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venerdì 23 febbraio 2018

Lago d'Eugio con le ciaspole ( Escursioni non per tutti n°15)

Premessa

L'inverno 2017-2018 è stato sin qui mite e ricco di precipitazioni nevose  , ragion per cui in quota il manto nevoso è piuttosto consistente:  al momento in cui scriviamo sono presenti circa 205 cm di neve al suolo al lago Agnel , in alta valle Orco ( come risulta dai dati meteorologici forniti in tempo reale dall'Arpa Piemonte  ) . 
Nei pressi del lago d'Eugio è  proprio il caso di farsi una fotografia 
Il  vallone dell'Eugio , dal punto di vista delle escursioni con racchette da neve e dello scialpinismo, si presenta come una zona poco praticabile:  per accedervi si è costretti a partire a bassa quota, dall'imbocco del vallone , essendo le altre vie di accesso estive più comuni  ( Arzola, Colla ) molto pericolose ; la parte alta del vallone poi, stretta e contornata da un susseguirsi di ripidi versanti e canaloni, appare decisamente proibitiva.
L'unica opzione possibile rimane dunque quella di raggiungere il lago d'Eugio dal fondovalle , possibilmente a ridosso di una nevicata che abbia raggiunto anche le quote più basse con  quantità di neve e temperature adatte , oppure quella di rassegnarsi a portare sci e\o ciaspole a spalle per almeno metà del percorso ( se non di più). 
Sfortunatamente anche il sentiero estivo "normale" , con partenza dalle frazioni di Locana Roncore o da Cussalma , è  sconsigliabile in presenza di neve: a ridosso di una nevicata si sarebbe infatti costretti a passare in corrispondenza di numerosi e ripidi canaloni nella parte intermedia del percorso ed ad affrontare il  ripido pendio che dall'alpe Pis porta alla pista carrozzabile ; a congrua distanza da una nevicata, data la bassa quota e la prevalente esposizione sud e sud-est di buona parte del percorso, la prospettiva sarebbe quella di una massacrante salita su neve bagnata e sfondosa.
Vista della zona in cui arriva il Gta dall'Arzola: la foto si commenta da sola...
La scelta migliore rimane dunque quella di percorrere integralmente la dorsale spartiacque Orco-Eugio sino al pozzo piezometrico , per poi raggiungere  la diga  lungo la pista carrozzabile ( facendo però sempre attenzione al bollettino valanghe ed informandosi sulla situazione locale, visto che tale pista attraversa diverse valanghe) . Ed è la scelta che abbiamo fatto noi...


Da Cussalma alla Pezza dal Bros 

Cartografia affiancata scala 1:10.000 - parte bassa ( fonte: Portale Cartografico Nazionale) 
Rampichino alpestre 
Essendo notevole la distanza tra l'ultima nevicata e la data della nostra escursione, sapevamo bene di dover portare a lungo a spalle le nostre ciaspole, sicuramente fino alla Pezza dal Bros ( "Pezza" sulla carta Mu Valle Soana 1:20.000) . Questo primo tratto, a dispetto del trasporto racchette da neve , rimane comunque il più facile e meno faticoso della giornata, ragion per cui lo affrontiamo con la giusta calma, chiacchierando intensamente per favorire l'ossigenazione del corpo. 
Ho già ampiamente descritto questa parte del percorso qui  ; arrivati alla Pezza dal Bros ci soffermiamo ad osservarne gli edifici ed a salutare un socievole rampichino alpestre ( Certhia familiaris ) , alla ricerca di ragni ed insetti sul tronco di un albero . 
Albero di Natale dimenticato
All'interno di un rustico con il tetto completamente crollato sembra quasi che i proprietari, prima di abbandonarlo, abbiano deciso di piantarvi  un albero di Natale .
Il tubo dell'acquedotto
Memore delle peripezie affrontate l'anno precedente lungo il medesimo percorso , quando a monte delle case avevo proseguito direttamente lungo la dorsale trasformandomi in cinghiale ,  con tanto d'incontro ravvicinato con due grossi esemplari nel fitto della boscaglia ( forse volevano salutare un loro simile) ,  oggi cerco un passaggio più agevole, anche se non ci spero troppo. Per fortuna si tratta di un tratto breve! 
Superato il nucleo di case ,  situato all'interno di un magnifico bosco di abeti rossi ( "Pesse" in piemontese - da qui il toponimo  "Pezza") , proseguiamo per un breve tratto lungo il sentiero in direzione dell'alpe I Pis ( presenti dei segni rossi ) , grosso modo coincidente con il percorso della roggia\acquedotto che serviva le borgate della zona. 
Dell'acquedotto è ancora sovente visibile il tubo; nelle vicinanze sentiamo un rumore di acqua che scorre: guardando più attentamente scopriamo che almeno fino a qui un pò  ancora ne arriva , tramite una perdita .

