano essere due stalle, una più grande per i bovini ed una più piccola per gli ovicaprini. Leggermente spostati a sinistra, ecco i resti di quello che presumibilmente avrebbe dovuto essere il locale di caseificazione , al quale probabilmente era annesso il crutin. Niente da fare, toccherà tornare su con le giornate più  lunghe, magari in primavera, per documentare il tutto e vedere finalmente la "fioritura della Fioria".
Da qui in poi si può salire a vista, in caso di buone condizioni di visibilità; in ogni caso un'esile e discontinua traccia ( forse di camosci - una vera e propria traccia non l'abbiamo trovata)  parte a monte della cavanna e  conduce in breve ai piedi dello sbarramento dell'Eugio.
Diga d'Eugio vista salendo dalla Fioria. In centro da sx le punte Virginea ed il Moncimour
Ai piedi della diga maggiore
Giusto il tempo di un saluto ai colleghi guardiani di turno ed ecco che immediatamente ripartiamo, perchè le giornate sono corte e noi abbiamo scelto di scendere non proprio dal sentiero...
Salutiamo il lago d'Eugio


La roggia\acquedotto dla Pessa 

Superato lo sbarramento, proseguiamo lungo la pista carrozzabile dell'Iren fino al trivio, ove imbocchiamo il sentiero che scende verso Roncore e Cussalma passando dall'alpe i Pis, raggiunta la quale lo abbandoniamo per cominciare a percorrere la roggia\acquedotto della Pessa ( sotto il canale dovrebbe correre una tubazione) . 
Un leggero strato di inversione termica

Seguendone il regolare percorso, a volte percorrendola direttamente, a volte costretti ad alzarci od abbassarci a causa della fitta vegetazione,  arriviamo nei pressi dell'alpe Cudrai, che con un pò di fortuna riusciamo ad individuare al primo colpo poco sotto di noi; dal Cudrai ci abbassiamo leggermente traversando in direzione Locana , fino ad intercettare nuovamente la roggia.  
Laddove la vegetazione consente una vista più ampia, ecco che possiamo apprezzare il leggero strato di inversione termica che oggi investe la valle Orco , posto ad occhio e croce intorno ai 1000 m di quota.
Cà dl'eva
Dopo un primo tratto "cinghialoso",  uno sotto copertura di faggi ed un ultimo tratto nuovamente "imboscato", ecco che raggiungiamo la "Cà dl'eva" , ospitante una vasca dell'acquedotto , posta nelle immediate vicinanze della località "Pezza dal Bros" ( Pezza dei Perucca, denominata "Pezza" sulle cartine) , sita all'interno di un bosco di abeti rossi, le "pesse" appunto.

Finalmente nei pressi dla Pessa

Dalla Pezza a Cussalma

Dalla Pezza in poi non ci resta che seguire  fedelmente la boscosa dorsale spartiacque Eugio\Orco , in buona parte lungo  la vecchia mulattiera che la percorre fin nei pressi della frazione Pianfè, dove, in corrispondenza di una cappella diroccata, comincia a scendere verso la frazione Balmetta.  Ogni tanto emerge dal terreno la tubazione che portava l'acqua, oltre che a Pianfè, anche alle vicine borgate Suc e Cappella. Ora il percorso è piacevole e rilassante, poichè questa mulattiera è stata pulita e ripristinata circa tre anni fa.
La cappella diroccata
Giunti  nei pressi della cappella rosa  di "Cicola"  ( della quale avevamo parlato qui ) , non possiamo esimerci dal dare un'occhiata al panorama che si apre sulla valle Orco. Siamo ormai nel primo pomeriggio, ed il sole che ancora ci "bacia" ha già abbandonato il fondovalle ( l'inverno è alle porte), mentre il leggero strato di inversione termica si è ormai quasi completamente dissolto.
Panorama verso la testata della valle Orco - è ancora presente un pò di inversione
Raggiunta Balmetta, riprendiamo il sentiero percorso al mattino ed in breve  ci ritroviamo dinanzi alla zona colpita dal recente incendio boschivo: ripensando alla natura prepotentemente vittoriosa osservata percorrendo "la scursa", è stridente il contrasto con la natura bruciata,  domata, la cui libera evoluzione è stata arrestata, seppur temporaneamente, dalla stupidità e dall'imperizia dell'uomo, il cui desolante spettacolo è davanti ai nostri occhi in questo punto.

Un incendio boschivo è un fenomeno complesso...

Alcuni ungulati selvatici si aggirano sconsolati tra la cenere: quest'inverno saranno costretti ad abbandonare le loro "case" ed a trasferirsi altrove per sopravvivere, dato che le fiamme non hanno lasciato loro nulla da mangiare. Quando potranno tornare ? La prossima primavera? Forse.
Superficie colpita dal recente incendio boschivo ( foto d'archivio) 
Un incendio boschivo  infatti non distrugge unicamente la vegetazione erbacea ed arbustiva, non danneggia soltanto fusti e radici delle specie arboreee, non si limita a bruciare la lettiera :  distrugge e destruttura anche i primi centimetri di suolo, che sono  la parte più ricca in nutrienti e sostanza organica, ricca di humus;  uccide gran parte della pedofauna, cioè quella la cui vita è legata al suolo , in particolar modo la microfauna , per lo più incapace di effettuare grandi e veloci spostamenti ( p.es. insetti, anellidi, gasteropodi), compromettendo la funzionalità delle catene alimentari. 
Suoli superficiali ridotti in cenere
Dove poi il suolo era superficiale, profondo soltanto alcuni centimetri, esso è stato completamente spazzato via, riportando alla luce la nuda roccia, oppure è rimasto come un sottile strato di cenere, suscettibile di essere dilavato alla prima precipitazione piovosa di una certa rilevanza.
E tutto questo di cui abbiamo parlato, cioè  la struttura del suolo , la presenza della pedofauna, le catene alimentari non si reintegreranno in una sola primavera. Quanto tempo sarà necessario ? Quanti anni c'erano voluti per formare quei pochi centimetri di suolo nei siti tornati alla nuda roccia ? 300 ? 400 ?  
Soltanto nelle zone non boscate  ( p.es. i pascoli attraversati dal fuoco) , dove la potenza e la durata dell'incendio sono minori,  i danni saranno più contenuti. 
Non è un caso infatti che la legge n°353/2000 (art. 10 comma 1)  in materia di incendi boschivi vieti esplicitamente nelle superfici boscate colpite da incendio la caccia ed il pascolo per i successivi 10 anni .

Ritorno a Cussalma

Da Balmetta riprendiamo il sentiero fatto al mattino ed in breve facciamo ritorno a Cussalma, soddisfatti per la buona riuscita di un'escursione che avevamo in mente da tempo ma che non siamo certi di ripetere in futuro, anche se, come sottolinea Franco, "questa è una gita da segnare negli annali".  Un'escursione "non per tutti" ma che, sia bandita ogni presunzione dal mio scrivere, vi sconsiglio caldamente dal cercare di intraprendere, salvo improbabili interventi di pulizia a beneficio della "scorciatoia". 
Arrivederci ed a presto con le Storie!