}

domenica 22 novembre 2020

Attento che cadi : di un incidente in montagna e del Pian Talurn da Frassinetto, anello per il lago Verdassa

In questo numero...

Nonostante quest'anno a fine giugno fossimo già stati al monte del Prà, passando dal lato Val Soana e realizzando tra l'altro un giro ad anello di un certo livello, un pò d'amaro in bocca mi era rimasto, poichè avevamo trovato ancora parecchia neve in alto e, soprattutto, una giornata nuvolosa!
L'opinione di chi scrive infatti è che il pian Talurn sia enormemente più suggestivo se sgombro di neve e, naturalmente, in una giornata di cielo sereno o poco nuvoloso.  
In questo numero ci occuperemo anche dello spinoso tema degli infortuni in montagna: leggendo l'articolo capirete il perchè !
Salendo al monte del Prà 

Non c'è il 2 senza il tre!

"Posto ad una quota di 2722 m , il monte del Prà o Pian Talurn è a giudizio di chi scrive uno dei luoghi più significativi delle Alpi occidentali. Sulla sue pianeggianti e verdi sommità si incontrano ben tre vallate: la Valchiusella  a est , la valle Soana a ovest ed il vallone della Verdassa a sud-est. Si può dunque raggiungere sia da Fondo per la Bura at Talurn, che da Ronco Canavese per i valloni di Servino o di Canaussa o da Frassinetto per il vallone di Verdassa." ( tratto dal racconto "Balla coi Cervi" ).
Nella stagione autunnale poi la grande spianata del monte del Prà è resa ancor più affascinante dal mutare dei colori e dato che  in autunno ci siamo e  la salita dal vallone della Verdassa mi manca, la meta è decisa!

Ci sono tre modi  per salire ...

Parafrasando Sammy Rothstein, al secolo Robert De Niro, ci sono tre modi per salire : il modo giusto, il modo sbagliato ed il modo di Marco. Ed oggi a Davide, Elisabetta e Laura toccherà salire per l'appunto secondo il modo  di Marco;  mentre Elisabetta e Laura già sanno a cosa vanno incontro, per Davide si tratta della "prima volta". E, si sa, la prima volta non si scorda mai, anche perchè Marco, come di consueto, ha studiato la notte un giro corto per il mattino...

Marco De  Niro

L'idea è quella di salire alla punta del Bech e  di lì percorrere tutta la cresta sino in cima, per poi scendere dal lago Verdassa , realizzando così un simpatico giro ad anello.

 - "Ma quanto c'è di dislivello ?"
- " Boh, adesso non ho la cartina a portata di mano!"-
- " Ma questa gita c'è su Gulliver ? "
- " Mmm, non credo proprio!"

Elogio della follia ( e delle montagne ) 


Hp Lovecraft

Le nostre montagne non hanno forse qualcosa in comune con quelle immaginate da H.P. Lovecraft ne "Le Montagne della Follia"? Percorrendole non troviamo forse ogni volta i resti di antiche civiltà scomparse ? E se un giorno, nel nostro peregrinare, scoprissimo in una caverna i corpi congelati di strane creature ancor più antiche e dotate di temibili poteri soprannaturali, tali da condurci alla follia

Nel caso, poco male: noi un pò folli già lo siamo ! Del resto,  come sosteneva Erasmo da Rotterdam , non è forse la follia a diffondere la vita ? Cosa c'è di più folle dell'innamorarsi o dell'amare delle creature ancor prima di conoscerle, come accade tra genitori e figli? 
"La regola essenziale della felicità è voler essere come si è "e dunque per "essere felici occorre essere pazzi"  , avere l'audacia di vivere senza troppo curarsi di ciò che prescriverebbero saggezza e ragionevolezza, poichè non esiste una formula scientifica per la felicità!

Cosa può accadere dunque quando persone folli  si ritrovano assieme ad  esplorare le montagne della follia ?

La follia dei singoli messi a contatto si neutralizza, si somma, si moltiplica o cresce esponenzialmente ? 
 




 

Attento che cadi", cantavano Jo Squillo e Sabrina Salerno. Effettivamente, essendo la prima volta che si ritrovavano assieme in un'escursione  (con me )  Laura ed Elisabetta,  avevo il presentimento che qualcosa di non convenzionale potesse accadere! Ma andiamo con ordine...



Avvicinamento in auto

Raggiunta Frassinetto in auto, si svolta a sinistra in direzione di Berchiotto ; superata la frazione, la strada carrozzabile si addentra nel vallone della Verdassa e la si segue fin nei pressi dell'alpe Losa di Ferro, dove scende ad attraversare il torrente su un guado. Due cervi , un maschio ed una femmina, ci attraversano la strada, quasi a volerci preannunciare la "selvaticità" del luogo.