Dalla Pezza al Pozzo

Cartografia affiancata  scala 1:10.000 - parte alta ( fonte: Portale Cartografico Nazionale) 

Arrivati in corrispondenza di una zona caratterizzata dalla presenza di un bosco più rado e di alcuni terrazzamenti , abbandoniamo il sentiero per I Pis e cominciamo a risalire direttamente il pendio, coperto da una fitta boscaglia di noccioli.
Il percorso si dimostra più agevole del previsto, con un tracciato a svolte strette e ripide  abbastanza evidente, che non costringe a camminare chini  strisciando tra gli arbusti , limitando il "ballo del cinghiale" entro una soglia tollerabile, tant'è che non sarà necessario estrarre dallo zaino l'arma, cioè la roncola : per facilitare il percorso delle mie compagne d'avventura sarà più che sufficiente rompere qua e là dei rami secchi. Ancora una volta si dimostra azzeccato il motto del ravanatore: "nel dubbio, rimani nel bello", motto chiaramente da non prendere alla lettera ma da utilizzare "cum grano salis".
Ciò che resta delle vecchie superfici prato\pascolive ( foto d'archivio) 


Ci troviamo  su ciò che resta di un sentiero che in passato doveva essere  molto ben marcato e che, a giudicare dalla cartina, dovrebbe essere quello che conduceva alle alpi Montagnè . Superata la zona dei noccioli, ci ritroviamo all'interno di un boscaglia più rada,  dove la progressione diventa più agevole e sono ben visibili le vestigia delle superfici prato\pascolive che un tempo occupavano gran parte della dorsale Orco \Eugio.
Ruderi di una costruzione
Qui vicino si trovano anche i ruderi di una costruzione, che oggi non rintracciamo ( nè possiamo perdere tempo a farlo visto che l'escursione è lunga ) , ma della quale posto comunque una foto d'archivio: nel caso la incontraste, avrete la conferma di essere "nel giusto".
Da questo punto in poi non rinveniamo più un sentiero vero e proprio: anche sulla cartina Igm quello per le alpi   Montagnè svolta a destra, mentre noi continuiamo lungo la dorsale,  che mano mano si fa più ripida e rocciosa,  raggiungendo in breve i ruderi di un'altra costruzione ricavata accanto ad un grande masso .
  
