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lunedì 25 novembre 2019

Selvaggio Verde ( Bocchetta Furchia da Arcando - anello da Alpetta )

Una pianificazione sub-ottimale dell'itinerario


Approfittando di un sabato libero, che intendevo "spendere" in valle Soana, ho di buon grado aderito alla proposta dell'amico Carlo di percorrere il sentiero Arcando- Cugnone, recentemente risistemato e segnalato. Strada facendo avremmo poi deciso come proseguire il giro, sfruttando le numerose alternative sentieristiche disponibili. Unica incognita, le precipitazioni occorse nelle due giornate precedenti, poichè sapevamo che il percorso stabilito presentava numerosi tratti rocciosi e\o ripidi ed esposti: "al massimo torniamo indietro!"

Un importante nucleo abitato


Puntagliera 

Il cantone di Arcando è  composto da più nuclei abitati  ( Quandin, Puntagliera , Sauderi ) e si trova sulla sx idrografica  del vallone di Forzo , nel comune di Ronco Canavese.  Le dimensioni dei tre nuclei abitati paiono oggi davvero sproporzionate in rapporto alla superficie agricola disponibile , eccezion fatta per lo stretto fondovalle ed i dintorni delle borgate: sulla dx idrografica del torrente i bellissimi prati che "circondano" la frazione Convento sono infatti ormai un ricordo , bruscamente interrotti dalle pendici del monte German , che introducono una zona impervia e rocciosa; allo stesso modo, sul versante sx idrografico, appena superate le borgate le pendenze si impennano letteralmente, in un contesto anche  qui contrassegnato dalla presenza di numerose pareti rocciose.
I terrazzamenti colonizzati dai noccioli; a  sx l'Ancesieu

Ma si tratta di un'illusione ottica: non appena imbocchiamo il sentiero  Arcando - Gr. Cugnone,  sulla destra del parcheggio della frazione , ci rendiamo conto dei numerosi terrazzamenti un tempo adibiti al pascolo ed allo sfalcio ed oggi colonizzati da una fitta vegetazione di nocciolo ( essenza dominante ), accompagnato da acero di monte, ciliegi e betulle. Il tempo ha reso parte dell'essenziale ( per vivere) quasi "invisibile agli occhi".

Da Arcando alle Grange Cugnone

Alla partenza del percorso, un cartello segnaletico in legno  avverte il passante: "percorso per escursionisti esperti" ( e con le condizioni odierne del terreno, forse anche qualcosa di più).  Il sentiero si dirige verso est in falsopiano e va ad attraversare un rio , la cui sponda ovest è protetta da una pregevole arginatura in pietra a secco.

Pregevole arginatura in pietra a secco
 Ci troviamo sempre all'interno di noccioleti che hanno invaso gli ex-coltivi terrazzati che un tempo contribuivano al sostentamento dei numerosi abitanti delle borgate vicine .  Anche noi, che passiamo qui per puro diletto, siamo un pò dei "noccioli umani", cioè non stiamo contribuendo al sostentamento di alcuno..
Il sentiero attraversa il rio...
A dire il vero le tacche rosse  e la traccia di sentiero non sono sempre così facilmente visibili\intuibili , ma si tratta di un problema contingente, dato che non appena le "pendenze si impennano" ( cioè quasi subito)  anche la natura del percorso cambia radicalmente : ripide ascese si alternano ad arditi traversi su terreno roccioso ed a volte esposto, tutta una serie di "passaggi obbligati", sovente attrezzati con corde, dove è praticamente impossibile sbagliare, vuoi per via della segnaletica, vuoi per via dell'attrezzatura o semplicemente per via del fatto che non sapremmo dove altro passare! 
Percorso avvincente, ma oggi più impegnativo che divertente!
Senza dubbio si tratta di un percorso divertente ed avvincente  (almeno per chi non soffre di vertigini);   oggi però risulta unicamente avvincente, a causa del terreno bagnato che rende la nostra progressione più impegnativa che divertente! 
Ripide ascese e...

...arditi traversi 
I resti di passate sistemazioni del percorso ( come si vede ad esempio nella foto soprastante) testimoniano la relativa importanza che questo doveva avere nel passato.  Un percorso sovente utilizzato dunque: ma per quali motivi ? Perchè andare ad infilarsi su per queste "sengie" , "nel brutto"?  Io direi per almeno tre motivi:
Lungo il sentiero , vista verso l'alto vallone di Forzo

  1. una volta questi passaggi non erano così "brutti" ( dove brutto è sinonimo di "pericoloso" ) , poichè nei tratti oggi attrezzati con funi metalliche o canapi , vi erano senza dubbio muretti a secco, scalini e tavole di legname per rendere più agevole la progressione, ed inoltre i percorsi venivano mantenuti puliti dalla vegetazione! Il fatto è che oggi gran parte di questi muretti a secco sono crollati , e con essi gli scalini; non parliamo poi delle tavole di legno ,che saranno marcite ancor prima , o della vegetazione invadente, che talvolta restringe o rende più esposti passaggi un tempo più comodi!
  2. molte di  queste "sengie" venivano regolarmente falciate per ricavarne qualche "fiarol" di magro fieno ad integrazione delle sempre scarse risorse famigliari, ed ecco allora l'importanza di realizzare tutte le sistemazioni di cui sopra: qui si viaggiava sempre carichi o quasi. Si tendevano ad evitare  viaggi a vuoto  poichè costituivano uno spreco di tempo ed energie ( e come siamo fortunati noi che abbiamo tempo ed energie da sprecare... od almeno crediamo di poterlo fare).
  3. erano delle scorciatoie,la cui importanza oggi siamo portati a sottovalutare poichè non abbiamo la percezione di quanto densamente fosse abitata ed utilizzata la zona allora e soprattutto di che cosa significasse lo spostarsi prevalentemente a piedi.
Ad un certo punto del percorso, iniziano a comparire nuovamente piccoli terrazzamenti e resti di curiosi manufatti, come ad esempio un grande "uomo di pietra" posto sull'orlo di un precipizio, dal quale sembra di intuire la partenza in discesa di una minuscola ed ardita traccia, quasi verticale, magari un tempo utilizzata per raggiungere qualche cengia sottostante . O forse si tratta soltanto di una traccia di camosci e "l'uomo di pietra" fungeva unicamente da "segnalatore" di pericolo dovuto al vicino precipizio ?