Pasticciando la foto della cartina...


Attenzione che le linee "pacioccate" sull'immagine in arancione e rosa non rappresentano il percorso da noi affrontato! Parte della traccia la trovate nell'immagine qui sotto:


Parte della traccia su ctr Piemonte






Dall'alpe Losa di Ferro a Querio ( into the wild ) 

Lasciata l'auto poco oltre l'alpe Losa, attraversiamo il rio Verdassa sul guado e, giunti sull'altra sponda, ci portiamo alla borgata Querio lungo l'antica mulattiera.
Querio

Dalla borgata bisognerebbe ora scendere leggermente ad attraversare il rio Querio: il condizionale è tuttavia d'obbligo, poichè a proposito del "modo di Marco", ecco che il leggendario "morbo del ravanatore" ( ecco la follia! ) colpisce il nostro ancor prima che i raggi del sole lo "bacino"; e dato che i compagni d'avventura devono in questo caso giocoforza fare totalmente affidamento su di lui, essendo nuovi della zona , la variazione di percorso viene decisa senza alcun "preavviso" vocale. E' tutto nella testa di Marco: - "mi piacerebbe provare una volta a salire direttamente dall'alpe Carpior!"

Da Querio all'alpe Carpior

"Percorso stupendo": fino ai ruderi dell'alpe Caprera il percorso è ben evidente, anche se ci tocca farlo "un poco strisciando"...
"Percorso stupendo..."

"Un poco strisciando..."

Da questo punto in poi perdiamo la traccia   e cominciamo una simpatica quanto involontaria "esplorazione" tra vaghe tracce su versanti ripidi ed accidentati, fino a raggiungere una panoramica cengia occupata da un bel boschetto di faggi, dove è naturale concederci una meritata pausa!
Dalla cengia, vista verso la dorsale del Bech

I colori dei faggi sono bellissimi in questo inizio di "foliage"; molto bella anche alle nostre spalle la relativamente comoda dorsale che sale da e per l'alpe del Bech ( che avremmo dovuto percorrere in salita nelle previsioni iniziali ) . 


Sull'orlo del precipizio ci invita a giocare..


Molto accattivante anche l'ambiente circostante, ripido e dirupato; qualcuno anzi  "sull'orlo del precipizio" ci invita a giocare. 
Ma il raggiungimento di questa "oasi tra i dirupi", non significa certo la fine delle nostre peripezie: dopo aver effettuato un breve traverso in direzione nord, ecco che riprendiamo a salire per vaghe tracce di animali lungo ripidi pendii, aiutandoci talvolta con le mani, fino a raggiungere una parete appoggiata che pare essere l'ultimo ostacolo a frapporsi tra noi e l'alpe Carpior.
Si sale nel ripido, aiutandosi talvolta con le mani...



nel ripido...

Tirandosi su nel busciass


- "Ma non è che poi ci tocca fare dietrofront? Disarrampicare sta roba ? " - mi chiedo e chiedo ai miei "soci".
- " Secondo me no. E poi siamo in grado di tornare indietro..."  - risponde Laura
- " Dai basta, andiamo!" - sprona Elisabetta
E così, un pò goffamente ed aiutandoci a tirarci su  con quel poco  di "busciass" ( termine dialettale per indicare la presenza di arbusti") a disposizione, ecco che superiamo l'ostacolo per ritrovarci - è quasi magia - proprio nei pressi dell'agognato alpeggio, che abbiamo dovuto sudare quanto una cima!
Su per la parete appoggiata...

E dire che arrivati all'alpe Caprera sarebbe bastato guardare un pò meglio la cartina e spostarsi in direzione est per raggiungere la dorsale percorsa dal sentiero. Scrivo queste fondamentali righe a beneficio di futuri emuli, pur consapevole del rischio di venire assassinato dai miei compagni d'avventura, resi furenti dalla... verità!

Dall'alpe Carpior a Cima Carpior

Salendo verso la cresta, panorama verso la Piata di Lazin


Sbucati ormai nei vasti pascoli dell'alpe Carpior, non resta che seguire la dorsale erbosa che passando per l'alpe Balmela 2060 m conduce ai 2301 m della cima. Qui arriva anche il sentiero n° 10 della rete sentieristica recentemente segnalata e sistemata dal comune di Frassinetto, davvero un ottimo  lavoro!

Cima Carpior

Da qui le successive elevazioni della Costa Carpior preannunciano un percorso a saliscendi fino all'arrivo : tutto allenamento, per di più con un meteo e panorami stupendi!