Ruderi della costruzione accanto al grande masso /1 


Ruderi della costruzione accanto al grande masso ( che lose ! ) \2

La costruzione appare divisa in due scomparti, con in fondo a destra quello che potrebbe essere un piccolo ripostiglio ; a giudicare dall'altezza dell'entrata,  sembrerebbe una piccola  stalla utilizzata  sia per il ricovero di capre e\o pecore  ( a sx  ) che del pastore ( vano  con " ripostiglio"): di certo non saranno state più di 4 o 5 capre, massimo una decina nel caso fosse stata totalmente impiegate per gli ovicaprini.
Arrivati in vista del piano inclinato che sale dalla centrale di Rosone dell'Iren  e  poi della pista che dall'arrivo del piano inclinato conduce alla diga d'Eugio,  non ci resta che salire a vista in direzione di quest'ultima. 
Stazione di arrivo del piano inclinato Rosone- Testa d'Aj - Pozzo ( foto d'archivio) 
Lungo tutto il percorso dalla Pezza in poi abbiamo trovato qua e là zone innevate ma, eccezion fatta per alcuni punti all'ombra nei pressi della borgata al mattino, le temperature miti e la scarsa consistenza del manto nevoso non hanno reso necessario l'utilizzo di ciaspole o ramponi: d'altronde qui siamo in piena esposizione sud - sud est. Comunque in caso di temperature rigide e scarso innevamento avere dietro dei ramponi potrebbe tornare molto utile in  caso vi fossero tratti ghiacciati e\o con neve dura.

Il pozzo piezometrico 

Il pozzo piezometrico e la casa di guardia del pozzo

Dall'enciclopedia Treccani: " opera idraulica che si inserisce lungo le condotte in pressione per smorzare gli effetti dei colpi d'ariete (...) negli impianti idroelettrici ad alta caduta il pozzo piezometrico è posto tra la galleria di derivazione  e condotta forzata, ed è costituito da una condotta verticale con sbocco all'aria libera; il suo scopo è quello di diminuire le sovrapressioni dovute ai colpi d'ariete nella condotta forzata  e pressoché di annullarle nella galleria di derivazione ".
A questa condotta forzata afferiscono non soltanto le acque provenienti dal serbatoio dell'Eugio (  1900 m.s.l.m , 4,95 milioni di mc)  ma anche quelle del serbatoio di Telessio ( 1917 m.s.l.m , 23 milioni di mc ) : l'impianto Telessio - Eugio - Rosone sfrutta un salto di 1217 m ; nella centrale di Rosone sono installati due gruppi da 41,2 MW di potenza ciascuno, con capacità produttiva di circa 200 GWH / anno ( http://www.irenenergia.it/ChiSiamo/Attivita/EnergiaElettrica/ImpIdroelettrici.html ) .
Presso il pozzo vi è anche la casa di guardia: un tempo dei guardiani erano presenti in pianta stabile anche qui, così come presso la stazione intermedia del piano inclinato a Testa d'Aj.

Dal pozzo al lago

Arrivati sulla pista che conduce alla diga, ecco che la quantità di neve presente aumenta repentinamente e "finalmente" calziamo le ciaspole: ora non ci resta che percorrerla fino al lago, godendoci il panorama ed il paesaggio. Ho messo "finalmente" tra virgolette poichè nelle condizioni da noi incontrate la cosa migliore era riuscire ad arrivare sin qui senza dover utilizzare le racchette da neve.

Lungo la pista: vista verso la dorsale Carello-Cialma ( in secondo piano a dx)  e la spartiacque Orco -Lanzo, dal monte Cimero ed Uja di Corio ( a sx ) fino alla Rocca Maunero ( a dx )
Lungo la pista: uno sguardo verso il basso vallone dell'Eugio nei pressi del "trivio"
Camosci nel vallone




Curiosità: tutti i mezzi pesanti necessari alla costruzione della diga dell'Eugio - camion, escavatori etc - vennero trasportati smontati lungo il piano inclinato e poi riassemblati in loco, sfruttando la pista carrozzabile per raggiungere il luogo dei lavori. 