Un grande "uomo di pietra"
sull'orlo del precipizio
e che precipizio!
In questo tratto la densa copertura di nocciolo, betulla e sorbo montano (  di questa ultima specie  abbiamo potuto osservare magnifici esemplari di notevole altezza) penalizza oggettivamente la panoramicità del percorso, che  fa capolino solo ogni tanto, ma regalandoci bellissimi scorci e la consapevolezza della nostra posizione , letteralmente "a picco" sul fondovalle! 

A picco su Puntagliera

Anche guardando verso la parte alta del vallone di Forzo, non si può non rimanere impressionati dalla natura del terreno: tutto un susseguirsi di pendii ripidissimi, sovente occupati da una fitta vegetazione  arborea ed arbustiva ( i soliti nocciolo e betulla) ,  esili cenge erbose e salti di roccia. 

I noccioleti primari e secondari

tutto un susseguirsi di pendii ripidissimi , cenge erbose e salti di roccia...
Sui versanti alpini rocciosi ed esposti a sud tutte le superfici "agibili" venivano sfruttate dagli esseri umani nel periodo di maggior pressione antropica  ( grosso modo da fine ottocento fino al primo dopoguerra), per ricavarne una magra fienagione.  
Nel caso della sx idrografica del basso vallone di Forzo la natura del terreno  però è a volte così rocciosa ed impervia ed i suoli talmente poveri e superficiali da rendere impossibile qualunque tipo di utilizzo: non a caso tali superfici sono estesamente coperte da noccioleti "primari", cioè associazioni vegetali che costituiscono la vegetazione naturale per quel tipo di ambiente; ai noccioli si accompagnano con maggiore frequenza sorbo montano, salicone e betulla. Era tuttavia diffusa tra le popolazioni locali  la raccolta delle nocciole selvatiche , sia a scopo alimentare che di scambio e di vendita. 
Per quota ed esposizione tali noccioleti dovrebbero evolvere verso un bosco misto di faggi ed abeti rossi, ma la difficile natura del terreno rende queste formazioni stabili, impedendone l'evoluzione.
Vicino ad Arcando, sulle superfici un tempo coltivate abbiamo invece dei noccioleti secondari , la cui composizione specifica è  variabile e condizionata dai precedenti utilizzi del terreno: assieme al nocciolo compaiono infatti specie più esigenti quali acero di monte, faggio e ciliegio. Anche in questo caso l'evoluzione verso la vegetazione potenziale sarà molto lenta, data la fitta copertura esercitata dal nocciolo, che però è anche una specie miglioratrice del terreno, producendo una lettiera ricca di sostanza organica: potremmo quindi dire che "non c'è fretta". 
Qualche lembo di ex-coltivo secondario lungo il percorso ...
Come dicevamo, proseguendo la ripida salita in versante Forzo,i segni della presenza umana si fanno nuovamente più evidenti, con presenza di terrazzamenti ( ed ecco che subito abbiamo dei noccioleti secondari d'invasione ) ; nei pressi di un piccolo rio, sotto una parete di roccia, ecco che compaiono i resti di un muro a secco  (  le pietre crollate intorno sembrano indicare la passata presenza di un piccolo edificio ) .
sempre in territorio impervio



... i resti di un piccolo edificio ? 


Superata la piccola zona terrazzata, il  tratto successivo del percorso Arcando- Cugnone va a raggiungere la dorsale spartiacque Soana-Forzo ad una quota di circa 1400 m tramite un susseguirsi di ripide salite e spettacolari traversi attraversando  canali strapiombanti :  davvero un percorso emozionante . del quale lasciamo la descrizione alle foto.
Si attraversano vari canali





con percorso emozionante...

su qualche corda ancora un pò di ghiaccio


Talvolta...

... a picco ... 

sul vallone di Forzo 

Aggiungi didascalia
Un ultimo traverso su una stretta cengia erbosa ci porta infine sulla dorsale Soana- Forzo, dove il noccioleto finisce e comincia un magnifico bosco di faggio ed abete rosso. Ora il terreno è decisamente meno  roccioso , meno esposto e  meno ripido  ( rispetto a prima , naturalmente: il "piano" è un'altra cosa).
Un magnifico bosco di abeti rossi 
Dopo aver risalito in direzione ovest la boscosa dorsale, con un traverso verso nord  il percorso segnato raggiunge infine le grange Cugnone; sui muri del fabbricato una scritta rossa con freccia indica la direzione per Arcando
Carlo osserva giustamente che "per fortuna sono poche le persone che vengono qui a Cugnone, altrimenti quella scritta e quella freccia potrebbero invogliarli ad intraprendere il percorso, ignari della sua natura e delle sue difficoltà"
Direzione Arcando
Volgendo lo sguardo verso la boscosa dorsale Forzo/Soana ci rendiamo anche conto di aver percorso un bel tratto di strada fino a qui. Sullo sfondo, da sx, ecco che si vedono bene anche le cime della spartiacque Forzo/ Ribordone: Cima Rosta, Punta del Vallone, Punta Sili, Punta Manda o Piatta di Perra. 

