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martedì 4 settembre 2018

Moncimour da Cussalma ( vallone dell'Eugio integrale)

Tutte le strade portano a casa mia...

Punta Gialin vista dal Moncimour
Punta Cia, Monte Arzola, Cima Testona, Piata di Lazin, Punta Gialin, Moncimour: ecco l'elenco delle cime che fanno da corona a a Cussalma, la frazione di Locana nella quale abito, e cioè che da "casa mia" è possibile pensare di raggiungere a piedi in giornata.
Ma perchè proprio in giornata, qualcuno potrebbe chiedersi ? Beh, semplicemente perchè su più giorni a piedi da casa mia si potrebbe anche raggiungere il Monte Bianco, per dire...
Ed è così che da un pò di anni coltivo questo modesto sogno, quello di raggiungere almeno una volta, quando se ne presenti l'occasione, tali cime da casa mia.
Al momento fanno parte della collezione Punta Cia ( naturalmente raggiunta secondo un percorso un pò desueto)  , il Monte Arzola  ( la più facile, fatta più volte ed anche con la neve) e la Piata di Lazin ( gita memorabile ).  Tra le mancanti, Cima Testona non è un problema e la Gialin è la più lontana, posta proprio in fondo al vallone dell'Eugio: perchè non provare allora con il Moncimour (tutto sommato si tratta ( da cartina )   di circa 2500 m di dislivello  come la Piata )  ? 
A fine agosto 2018 decido che è scattata l'ora x, e contatto l'amico Franco: se il meteo è buono, si proverà! Il mio pronostico è di 6 h di salita per arrivare in vetta.

Ritrovo h 6,00 

Si sale mentre non è ancora giorno
Ci troviamo che è ancora buio ad imboccare il sentiero che sale lungo il vallone dell'Eugio, ed a dire il vero siamo entrambi un pò acciaccati: Franco è andato solo due giorni prima alla Torre Lavina da Campiglia ( altra escursione lunghissima e non banale) ; io , causa un impegno la sera precedente, ho dormito meno di 4 ore...
Nonostante questo, siamo convinti di potercela fare, anche se non ne siamo sicuri al 100%: "se per caso non ce la faccio, mi fermo prima" - dice Franco;  "finchè non arrivo in cima non posso dire di farcela" - dico io.   A dire il vero, io non credo neanche per un istante che Franco non ce la possa fare, e forse lui crede lo stesso di me, ma penso che sia giusto mettere le mani avanti di fronte ad un percorso tutt'altro che banale.
Certo qualcuno potrebbe obiettare che sono "soltanto" 2500 m di dislivello e che nei super, mega ed iper trail tanto in voga al giorno d'oggi di metri di dislivello ne fanno anche 5000, 8000 in giornata, ma prima di tutto noi non siamo trailers, ed in secondo luogo il percorso che dobbiamo affrontare è tutto un altro paio di maniche ( e lo vedremo).

Chi va piano va abbastanza lontano

Si fa giorno...
Camminiamo da circa una decina di minuti quando Franco mi redarguisce: " con questo passo, io non faccio tutto quel dislivello!"
 - "Neanch'io, hai ragione. Meglio rallentare! "
 - "Quando si fanno gite così lunghe, bisogna cercare di avere un passo regolare!"
Per questo motivo cominciamo a tenere sott'occhio l'orologio, affinchè il nostro allenamento non ci tradisca paradossalmente sulla lunga distanza, facendoci camminare ad un passo troppo svelto.
Alle 6,40 siamo a Balmetta; alle 7,00 attraversiamo il rio Eugio sulla passerella in legno di Ugiet: abbiamo un passo giusto e non ci resta che mantenerlo, sperabilmente fino alla fine!
Il sentiero è stato recentemente "rinfrescato" dopo la pulizia effettuata un paio d'anni fa e quindi non possiamo lamentarci ; si tratta comunque di un percorso meno agevole e più faticoso rispetto ad altri sentieri più frequentati e rinomati, p.es. quelli che da Ceresole raggiungono il rifugio Jervis od il colle Sià, dove si può salire comodi anche con scarpe da trekking basse. E' interessante constatare come le tacche di minio fatte nel 1993 circa dall'ex sindaco di Locana ( nonchè guardiano ) Piero Guglielmetti siano ancora visibili, mentre quelle rosse fatte due anni fa con la bomboletta siano ormai praticamente scomparse!
Dopo  2 ore e un quarto raggiungiamo la pista carrozzabile che porta alla diga d'Eugio; una volta attraversato lo sbarramento, la pacchia è finita.