Camoscio a Colmetta




La pista carrozzabile,  sostanzialmente pianeggiante o quasi , raggiunge  il serbatoio dell'Eugio in leggera salita ;  il suo impatto paesaggistico è tutto sommato modesto, come potrete intuire osservando le ortofotocarte, risultando sostanzialmente "camuffata" all'interno dei ripidi pendii attraversati.    Oggi, con varie motivazioni, si costruiscono piste paesaggisticamente  molto impattanti e costose ( con altrettanto ingenti costi di manutenzione periodici ) , magari al servizio di impianti idroelettrici con modesta pendenza installata ( mini e micro idroelettrico) .
Alpe Eugio sotto la neve
Alcuni galli forcelli maschi "volano" al nostro passaggio ed a più riprese possiamo sentirne il canto;  sopra di noi , in direzione di Colmetta , e più in basso  nel vallone possiamo osservare gruppi di camosci.
Arrivo al lago ( vista verso la parte alta del vallone ) 



La casa di guardia del lago d'Eugio
Man mano che ci avviciniamo al lago ( in presenza di neve ci vuole almeno mezz'ora di cammino dal pozzo per raggiungerlo) la quantità di neve aumenta; il lago è bianco, coperto di neve: uno spettacolo da vedere! 


Arrivano le nuvole...

Consumato un veloce panino, facciamo dietrofront, proprio mentre le nuvole che al nostro arrivo insistevano ancora sul Moncimour hanno ormai raggiunto la conca occupata dal lago. 
Al ritorno: vista verso l'alpe Montagnè di sopra (riuscite a vederla in mezzo ai larici ? ) 
Il percorso di ritorno lungo la pista, complice la pista battuta al mattino e l'abbassamento delle temperature, si rivela molto meno faticoso rispetto all'andata, ma altrettanto suggestivo: ora infatti  nevischia, con il verde intenso degli abeti rossi a fare da sfondo.
Mentre ci avviciniamo alla fine della pista, non possiamo fare a meno di dare uno sguardo alla dorsale percorsa in salita: abbiamo camminato per un bel pezzo! 
Uno sguardo verso la dorsale di salita
Abbandonata la pista, riprendiamo il percorso fatto al mattino, che riusciamo a seguire abbastanza fedelmente ,  raggiungendo senza troppi intoppi la Pezza, sotto una fine nevicata. 
Nevica nel bosco\ effetti dello scirocco

Anche qui i venti di scirocco hanno causato qualche trauma ai boschi! Visto che la debole nevicata sta rendendo molto fiabesco il paesaggio, decidiamo di fare una breve variante in discesa, a raggiungere la chiesa del Fuet, della quale abbiamo già parlato diffusamente qui , passando per la borgata Ceresa . La vecchia mulattiera c'è e si vede, ma non sempre è percorribile. 
Chiesa di San Bernardo, San Domenico e Madonna del Carmine al Fuet 
Anche la spianata su cui sorge la chiesa comincia ad avere qualche problema nei muri di sostegno.
Dal Fuet lungo il sentiero recentemente segnato e ripulito facciamo ritorno a Cussalma, quando ormai è diventata notte ( le giornate sono ancora corte ).


Arrivando a Cussalma, vista verso la centrale di Rosone ( da smartphone) 

Conclusioni

Il lago d'Eugio con la neve è bellissimo , uno spettacolo da vedere , ma non è  per tutti, come ampiamente spiegato in premessa, ragion per cui sconsiglio fortemente a chiunque di intraprendere questo itinerario senza l'ausilio di una persona esperta del luogo , eccezion fatta per  i "cani da sentiero" e gli escursionisti in grado di trasformarsi  in cinghiali ( due figure spesso coincidenti) , i quali  forse riuscirebbero a cavarsela senza troppi graffi e fatica. 
Non ci credete ? Allora provate! Arrivederci ad a presto con le Storie! 

giovedì 15 febbraio 2018

Ciaspolate alternative 5 - Monte Arzola da Cussalma

Premessa

Il versante del monte Arzola che dà sulla valle di Locana è  una delle mie mete invernali e primaverili preferite: molto panoramica, in piena esposizione sud, costellata da numerosi alpeggi ( oggi praticamente abbandonati) e ricca di fauna selvatica da osservare, consente di attraversare una molteplicità di ambienti naturali.
Date le scarse precipitazioni nevose degli ultimi anni e l'esposizione favorevole, non c'era neanche bisogno di usare le ciaspole, a patto di fermarsi al rifugio Blessent. Quest'anno però l'inverno è stato  particolarmente nevoso , ed è proprio a seguito di una debole nevicata che decido di prendere le ciaspole e puntare alla vetta!