La boscosa dorsale e le vicine cime sullo sfondo

Dalle grange Cugnone a Nivolastro

Un bellissimo bosco di faggi

Il rudere sopra  Grange Cugnone

Arrivati a questo punto, ecco che Carlo mi propone un'alternativa, per la quale subito optiamo : anzichè proseguire direttamente per Nivolastro, risaliamo la dorsale boscosa alle spalle delle grange Cugnone , in un magnifico bosco di faggi, fino ad un rudere, e di qui  lungo una vecchia roggia ( presumiamo ) fino ad una spettacolare zona di grandi massi, affacciata direttamente sui ripidi pendii che scendono dalla zona della bocchetta Furchia.
Una spettacolare zona di grandi massi 
In questo luogo ameno, una pausa è d'obbligo per assaporarne il carattere selvaggio, testimoniato dalle lisce e lunghe placconate di roccia, dai  ripidi canaloni, da pareti e paretine, dai grandi massi, dal terreno accidentato: anche le specie arboree, abeti rossi e larici, sembrano dover lottare per ricavarsi uno spazio vitale sufficiente. 
Ma mentre gli esponenti del regno vegetale sono in grado di popolare stabilmente questo luogo, lo stesso non si può dire per quanto riguarda l'essere umano: è infatti in questa zona, nei pressi di un ripido canale, ora asciutto, che termina la supposta roggia di cui sopra, ultimo segno indiretto di presenza dell'homo sapiens-sapiens.
Esemplari di bosso alle Grange Zalairee 

Il bosso delle Grange Zalaire

Finita la pausa, facciamo dietrofront;   dopo esserci abbassati leggermente traversiamo in direzione est verso le Grange Zalaire  , dove è presente un'interessante colonia di bosso, pianta che si presenta solitamente in forma di arbusto, più raramente di alberello, molto utilizzata come specie ornamentale e per le siepi. 
Da un punto di vista altitudinale, ci troviamo infatti ad una quota decisamente superiore rispetto  a quella massima di solito raggiunta  naturalmente dal bosso, ma qui ci troviamo in un versante con ottima esposizione ( guardiamo ad est) ,  ragion per cui può darsi che esemplari di bosso un tempo piantati qui per scopi ornamentali si siano "naturalizzati" e riprodotti con successo in loco.

Le grandi-piccole opere ( l'inghiottitoio delle Zalaire)  

1 - la luce del terrazzamento con la pozza
Vicino al rustico delle Grange Zalaire posto lungo il sentiero per Nivolastro, sulla sinistra dell'unità principale, Carlo mi fa notare una curiosa sistemazione del terreno ( una vera e propria sistemazione idraulico - forestale) , della quale mi permetto di darvi la mia interpretazione .
La prima cosa che si nota è una luce all'interno di un terrazzamento, con al piede  una fossa di raccolta delle acque ( 1); al fondo della fossa un'altra luce ( 2) che immette in un canale di scolo sotterraneo, cui corrisponde al fondo del pianoro, un'ulteriore luce di scarico (3) che immette in un canale di scolo a cielo aperto con fondo cunettato con pietrame ( 4)


2 - luce al fondo della fossa 
Già che c'erano, sul limite sinistro del pianoro ospitante la fossa, hanno realizzato anche un bel crutin!
3- ulteriore luce di scarico con vista generale dell'opera
4 - cunetta di scolo
 5 - Crutin
 A cosa servisse l'opera è chiaro, e cioè a canalizzare un ruscello\ fontana , secco al momento del nostro passaggio ma senza dubbio in grado di trasportare stagionalmente ed in caso di precipitazioni intense notevoli quantità d'acqua, tali da rendere suscettibili di impaludamento ed erosione tutte le superfici attigue alla grangia. Può anche darsi che un piccolo ruscello fosse deviato presso quest'opera per servire le grange... 
La luce del terrazzamento ( 1) poteva utilmente fungere anche da "rubinetto" per prelevare acqua, così come la fossa sottostante poteva venire impiegata come abbeveratoio per gli animali o come vasca. Non escluderei che la fossa avesse una piccola chiusa ( sempre realizzata in pietra a secco naturalmente ) per dirottare una maggiore quantità d'acqua verso il crutin. 
Una domanda sorge spontanea: perchè non lasciare il canale a cielo aperto , invece di interrarlo ?  Teniamo conto del fatto che anche a monte della luce ( 1) da cui l'acqua sgorga vi è un altro tratto interrato e non sappiamo fin dove prosegua verso monte l'opera di canalizzazione. 

La risposta, a mio modesto avviso, è  semplice: si è interrato il canale per avere qualche metro quadro in più di superficie pianeggiante agevolmente lavorabile oppure, se vogliamo vedere il bicchiere dall'altro lato, già che avevano fatto un buon lavoro, hanno deciso di fare trentuno e di farlo ottimo
I lavori fatti bene sono quelli che durano nel tempo; figuriamoci quelli fatti in maniera ottima!  Che ne sarà della stabilità dei versanti, quando tutte queste piccole grandi opere, magari realizzate a livello comunitario o di nucleo famigliare, non saranno più funzionali ?