Nessuno segni quel vallone...

Lago d'Eugio al mattino
Dalla valle Soana, tacche rosse guidano gli escursionisti fino al passo del lago Gelato, nel vallone di Umbrias, o fino alla bocchetta Fioria, nel vallone di Lasin, e poi si interrompono; allo stesso modo da Ribordone sono segnati i sentieri fino alla bocchetta del Boiretto, per non dire del Gta che dal monte Arzola scende al lago d'Eugio. Pure da Locana  la segnaletica del sentiero da noi percorso o quella proveniente dal casotto Pngp della Colla ( sempre Gta) non prosegue oltre lo sbarramento; anche dal vallone di Valsoera, in direzione del passo Moncimour, la segnaletica si ferma al lago di Motta. 
Mai nessuno ha tentato di segnare la parte alta del vallone, se non con i classici ometti di pietra e, almeno dal mio punto di vista,  farlo oggi risulterebbe quasi un sacrilegio, una profanazione di un ambiente selvaggio ed incontaminato, dove  l'azione dell'uomo ha avuto effetti limitati perfino nel passato.
Addirittura in alcuni vecchi diari alpinistici , redatti nel periodo tra le due guerre mondiali, sono annotati problemi circa l'individuazione dei sentieri, con relative perdite e "ravanamenti" ! 
Invece oggi, ecco la sorpresa: rispetto all'anno scorso, delle tacche rosse compaiono dopo lo sbarramento lungo l'esile traccia di sentiero; a dire il vero, come nota giustamente Franco, sembrano parecchio sbiadite. Eppure ad ottobre dello scorso anno non c'erano!
"Beh, più fortunati di così non possiamo essere" - dico io - " hanno dato una ripassata al sentiero da poco,ed  ora qualcuno si è pure preso la briga di segnare la parte alta del vallone!  Vediamo fin dove sono arrivati!"
La nuova e pallida segnaletica è fatta bene, ma ancor prima di giungere al ripiano ove si stacca sulla destra la traccia che sale ai laghi delle Losere e verso la bocchetta Fioria, essa termina. Probabilmente la bomboletta di vernice spray era alla fine: ecco un altro segno del destino.
L'alto vallone dell'Eugio non ne vuole proprio sapere delle tacche rosse e forse ha ragione: sono davvero necessarie? In fin dei conti degli ometti di pietra fatti bene, magari con un bel ferro centrale come si vede a volte lungo il Gta, sarebbero virtualmente inamovibili ed eterni...

Dal Lago d'Eugio all'alpe Leyner

Questa è di gran lunga la parte più ostica e faticosa del percorso: la traccia di sentiero è ormai esilissima, ed in larga parte quasi completamente occlusa dal rigoglio della vegetazione arbustiva ( specialmente rododendri ) . La situazione peggiora ogni anno ed occorre fare molta attenzione nel seguire i vecchi ometti, poichè  rimanere nella traccia, per quanto "sporca" e quasi invisibile, consente comunque di risparmiare molto tempo e fatica; perderla significherebbe procedere a vista tra macchioni di rododendri, ciuffoni d'erba, pietraie, buchi...
Chi è abituato ai bei sentieri , magari percorribili con scarpe da trekking basse, o  magari meno allenato, già troverebbe più faticoso il percorso Cussalma-Eugio; dal lago in poi occorre essere allenati ai percorsi fuori sentiero in presenza di vegetazione per non pagare eccessivamente pegno.
Noi fortunatamente questo tipo di allenamento l'abbiamo, e quindi riusciamo a procedere in maniera abbastanza spedita anche su questo genere di terreni,  cosa che però non ci mette al riparo dal fare una fatica maggiore a parità di distanza\dislivello: siamo umani.