Nel bosco ...

Il primo tratto dell'escursione si svolge nel bosco, con ciaspole a spalle: da Cussalma 650 m  si prende il sentiero per il vallone dell'Eugio fino alla passerella quota 741 m, dove lo si attraversa. Immediatamente sotto la passerella una traccia orizzontale porta a raggiungere la mulattiera che dalla frazione Roncore sale alla frazione Trucca 913 m  ,  dal cui cocuzzolo erboso si gode di un'ottimo panorama. 
Il bosco di castagni spolverato di neve
In questo primo tratto sono i castagni a farla da padrone; i rami degli alberi, "spolverati" dalla neve caduta nelle ore precedenti, tra quali  si insinua il sole del mattino, danno vita ad un gioco di luci ed ombre che sembra rianimare le spoglie fronde del bosco invernale.
Dalla Trucca si prosegue lungo la pista sterrata ; arrivati al fondo della pista occorre proseguire sulla strada asfaltata fino alla borgata Costa, dietro le cui case si intercetta la mulattiera che sale alla dorsale dell'Arzola. 
Appena sotto Scialva, indicazioni per il Fo
Lasciata a sinistra la frazione Barelli, la mulattiera, segnalata con bolli rossi,  prosegue ripida nel bosco , ora misto di rovere e castagni , fino a raggiungere i ruderi di Scialva  , appena prima dei quali una freccia rossa indica la giusta direzione da prendere, cioè verso il  "Fo".

 I ruderi di Scialva
La quantità di neve al suolo comincia ad aumentare, ma non ancora in misura tale da giustificare l'utilizzo delle racchette da neve; i castagni lasciano ora il posto ai faggi e,  nei dintorni della borgata,  ad estesi noccioleti  che hanno colonizzato i terrazzamenti, prati e coltivi. 
Nel bosco di faggi 
Nel bel bosco di faggi il  sentiero continua a salire in maniera sostenuta , praticamente costeggiando l'aspra dorsale che divide dalla gola de rio Fo, fino a raggiungere un primo colletto con vista sul vallone dell'Eugio a quota 1360 m circa . Se aguzzate la vista ( e l'ingegno) , da qui potrete osservare il casotto Pngp della Colla, che si trova proprio nella nostra direzione.
Dal colletto q. 1360 il sentiero prosegue, lasciando in basso a destra le costruzioni dell' alpe Forcetta (  provate ad individuarle )  , fino a raggiungere un secondo colletto posto a q.1469 ca, nei pressi del quale si trovano le costruzioni dell'alpe Bassetta . Ora la neve è presente in quantità tale da rendere necessarie le ciaspole ,ed una breve digressione verso l'alpe Bassetta è assolutamente indispensabile.
Alpe Forcetta

L'alpe Bassetta

Si tratta di un alpeggio costituito da due unità molto caratteristiche ed abbastanza ben conservate:  un "crutin" ed  una stalla con abitazione  al primo piano. A dire il vero rimane qualche incertezza sull'esattezza del toponimo: potrebbe anche chiamarsi Forcetta, vista la vicinanza con tale alpeggio , oppure Fo  , come altri quattro alpeggi che si trovano immediatamente a monte. 
 