I magnifici boschi che circondano Nivolastro 
Dalle Grange Zalaire, con un traverso nel bosco, in breve raggiungiamo l'abitato di Nivolastro, frazione un tempo abitata tutto l'anno ( dove era presente anche una scuola elementare) e circondata da grandi prati.

Vista verso il vallone di Servino
La nostra vista oggi è tuttavia maggiormente catturata dal panorama circostante: i magnifici boschi che circondano Nivolastro; il vallone di Servino, nostro dirimpettaio.

Da Nivolastro alla Bocchetta Furchia

Proprio a monte dell'abitato di Nivolastro, dove i prati lasciano il posto nuovamente  ai boschi, una traccia con bollini rossi , segnalata dal corpo di sorveglianza del Pngp, risale ripida nel bosco di abete rosso e, dopo aver toccato le Grange Pasco 1622 m, esce dalla copertura boschiva a  raggiungere la bocchetta Furchia 1820 m, luogo di rara bellezza.
A picco su Nivolastro 
 Volgendo lo sguardo verso il percorso di salita, sono spettacolari la vista a picco su Nivolastro e sul vallone di Servino; l'imponente parete rocciosa che si trova sulla nostra sinistra, dà l'impressione di essere delle sentinelle appostate sulla cima di un'alta torre, da cui si domina la valle, con lo sguardo puntato verso la civiltà alpina del passato, .
...sulla cima della torre..
Voltandosi dall'altra lo scenario cambia radicalmente: si aprono dinanzi a noi dei  ripidi versanti e canaloni erbosi punteggiati da imponenti affioramenti rocciosi , dove osserviamo numerosi camosci ( i primi di oggi, a dire il vero).
Dall'altra parte niente civiltà, neanche del passato.
Da qui i segni rossi continuano in direzione della famosa Grangia Malpensata, della quale abbiamo parlato diffusamente qui. Abbassandosi invece verso sx, lungo un ripidissimo pendio erboso, sembra quasi di poter raggiungere la zona di grandi massi nella quale ci eravamo soffermati al mattino.Occorrerebbe tornare per verificare...

Discesa su Alpetta

Per la discesa, essendo naturalmente folle  l'idea di ripercorrere il sentiero attrezzato fatto al mattino in queste condizioni, decidiamo di tornare a Nivolastro per poi  scendere ad Alpetta e di qui fare ritorno ad Arcando.
Ad Alpetta ci si prepara per l'inverno
Da Nivolastro torniamo dunque alle Grange Cugnone , da cui imbocchiamo il sentiero che scende ripido verso Alpetta, grande nucleo abitato del comune di Ronco Canavese, che attraversiamo in discesa lungo le caratteristiche viuzze per andare a prendere il sentiero che raggiunge il cimitero e la strada provinciale
Ad Alpetta fervono i preparativi per affrontare l'inverno imminente; il sentiero che porta al cimitero era , anzi è un percorso dotato di cartellonistica, benchè oggi un pò dimenticato ( o così almeno ci è parso). Un pannello ci invita ad "ascoltare il bosco": è tutto il giorno che lo facciamo!
Cartelli informativi
 Arrivati nei pressi del ponte sul torrente Forzo, imbocchiamo la pista sterrata che sulla sx idrografica risale il vallone, pista che ci riserva nella sua prima parte un'ultima dimostrazione dell'esuberanza della vegetazione, dapprima con giovani piante di abete rosso impegnate nella "riconquista" del territorio, poi con rigogliosi macchioni di rovo.

Giovani abeti alla riscossa
Finita la pista proseguiamo lungo la strada asfaltata per poi ,  con un ultimo tratto di mulattiera ottimamente conservata, arrivare a Puntagliera quando ormai è buio. E' bello vedere luci accese e comignoli fumanti ! E con questa immagine di buon auspicio (  cioè che luci accese e comignoli fumanti possano aumentare nei nostri comuni montani) vi invitiamo una volta di più a visitare la selvaggia Val Soana! Arrivederci ed a presto con le Storie!

domenica 3 novembre 2019

Un pezzo di Gran Paradiso in Val Soana ( Bivacco Revelli- Viano da Pezzetto - escursioni obbligatorie n° 3)

Premessa

La penultima settimana di ottobre 2019 si è caratterizzata sia per le temperature miti che per una perturbazione che ha colpito il nord-ovest, con quota neve sempre piuttosto elevata. L'ultima parte della settimana ha visto il ritorno del bel tempo, con temperature sempre sopra la media di stagione: quale migliore occasione per andare ancora una volta in quota ed ammirare la bellezza della montagna in veste autunnale, arricchita dalla recente "spolverata" di neve in quota
Il... continua a leggere per scoprirlo ;) !

Il vallone di Forzo - appunti di geografia locale...