Un alpeggio primitivo...


Alpe Savolere ( foto d'archivio) 
"Avrebbero dovuto chiamarla Balme Savolere, altro che alpe!" . Franco non ha torto, così come è azzeccato l'aggettivo "primitivo" che gli viene spontaneo affibbiare a questo vecchio alpeggio, tutto realizzato intorno alla presenza di grandi massi e balme: sono infatti numerosi gli studiosi e gli esperti che affermano come gli alpeggi più antichi, cioè quelli nati prima dei grandi disboscamenti e dissodamenti medioevali ( e qui, a quota 1935 m, siamo ancora su un terreno teoricamente colonizzabile da parte del bosco ) , sfruttassero proprio la presenza di questi ripari naturali per ricoverare animali e pastori; costruzioni d'alpeggio più evolute cominciarono a diffondersi soltanto  in tarda epoca medioevale.
Intorno alla balma centrale si intravedono ancora le vestigia della vegetazione che doveva essere presente ai tempi del regolare utilizzo di queste superfici , caratterizzata dalla presenza di buone specie foraggere, ormai circondate sempre più strettamente dalla vegetazione arbustiva, che prepara il ritorno del bosco.
Il masso spaccato a metà ( foto d'archivio) 
Per quanto ci è dato osservare oggi, la balma centrale  ( che ha più vani) veniva utilizzata sia come abitazione che come locale di caseificazione; poco più a destra della stessa, in direzione del torrente, sono visibili anche i resti di un piccolo crutin; a sinistra del sentiero invece si possono osservare, presso altrettanti grandi massi, quelle che dovevano essere 3 piccole stalle.
Vista d'insieme dell'alpe Savolere ( foto d'archivio)

Di notevole interesse sono anche il laghetto dell'alpe ( che a stagione avanzata potrebbe presentarsi asciutto) e l'enorme masso "spaccato" ( esattamente in due) posto in fondo al piccolo pianoro...
"E' caduto e si è spaccato in due" - osserva Franco: potrebbe avere ragione!

Un lungo lago...

Giunti al termine del pianoro dell'alpe Savolere, una traccia di sentiero sale , tra rocce e rododendri, fino a sbucare nella conca occupata dal lungo lago Nero d'Eugio, traccia che è davvero impegnativo cercare di non perdere ( per fortuna ci sono dei piccoli ometti di pietra ben posizionati) !  Arrivati al lago, decidiamo che è giunto il momento di fare un piccolo spuntino prima di proseguire, visto che nel frattempo il sole ci ha raggiunti.
Il sole arriva al lago Nero
Ora che il sole non batte ancora sul lago, si vede proprio che è nero ! Al colore scuro delle acque si aggiunge poi quello della parete rocciosa che delimita il lago  in direzione NO , in larga parte annerita dalle acque che scolano lungo la sua superficie. Controlliamo l'ora: stiamo continuando a salire bene ed in maniera regolare, perchè dal lago d'Eugio a qui abbiamo impiegato poco più di un'ora! "Se arriviamo  bene all'alpe dei Fons, è fatta, vuol dire che ce la facciamo" - sentenzio io.
Il nostro allenamento sui percorsi poco tracciati si sta rivelando prezioso, così come il passo regolare; quando alcuni anni fa con l'amico Michele eravamo saliti da casa mia alla Piata di Lazin , avevamo raggiunto la pista carrozzabile nel notevolissimo tempo di 1h e 30 , per poi impiegare comunque circa 6h e 30 per arrivare in cima, quasi sicuramente più stanchi di quanto saremmo stati se avessimo adottato un passo meno svelto in principio, anche se a dire il vero non ricordo di aver provato una particolare stanchezza a fine giornata ma , si sa, la memoria tende ad edulcorare i ricordi man mano che si "dimenticano".

Un percorso affascinante...