La stalla della Bassetta, accanto ad un grande faggio
"Bassetta" a Cussalma viene  chiamata la "montagna" che chiude a destra l'ultimo tratto del vallone dell'Eugio , montagna tra virgolette perchè è così che appare vista da quella angolazione ,  la cui sommità è identificabile grosso modo con il Bric di Scialva, spuntone roccioso sul quale sono state aperte alcune vie di arrampicata. Ho sempre associato il nome "Bassetta" al suo profilo arrotondato, in contrapposizione alla "Trsenda", l'altra "montagna" che chiude a sinistra il vallone dell'Eugio, che appare viceversa con un profilo più aguzzo
...posta praticamente sulla sommità della dorsale sx idrografica della gola del rio Fo
L'alpeggio a cui ci riferiamo si trova invece più a monte , praticamente sulla sommità della dorsale sx idrografica della gola del rio Fo ma trattandosi comunque  di due posizioni sommitali e vicine,  quantomeno in linea d'aria l'identificazione con un medesimo toponimo ci può stare. 
Oggi comunque il quadro della stalla della Bassetta nel bosco innevato è degno di una fiaba dei fratelli Grimm.

Tornato sui miei passi, cioè al colletto q.1469 ca, riprendo la salita verso il monte Arzola. Nel frattempo il paesaggio "vegetale" è di nuovo cambiato, con i faggi che lasciano il posto , laddove un tempo erano i pascoli della Bassetta ,ad un giovane bosco di betulle, sorbo degli uccellatori, sambuco montano e nocciolo, mentre lungo il percorso principale sono le betulle a farla da padrone.
Vista verso il vallone dell'Eugio dai pressi del Bric del Fo
In  questo tratto del percorso la traccia è molto poco visibile, figuriamoci con la neve (  per venire da queste parti con le ciaspole meglio essere un pò pratici ) , ma prosegue più o meno lungo una dorsale,  delimitata a destra da un susseguirsi di strapiombi e pendii ripidissimi in direzione Locana ( attenzione a non stare troppo sul ciglio).

La dorsale che da su Locana



...e fuori dal bosco

Alpi Fo di sopra 
Finite le betulle, ecco che si sbuca fuori dal bosco nei pressi del Bric del Fo , modesta elevazione sulla destra caratterizzata dalla presenza di un palo in legno. Alla nostra sinistra, dall'altra parte del rio omonimo, ecco il complesso gli alpeggi del Fo Sut  ( Pian del Prete sulla carta Mu 1:20.000) , del Fo e del Fo di sopra. Da questo punto in poi basta continuare a vista lungo la "grande muraglia"  ( ne abbiamo parlato diffusamente qui   ) , per poi puntare all'alpe Croce e da questa allo spartiacque Orco-Ribordone e godersi il panorama, in continua evoluzione ed estensione man mano che si sale, ed osservare la numerosa fauna selvatica presente. 
Lungo la grande muraglia, poi in direzione dell'alpe Croce ( a sinistra) 

Sotto la neve, emergono i resti del rudere q.1690 ( carta MU) , mentre più in alto compaiono  la lunga stalla dell'alpe Dreja e si affaccia l'alpe Force.
I resti del rudere q. 1690 ; in alto sulla sx Dreja e Force
Arrivati più o meno in direzione dell'alpe Croce, si abbandona la dorsale per raggiungere l'alpeggio , ora su terreno nuovamente più ripido. A terra ci saranno circa 30 cm di neve fresca: battere la pista è una gioia ed una fatica allo stesso tempo, e ripaga del cielo a tratti nuvoloso.
Edifici dell'alpe Croce
Gli edifici dell'alpe Croce, strettamente addossati al pendio, e la loro posizione, riparata a monte da una parete rocciosa , sono un perfetto esempio delle soluzioni di adattamento  dell'architettura rurale alpina ai rischi derivanti dall'accumulo della neve sui tetti ed al pericolo valanghe.
Se tornate ad osservare la foto del rudere q. 1690,  noterete come le costruzioni rurali siano localizzate a debita distanza dagli impluvi naturali dai quali si origina il rio Fo,  così come il nostro percorso odierno.
Panorama verso la testata del vallone del Roc
In primo piano l'alpe Force, sullo sfondo da sx Becco Meridionale della Tribolazione e Becca di Gay 
Oltre l'alpe Croce si continua a salire, giungendo in breve in vista del bivacco Blessent , che stranamente sembra aperto e quindi al pian Chermisù, da dove la nostra meta è ben visibile. Qui  le pendenze tornano a diminuire.
L'ambiente è bellissimo, ma il tratto che va da sotto l'alpe Croce alla dorsale è stato davvero faticoso, sia per la ripidezza che per lo strato duro di neve vecchia che sovente l'azione delle ciaspole riportava alla luce, con conseguenti problemi di equilibrio ( diciamo che qualche "tuffo" nella neve è mi è toccato).
Spunta il Redentore, che oggi sembra aperto...
Al Pian Chermisù, cartellonistiche vecchie e nuove; a destra le pendici del monte Arzola
Cominciando a percorrere l'ampia dorsale, risulta subito evidente come il vento tenda ad accumulare il manto nevoso sopravento, sul versante Ribordone, dove è presente una discreta cornice a fronte di una cresta che,  nei tratti più ripidi e rocciosi si presenta praticamente quasi priva di neve ( tanto che verrebbe quasi voglia di togliere le ciaspole) .
Un passo dopo l'altro ...
Per fortuna ora il percorso è molto meno faticoso, ed un passo dopo l'altro ( tutta farina del mio sacco o , se preferite, tutto pestato del mio tacco)  arrivo in cima!