L'autunno è una stagione speciale in Val Soana, di cui il vallone di Forzo rappresenta senza dubbio l'angolo dall'aspetto più selvaggio e di carattere prettamente alpino, con le cime più alte e con l'unico ghiacciaio, il Ciardonei, da tempo oggetto di studio e monitoraggio  da parte della Società Meteorologica Italiana   . 
Per provare a rendere l'idea , ecco una foto scattata il 5 febbraio 2016 , durante una splendida giornata invernale, da quel fantastico punto panoramico che è l'Ancesieu , foto sulla quale mi ero divertito a "segnare" il nome delle varie punte...
Le cime del vallone di Forzo
Il vallone di Forzo , interamente ricadente nel territorio del comune di Ronco Canavese è solcato dall'omonimo torrente,  che confluisce nel Soana in località Fucina. I suoi affluenti principali sono il rio Lazin  ( da cui gli omonimi vallone e lago ) , con confluenza presso la borgata Lasinetto, il rio Forzo ( chiamato così sulla carta Igm 1:25.000), con confluenza presso Molino di Forzo, ed  il rio Pisone  , le cui acque raggiungono quelle del torrente principale poco a valle della frazione Boschiettiera.   
Il vallone di Forzo presenta una conformazione del rilievo particolare  e complessa, risultato delle vicende glaciali e post-glaciali, che vale la pena di descrivere in maniera sintetica.
Nei pressi di Molino di Forzo, posta sul conoide alluvionale ubicato alla confluenza del rio Forzo nel torrente Forzo, ecco che il vallone si divide in due parti, con il vallone principale  che prosegue in direzione del colle di Bardoney , ed un  vallone secondario che si apre a sx dell'abitato di Molino, delimitato a nord-ovest  dal monte e dalla costa Colombino, a nord dal terrazzo glaciale sulla sommità del quale si trova la casa di caccia "Vittoria" del Vasinetto e dal Meal, ad ovest dalla Piata di Lazin ed a sud dalla modesta elevazione della Gucia.
Ortofotocarta 3d: 1 Vallone di Lazin; 2 Lago Lazin; 3 Costa Vargnei; 4 Piata di Lazin; 5 Monte Colombino; 6 Vallone Umbrias; 7 Passo Lago Gelato; 8 Lago Gelato; 9 Costa Umbrias o Braias; 10 Punta Gialin; 11 Comba Meialet; 12 Gole Rio Pisone; 13 V.ne Ciardonei; 14 V.ne Lavina; 15 Punta Rossa di Forzo; 16 Finestra Valletta;  17 Monveso di Forzo; 18 zona periglaciale Ciardonei; 19 Torre Lavina; 20 Cime del Cavallo; 21 Punta Tressi; 22 Cima Fer 
A Nord di questo terrazzo glaciale scorre, incassato in una profonda gola, il rio Pisone , caratterizzato da rapide e grandi cascate; alla confluenza del rio Pisone nel torrente Forzo, il vallone principale si divide nuovamente in vallone di Lavina ( direzione Bardoney) e vallone di  Ciardonei.  Ma è nei pressi delle grange Vasinetto , poste appena a  nord ed a valle della casa di caccia omonima, che   il vallone di Ciardonei diventa tale,   riacquistando una morfologia più aperta. Qui il rio Pisone, a monte della confluenza con il rio discendente dal vallone di Umbrias , diventa infine Rio Geri.

Cartina del percorso in scala 1:20.000

La meta di giornata prescelta è il bivacco Revelli, posto a 2610 m di quota  sulla sommità di uno spalto roccioso che domina il pian delle Mule a sud ed il pian Valletta a nord-est. Infatti, a voler essere pignoli, il bacino solcato dal rio Geri si divide nei pressi dell'alpe Pian delle Mule in un bacino principale proveniente dal pian Valletta ed un bacino secondario proveniente dal Pian delle Mule; entrambi  "nascono" però dal ghiacciaio di Ciardonei.

Nel cuore del Gran Paradiso 

Le forme del territorio  con le quali si presenta l'odierno vallone di Forzo sono il risultato dell'incrocio tra complesse vicende geologiche e climatologiche. Da un punto di vista geologico il territorio del vallone fa  parte del massiccio cristallino del Gran Paradiso , costituito da gneiss occhiadini, solide rocce molto adatte per ricavare "lose" , ma non così facilmente alterabili dagli agenti atmosferici.
L'intrusione scistosa ( quadrati verdi ) nel massiccio del Gran Paradiso
E' proprio  questa difficile alterabilità del substrato roccioso la causa dei versanti ripidi e rocciosi che caratterizzano il vallone, ad esclusione dello stretto fondovalle e delle principali conoidi alluvionali ( per esempio quelle dove sorgono Lasinetto e Forzo ) , "riempiti" nel corso dei millenni dai depositi glaciali ed alluvionali e dai movimenti franosi. Fa eccezione anche la parte centrale dell'alto vallone di Ciardonei, caratterizzata dalla presenza di estesi pianori glaciali : essi infatti insistono su rocce scistose  più "tenere" di diversa origine, non facenti parte del massiccio del Gran Paradiso, che sono state più facilmente alterate dall'azione dei ghiacciai, delle acque e degli agenti atmosferici. Tale "infiltrazione"  di scisti  più teneri ,  come si vede bene nella cartina,  arriva grosso modo fino allo spalto roccioso ove è ubicato il Bivacco, che in questo punto del vallone segna il confine con la zona degli gneiss occhiadini. Nel determinare la morfologia di questa parte del vallone di Ciardonei, nella quale si trovano non a caso  anche gli alpeggi più grandi, ha  sicuramente giocato un ruolo fondamentale anche la tipica azione glaciale, con i suoi arretramenti ed avanzamenti uniti ad intensità di erosione differenziate sul territorio,  spesso nel giro di poche centinaia di metri

La "Vi Viei"  