Il sentiero ora prosegue costeggiando la sponda dx idrografica del lago, fin quasi al suo termine, per poi rimontare sopra la parete rocciosa che delimita il lago in direzione dell'alpe Leyner ( alpe del lago Nero) , tra rocce montonate e chiazze erbose.
Vista su lago Eugio e lago Nero dall'alpe Leyner
Mi ha sempre affascinato il fatto che dei capi bovini fossero condotti lungo un tale percorso, con  la parete strapiombante sul lago poco più in basso, "lose" da attraversare etc: senza dubbio si metteva a rischio un bel capitale!
La verità è che si trattava di una vera e propria mulattiera, con tanto di scalini in pietra e muri di sostegno, tale da consentire a pastori e capi di bestiame di passare in sicurezza: qua e là se ne intravedono ancora i resti ( ci sono perfino dei ferri piantati nelle rocce montonate per reggere  gli scalini).


Una delle costruzioni dell'alpe dei Fons
Lasciata a dx l'alpe del Lago Nero ( completamente diroccata), la ( ex) mulattiera risale ora dei ripidi pendii erbosi, fino ad attraversare il rio Eugio per raggiungere l'alpe dei Fons, nome che con ogni probabilità sta ad indicare che questo era l'ultimo alpeggio del vallone, quello posto "al fondo". Anche le costruzioni di questo alpeggio hanno un sapore molto "primitivo" (eppure esseri umani ed animali le utilizzavano ogni anno) , e si trovano oltretutto in un ambiente ancora più roccioso e selvaggio. In direzione del lago Boccutto intravediamo alcuni stambecchi:  nonostante noi siamo ancora parecchio lontani, ecco che già corrono a nascondersi: perfino gli animali selvatici sono più selvatici in questo vallone dimenticato.  Un comportamento schivo degno dei camosci del versante piemontese del Pngp...
Anche in questo tratto di percorso non abbiamo perso ritmo: ora non ci resta che rimanere concentrati per fare l'ultimo sforzo.
Perfino gli animali selvatici sono più selvatici... ( e le foto vengono mosse) 



Direzione Moncimour ( come l'Elbrus ? ) 

Arrivati all'alpe dei Fons non conviene andare al lago Boccutto, ma puntare direttamente alla bocchetta superiore dell'Alpuggio salendo in direzione del Moncimour; per un tratto si rinvengono ancora i resti di una mulattiera, poi si comincia a salire, per pietraie e rocce montonate, in direzione dell'inconfondibile depressione, caratterizzata dal versante Eugio dalla presenza di  una  piramide rocciosa che sembra occuparne il centro.
Poco sotto la bocchetta chiedo a Franco l'ora ed il dislivello:  "Il dislivello ho smesso di leggerlo a 2000 m per non spaventarmi..."  - mi risponde.
" Era dal giorno in cui sono andato in cima all'Elbrus che non provavo questa sensazione...cioè comincio a sentirmi stanco!" - osservo io.
L'espressione del volto di Franco non ha bisogno di parole per essere tradotta: nella mia mente è come se vicino ad essa ci fosse un fumetto, con su scritto: " e allora che cosa dovrei dire io che l'altro ieri sono andato alla Torre Lavina da Campiglia? " In effetti...
La "piramide" della Bocchetta Superiore dell'Alpuggio con alcuni camosci
Un gruppo di camosci, accortosi del nostro arrivo, comincia a spostarsi più che per tempo ( davvero superdiffidenti) ; arrivati alla bocchetta , Franco ricerca il giusto passaggio ed in breve cominciamo a percorrere l'elementare cresta, arrivando in breve a raggiungere l'agognata vetta, in un più che onorevole tempo di 6 h e 15 minuti, pause comprese.  Appena un quarto d'ora più del previsto!
Il gruppo del Gran Paradiso visto dalla cresta del Moncimour

Dopo aver ammirato per bene il panorama, decidiamo di scendere prima di fare un'altra pausa ristoratrice, perchè il tempo sta cambiando e "as sa mai", trovare delle nebbie da queste parti sarebbe poco simpatico.
Panorama verso il colle di Ciardonei ed il vallone del Rio Motta; sullo sfondo Ondezana e Apostoli

Il lago Gelato e l'omonimo passo

Il lago di Motta 

Guardando in direzione della Piata di Lazin, risulta evidente come raggiungere tale cima sia molto più corto meno faticoso, nonostante i circa 2500 m di dislivello, anche perchè il percorso è decisamente più comodo.