Riflessioni in  vetta, ovvero analogie e differenze tra il "compagno" Philip Callaghan e me...

Oggi mi sento un pò Philip Callaghan e la sua squadra di calcio la Flynet , ve li ricordate ?
In cima, vista verso cima Testona, monte Colombo, punta Perra e Piatta di Perra
Loro erano quelli che si allenavano duramente sulle nevi del nord del Giappone, per poi non vincere mai nulla, perchè tanto alla fine trovavano un Mark Lenders che aveva un allenatore ubriacone ma gli spaccava le gambe ( e la faccia al portiere), e se non bastava avevano pure un portiere esperto di arti marziali che parava un rigore anche all'incrocio! Oppure incontravano il terzetto metrosessuale Holly, Benji, Becker, che sembravano tre imbranati ma alla fine vincevano sempre ( e per questo motivo  li ho sempre odiati, come Topolino. Io sto con Paperino.
Oggi comunque tutti questi personaggi non li ho incontrati, anzi non ho proprio incontrato anima viva, ragion per cui oggi la vittoria va alla Flynet , perchè oggi  è stata, come cantavano i Depeche Mode"a question of lust, a question of trust"...


Discesa

La discesa è l'occasione per scattare un altro bel pò di foto. Prima di buttarmi a capofitto a valle, decido però di andare fino al bivacco Blessent, che in effetti è aperto , anzi sfortunatamente sempre aperto nel vero senso della parola, visto  non è possibile chiudere la porta, almeno dall'esterno!
Zoom sul santuario di Prascondù 

Il bivacco Blessent "sempre aperto"

 Osservando la statua  del Redentore, quel che mi sono chiesto è stato: "ma il Redentore saluta chi arriva dalla pianura o saluta la pianura" ? Domanda a cui è difficile trovare una risposta, bisognerebbe chiederla a chi ha fatto costruire e piazzare la statua.



Il Redentore


  

percorso di salita \ 2

l'abetaia sotto l'Oregge 

Vista del percorso di salita dal Bric del Fo

 Conclusioni

Per il resto la discesa si è svolta lungo l'itinerario di salita, fin troppo facile da seguire sulla neve e poi anche senza , con  la poca neve presente fin sui 1200 m  ormai sciolta lasciando ben visibile sentiero e segnaletica.  
In conclusione,  si tratta di una bella ciaspolata alternativa, ma da studiare bene : non tutti gli anni infatti  ci sono le condizioni di neve  per farla e le ciaspole un pò a spasso bisogna portarsele comunque. Ma come itinerario invernale, salire anche solo fino al Redentore con le ghette è davvero bellissimo, per cui vi consiglio di provarlo, facendo sempre occhio ai bollettini meteorologici e nivologici! Arrivederci ed a presto con le Storie.