La "Vi Viei"
Questa volta, anzichè partire da Forzo, decidiamo di lasciare l'auto  poco più in basso , a Pezzetto, per percorrere la suggestiva "Vi Viei", ovvero l'antica mulattiera che collegava Pezzetto a Molino di Forzo, oggi arricchita dalle opere d'arte di alcuni abitanti, già protagonisti della realizzazione dei famosi presepi che vengono annualmente esposti tra l' Immacolata e l'Epifania: vi invitiamo caldamente a venire a visitare questa "galleria d'arte" a cielo aperto.
L'idea di una partita a scacchi in riva al torrente mi attira ogni volta che passo di qui , ma il tempo è sempre tiranno !
Da Molino di Forzo, ove si trovano i locali della Società Operaia e l'Osteria delle Alpi ( unico esercizio pubblico del vallone di Forzo che fa anche da rivendita di alimentari) , lungo la strada asfaltata in breve raggiungiamo Forzo. 

Da Forzo al Vasinetto

Il sentiero per il Vasinetto costeggia a sinistra la frazione per addentrarsi nel "vallone" ( forse sarebbe più corretto denominarlo "comba" ) inciso dal "rio Forzo":  denominazione adottata dall'Igm che corrisponde al "rio Tumelet"  nella più recente carta Mu della Valle Soana. 
L'impetuoso torrente che percorre questo ampio quanto breve fondovalle laterale,  caratterizzato dalla presenza di una discreta superficie prato-pascoliva,   è il risultato dell'apporto di tutta una serie di rii minori. Alcuni  capi bovini di razza piemontese stanno ancora pascolando nei dintorni...
Bovine al pascolo nei pascoli adiacenti Forzo

Le  superfici subpianeggianti  e terrazzate lasciano però spazio, nel giro di poche centinaia di metri, a  versanti con pendenze via via crescenti e molto accentuate, con  insediamenti umani temporanei sparuti e poveri, specialmente ad est ed a sud , in direzione della comba del Meialet .
Salendo al Vasinetto: il monte Colombino 2470 m  ( al sole)  e la costa Vargnei ( in ombra) delimitano la selvaggia comba
Le cose vanno un pò meglio in direzione nord, dove il versante sx idrografico è costellato da numerosi alpeggi, e dove una bella mulattiera risale ripida all'interno del bel bosco di larici  passando nei pressi di diversi alpeggi ( Prariond, Betassa, Surinà, Combi), fino a raggiungere la sommità del versante, ove è posta la casa di caccia Vittoria , di proprietà privata, con magnifica vista sulla Torre Lavina e sull'alpe Gran Fumà, posta sull'altro versante della profonda gola incisa dal rio Pisone.
Magnifica vista sulla Torre Lavina

Oltre alla bellezza della struttura, è sempre magnifico il colpo d'occhio di cui si gode da questa balconata naturale, in special modo sulle vette circostanti, oggi di bianco vestite, con il primo abito nevoso della stagione, tra le quali svetta l'elegante piramide della Grande Uja di Ciardonei.
Dalla casa di caccia, vista sulle cime circostanti. In fondo a sx l'elegante sagoma della Grande Uja.

La casa di caccia

Dal Vasinetto all'alpe Pian delle Mule

Guardando verso valle, zone in ombra ed assolate
Dalla casa di Caccia, passando nei pressi delle costruzioni delle grange Vasinetto, il sentiero costeggia il rio Geri; lasciato a sx il bivio per il passo del lago Gelato ed a dx un ponticello in legno con le indicazioni per l'alpe Muanda,  prosegue lungo il fondovalle ancora non completamente illuminato dal sole. 
Alpe Pian delle Mule; sullo sfondo a dx Roccia Azzurra e Monveso di Forzo
Dove il sole non è ancora arrivato, le pietre sono ancora avvolte da una sottile pellicola di ghiaccio, ragion per cui occorre fare attenzione a non scivolare onde evitare "legnate", e si sente che siamo a fine ottobre ad oltre 2000 m di quota. 
Fortunatamente il percorso segnato molto presto si alza in direzione dell'alpe Pian delle Mule, dove il sole splende e le temperature sono decisamente gradevoli.
Il paesaggio circostante l'alpe Pian delle Mule 2285 m è dominato dalla Roccia Azzurra 3305 m e dal Monveso di Forzo 3319 m , ma  sono le costruzioni dell'alpeggio a catturare la nostra attenzione ed a spingerci ad un approfondimento!
La prima cosa che notiamo è la luce sopra la stalla, con porta, che indica la presenza di una mansarda ad uso abitazione ; non si nota però nessuna scala di accesso. 

E' caduto il letto!
Una veloce ispezione conferma la nostra impressione: nella stalla possiamo osservare la rete metallica di un letto, ormai  caduta sul pavimento al pari delle assi di legno che costituivano il tavolato della mansarda! Anche la copertura in lose, a giudicare dalla grande quantità di luce che vi filtra, non sembra destinata a sopravvivere a lungo; in compenso però la luce ci consente di ammirare l'orditura del tetto, realizzata in legno di larice con struttura portante a capriata.
Travi e pali appaiono perlopiù in buone condizioni, a testimonianza della grande durabilità di questa essenza legnosa: "basterebbe" intervenire al più presto mettendo a posto le "lose".