Panorama verso Piata di Lazin e Monte Colombo

In discesa optiamo per il canale che tra pietre e sfasciumi porta a scendere direttamente nel vallone dell'Eugio , a circa 15 minuti di distanza dal lago Gelato, al quale però rinunciamo essendoci stati già altre volte ed avendolo appena visto quasi integralmente dall'alto!

I laghi Bort e  Boccutto

Arrivati nel vallone, anzichè ritornare sui nostri passi in direzione dell'alpe dei Fons, decidiamo di passare per i laghi Bort e Boccutto, che all'andata avevamo "saltato" per accelerare i tempi.
Uno dei laghi Bort


Camosci nella nebbia

Scendendo in direzione di questi laghi , diventa davvero spettacolare il paesaggio,  caratterizzato dalla predominanza di rocce montonate ( non credo che in nessun altro vallone della zona se ne possa osservare un sistema così vasto) , almeno fino al lago Boccutto!
Ambiente dominato da rocce montonate

Stambecchi

Lago Boccutto


Anche i pascoli vicini alla conca del lago Boccutto costituivano una risorsa fondamentale per i capi bovini che un tempo qui salivano durante la stagione estiva: una vera e propria mulattiera, con grandi scalini in pietra (  in buona parte conservata ) collegava infatti l'alpe dei Fons alla suddetta conca. Quando arriviamo al  lago, il cielo è ormai coperto e comincia a calare un pò di nebbia; raggiunte le sue sponde, ci concediamo la pausa ristoratrice cui avevamo rinunciato in cima.

Resti della mulattiera che conduceva sin sulle sponde del lago Boccutto

Ritorno a valle

Lasciata la conca del lago Boccutto, con alcuni saliscendi pervienamo nuovamente all'alpe dei Fons, dalla quale con il medesimo percorso di salita facciamo ritorno a Cussalma.
La nostra maggiore preoccupazione ora naturalmente è quella di risparmiare tempo e fatica, facendo ben attenzione a non perdere la traccia, in particolare tra l'alpe Leyner ed il lago d'Eugio, raggiunto il quale possiamo finalmente scendere in maniera più "rilassata" ( quantunque la discesa sia ancora lunga!).
E fortunatamente per noi tutto si svolge senza intoppi! Ma quanto dislivello avremo fatto, e per quanti chilometri avremo camminato?  Alla fine le statistiche del gps di Franco saranno impietose: 27,80 km per 2700 m di dislivello. E che dislivello e che chilometri!
-" Non avevo mai fatto così tanto dislivello in giornata in vita mia!"- dico io.
- "Quando sono andato al Rocciamelone da Susa ho fatto 3000 metri di dislivello e parecchi chilometri, ma non ti stanchi mica così!"  - osserva Franco.
Si tratta proprio di "tutto un altro paio di maniche", inutile star lì a discutere! .







Conclusioni

Alla fine di questo articolo, mi sia concesso di formulare un appello, un suggerimento ed un auspicio circa l'alto vallone dell'Eugio:
  1. il sentiero dal lago d'Eugio all'alpe Leyner necessita urgentemente di un intervento di pulizia , perchè è ormai quasi scomparso, chiuso dagli arbusti. E' in previsione un intervento fino al lago Nero e speriamo venga fatto al più presto; un intervento di ripristino fino all'alpe dei Fons consentirebbe inoltre di riportare alla luce la vecchia mulattiera...
  2. per quanto riguarda la segnaletica, sarebbe bello se fosse realizzata unicamente con ometti di pietra costruiti a regola d'arte e ancorati tramite tondini di ferro alle rocce sottostanti, sia per motivi  di natura estetica ( provare per una volta a fare a meno del rosso dei segnali di vernice) , sia per motivi di scaramantico rispetto ( mai nessuno ha segnato con vernice la parte alta del vallone: perchè dovremmo essere "noi" i primi a farlo ?).
  3. Speriamo che l'idea di realizzare un rifugio escursionistico nel vallone prosegua !
Arrivederci ed a presto con le Storie!