Ed anche il soffitto!
Al fondo della stalla , un muro divisorio separa un altro locale da quello destinato al ricovero degli animali. Qui viene  anche risolto in parte l'enigma dell'accesso al piano mansardato: una scalinata in pietre e cemento ne garantiva l'accesso dall'interno! Ma un accesso doveva esservi pure dall'esterno: altrimenti come spiegare la presenza di una porta ? Sarebbe bastata una finestra od un piccolo lucernario!
Vano d'accesso interno al piano mansardato
 A che cosa serviva quest'altro locale ? Con ogni probabilità era destinato alla caseificazione ! A nord della stalla, nei pressi di una roggia, ecco i resti di un "crutin" ( o così almeno presumiamo)...
Resti di un "crutin" ?
Ed ecco che chiudendo gli occhi sembra di veder nuovamente scorrere la vita umana in questo luogo: il suono dei campanacci, il calpestio ed i muggiti dei bovini che rompono il silenzio della notte, "cullando" il sonno dei pastori;  la fioca luce di una lampada a petrolio che scalfisce il buio della notte con grande parsimonia; il tepore animale che riscalda l'ambiente, a sostituzione della stufa; i secchi di latte versati nel grande paiolo di rame, margari e garzoni impegnati a pulire la stalla, a spandere il letame, ad andare o ritornare dal pascolo.
Sembra anche di sentire l'odore di letame ed urina proveniente dal piano terreno, magari non insopportabile ma inevitabile bolletta da pagare , più o meno salata, per godere del  tepore bovino...

Dall'alpe Pian delle Mule al bivacco Revelli

Laghetto q.2290 m
Nei pressi dell'alpeggio, un bel laghetto è situato immediatamente a valle della spalla erbosa sopra la quale si trova l'ormai vicino Pian delle Mule. Quando giungiamo nei pressi della sommità di tale spalla, ecco che comincia la presenza di neve al suolo, dapprima discontinua e poi via via più consistente fino a divenire continua dal pian delle Mule in poi. 
E qui cominciano anche le nostre maggiori fatiche, dato che pur essendo lo spessore della neve di pochi centimetri, a causa del caldo la sua consistenza si presenta molle e sfondosa, ma anche le maggiori soddisfazioni: anche noi dobbiamo pagare la nostra bolletta alla stagione!
Grande Uja allo specchio
Giunti nei pressi del Pian delle Mule, ecco lo spettacolo della Grande Uja che si specchia in una piccola pozza d'acqua. Che dire allora del Pian delle Mule? 
Pian delle Mule
E del lago omonimo , vero e proprio "tesoro blu" oggi rivestito d'argento ? Oggi è tutto semplicemente perfetto, meraviglioso: qualunque parola ora mi sembra superflua, "può solo fare danni", parafrasando i Depeche Mode...
Lago Pian delle Mule

Parafrasando invece gli Aerosmith,  penso che vorrei rimanere sospeso in queste emozioni per sempre, se solo si potesse fermare il tempo ! Ma il tempo non si può fermare, ed allora occorre far tesoro di ogni attimo di felicità, cogliere ogni respiro della montagna, sentirsi tutt'uno con la Terra, godersi questi assaggi di paradiso. Certamente la fotografia ci viene in aiuto nel fissare dei ricordi,  che sono però dei pallidi ricordi, poichè le emozioni ( grazie a Dio) non si possono ancora fissare su un rullino o su una sd card: esse sono autentiche! Autentiche come le nostre montagne : non farei mai a cambio con Cervinia, Gressoney o Courmayeur, nonostante il Cervino ed i massicci del Rosa e del Bianco siano indubitabilmente paesaggi molto più grandiosi, maestosi.
Tornando al sodo, ecco che da qui cominciamo a scorgere in lontananza il bivacco Revelli: esso si trova in cima allo spalto roccioso posto oltre il lago, al fondo del pianoro glaciale, ossia proprio dove ci si aspetterebbe di trovarlo. A dispetto della posizione però, esso non è così facilmente individuabile, specialmente in caso di nebbia o maltempo!
L'ultimo tratto del percorso è il più duro, poichè sovente la neve marcia sulla quale camminiamo ricopre un terreno pietroso con i relativi buchi, oltre a coprire i più che mai preziosi ( in questo caso) segni biancorossi:ecco che  il costo della bolletta sale ulteriormente!


Il bivacco Revelli

Il bivacco Revelli- Viano 

Il bivacco , di proprietà della sottosezione Geat del Cai di Torino, dispone di 4+1 posti letto ed è dedicato alla memoria dell'accademico Luigi ( Gino) Revelli , caduto il 3 luglio 1955 nel canalone di Lorousa nelle Alpi Marittime, insieme alla ventenne Maria Celeste Viano.  
Da qui si domina la valle e si ha anche un'ottima visuale sulle montagne circostanti; le temperature sono davvero gradevoli, tanto gradevoli che come dessert posso addirittura permettermi il lusso di pucciare un krumiro nella cioccolata calda !
Cioccolata calda e krumiri al bivacco

Panorama verso la Torre di Lavina


Roccia Azzurra e Monveso
Proseguendo oltre il bivacco in direzione nord-ovest è possibile raggiungere il ghiacciaio di Ciardonei, l'ultimo ed unico ghiacciaio della valle Soana, ma non è oggi il giorno adatto per farlo.

Il pian della Valletta


Poco sotto lo spalto del bivacco si trova il bivio tra il sentiero proveniente dal Vasinetto,da noi percorso in salita,  e quello proveniente dall'alpe Muanda, dal quale scenderemo. Complici la neve e la scarsa visibilità dei segni dovuta alla bianca presenza, scendiamo al pian della Valletta alla meglio, anche se davvero non possiamo sbagliare perchè c'è visibilità ed il lungo pianoro glaciale si trova proprio sotto di noi ! 
Che lo si guardi verso monte o verso valle, l'ambiente è davvero mozzafiato: ricollegandoci alle riflessioni di cui al Pian delle Mule, lasciamo dunque la parola ai ricordi fotografici...
Vista verso monte

vista verso valle 
Giunti quasi al fondo del lungo pianoro, incontriamo le indicazioni per la Finestra Valletta, valico che mette in collegamento con l'adiacente vallone di Lavina. Bisogna riconoscere che in questi anni  il comune di Ronco Canavese sta davvero svolgendo un egregio lavoro sulla sua rete sentieristica: pulizia periodica, segnali, cartellonistica. Complimenti e grazie a chi amministra il comune!
bivio per la Finestra Valletta


Giochi di luci al fondo del piano

L'alpe Muanda e la Gran Fumà

Ma le attrattive di giornata non finiscono qui: abbandonato il Pian Valletta, con discesa ora più veloce raggiungiamo l'alpe Muanda, ove si trova un casotto di sorveglianza del Pngp e dove un tempo si trovava il "rifugio Forzo" ( ancora segnato sulla cartina Igm riportata nell'articolo). 
Casotto Pngp Muanda
Ignorata la diramazione  che a destra va verso il Vasinetto, continuiamo la discesa raggiungendo l'alpe Gran Fumà, recentemente oggetto di una magnifica opera di ristrutturazione da parte dei proprietari. Qui si che ne venivano ospitate di vacche, durante la stagione estiva! Un alpeggio nobile, oserei dire! Quando lo raggiungiamo il sole se ne è già andato, ma non dalle vicine vette, dando così vita ad un bel contrasto di luci e colori..
Gran Fumà e Torre Lavina

Boschiettiera 

Abbandonati i pianori dell'alpe Gran Fumà, il sentiero, dopo essere passato nei pressi delle diroccate Grange Vellerei, entra nel bosco di larici ed incomincia a scendere ripido verso Boschiettiera, borgata un tempo abitata tutto l'anno, al pari della vicina Boschietto.
Si scende nel bosco di larici...
Attraversato il torrente Forzo su di un sontuoso ponticello in legno di recente costruzione, ecco che arriviamo nella bella Boschiettiera, che per quelli che sono gli standard della nostra zona rappresenta la realizzazione materiale di un sogno: una borgata in buone condizioni generali , con diverse abitazioni ristrutturate in maniera eccellente  pur non essendo raggiunta da alcuna pista o strada ( nella maggior parte dei casi per vari motivi  non si riesce a ristrutturare anche se i fondi sono serviti da piste) . E lo stesso discorso potrebbe essere fatto per la vicina  Boschietto .  Praticamente un miracolo, anzi due: sarà merito della protezione della Madonna della Neve, cui è intitolata la cappella di Boschietto ?
Un sontuoso ponticello in legno

Boschiettiera, un sogno realizzato ? 

 E per finire...

Mentre riprendiamo a scendere verso Forzo, penso che se Boschietto e Boschiettiera fossero abitate tutto l'anno sarebbe il massimo : ma chi può davvero permettersi di vivere qui tutto l'anno ? Sono sicuro che molti vorrebbero anche farlo, ma non possono! Famiglia, lavoro etc etc 
Un saluto alla Punta Rossa di Forzo
Abbandonata la mulattiera che scende a Tressi, attraversiamo su un ponte il torrente Forzo, che qui si mostra in tutta la sua esuberanza e bellezza, con le sue spumeggianti rapide e le pozze cristalline , fino a raggiungere l'omonima borgata. 
Arrivati a Molino vediamo che c'è parecchio movimento: alcuni sono intenti a fare le caldarroste ed anche  l'Osteria delle Alpi è animata! Perchè non prenderci qualcosa di caldo prima di tornare a Pezzetto
Tanti anni fa - forse una ventina, non avevo ancora la patente - ero venuto ad assistere al concerto di alcuni amici che avevano suonato proprio qui ed avevo perso il telefono cellulare, prontamente ritrovato dai gestori di quel tempo: così il giorno dopo, accompagnato da mio padre , andai a riprenderlo. Entrambi facemmo una consumazione, per piacere e per riconoscenza. Ricordo che io presi un rabarbaro caldo con zucchero, dato che non avevo digerito bene...
All'interno del locale si respirano un'atmosfera famigliare ed un bel caldo di stufa a legna; gli avventori mostrano una rilassante vivacità, chiacchierando con gusto.
Rinfrancati nel corpo e nello spirito, riprendiamo la Vi Viei a sera, per far ritorno alla macchina, con la quale facciamo  un'ultima puntata a Ronco capoluogo per fare shopping di tome locali ed ammirare l'arrivo del nuovo Postamat ( finalmente anche la Valle Soana ha nuovamente un punto di prelievo del contante ) prima di fare ritorno a casa. La valle Soana ha molto da offire!

Conclusione

Bene, per la prima volta su questo blog ci siamo occupati  del vallone di Forzo. Ma le sue attrattive non finiscono qui : senza dubbio torneremo a parlarne in futuro! Nell'attesa, vi ricordo che trattasi di escursione obbligatoria e dunque la prossima estate dovrete necessariamente recarvi al bivacco Revelli. Specialmente se avete avuto il gusto ed il coraggio di arrivare fino al fondo di questo articolo! Arrivederci ed a presto con le storie!