Immagini dalla cresta \1

Cresta, bella cresta... ( da cima Carpior al Pian Talurn) 


In cresta \ 2




Su questo tratto di percorso c'è ben poco da dire, salvo che si tratta di una cresta facile, divertente e panoramica, che abbiamo percorso praticamente sul filo fino in cima.

In cresta\3

Splendidi i colpi d'occhio sul vallone di Canaussa con i suoi laghi, e sull'ambiente circostante in generale.
Vista sul vallone di Canaussa e sul monte omonimo

Continuiamo quindi con le immagini riprese dalla cresta...

Vista verso vallone di Forzo e Torre Lavina
Due dei laghi di Canaussa



Sullo sfondo: da sx verso dx dalla Piata di Lazin al Monveso di Forzo

Il lago Verdassa visto dalla cresta


La caduta di Varda


Giunti nei pressi dell'ultimo pendio adducente alla tondeggiante cima del pian Talurn ( ormai mancano pochi metri!), ecco che accade l'imponderabile: di colpo mi inciampo  e cado come un sacco di patate, prendendo una forte botta al ginocchio sinistro.
Quante volte sono caduto e scivolato in montagna ? Tantissime, fa parte del gioco! Ma sempre in situazioni non pericolose e soprattutto con una certa padronanza dell'imprevisto, un certo controllo dei movimenti.  In questo caso purtroppo il controllo è quasi del tutto assente: l'unico riflesso che riesco ad avere è quello - in extremis - di mettere avanti la mano destra per non battere il muso sulle pietre!
Quante volte chiacchierando o  navigando sui social sentiamo e leggiamo commenti legati agli incidenti più o meno gravi  che si verificano in montagna e che richiedono l'intervento dei soccorsi? "Ha sbagliato là" ... "E' stato imprudente qua"... Insomma tutti scienziati, che a volte avranno pure ragione, a volte no, ma la realtà è che a volte succedono delle "disgrazie", come nel mio caso. E' brutto dirlo, ma può accadere a chiunque di scivolare improvvisamente o cadere : sono cose che a volte semplicemente succedono
Diventa quindi fondamentale adottare comportamenti corretti di fronte a questi imprevisti ed essere attrezzati.
Dolorante a terra...


Cosa fare in caso di infortunio 

Eccomi così dolorante a terra, tra lo sgomento dei compagni, che molto correttamente   non cercano di muovermi ( se ci fosse qualcosa di rotto o di incrinato, rischierebbero di peggiorare la situazione) senza prima essersi sincerati della mia condizione.
Per fortuna nello zaino ho del materiale di primo soccorso, tra cui non manca del ghiaccio istantaneo , fondamentale per lenire il dolore ed evitare eccessivi  gonfiori od ematomi troppo estesi.
 - "Marco come va ?" 
- " Non mi sembra di avere niente di rotto, ma per il momento non sono in grado di rialzarmi"
Se i miei compagni sono spaventati, un pò lo sono anch'io, perchè mi rendo conto che questa non è la solita botta al ginocchio e mi sono "infortunato" - per colmo di sventura -proprio  nel punto più lontano. 
Comincio così a slacciarmi lo zaino ed a chiedere ai miei compagni di tirarmi fuori il ghiaccio: 
- "Il ghiaccio, il ghiaccio, il ghiaccio!"
- "Ma dove ce l'hai? Nello zaino ?"
- "Si !"

Un nuovo protocollo sanitario

Il mio zaino è uno di quelli con l'apertura laterale , ma Elisabetta e Laura, che subito si "avventano" per soccorrermi, non lo sanno ( e del resto sono un pò spaventate anche loro) : ecco che me lo girano sulla  schiena, premendomelo  in faccia e dando  in questo modo  vita ad un nuovo ed originale protocollo sanitario: il soffocamento preventivo dell'infortunato.
- "Ma cosa fate!!!"
- "Dove hai messo il ghiaccio ??? "
- "E' in fondo allo zaino!"
- " E allora !"
- "Il mio zaino ha l'apertura laterale!"
Niente da fare: l'apertura laterale non verrà utilizzata , ma alla fine conta il risultato: il ghiaccio istantaneo viene estratto dal kit di pronto soccorso ed applicato sulla parte contusa, sotto lo sguardo divertito di Davide. Devo anche ammettere che il soffocamento tramite zaino ha contribuito non poco a calmarmi.
Il ghiaccio mi dà un sollievo immediato, tanto che dopo una decina di minuti comincio già a pensare di rialzarmi. Su invito dei miei compagni  però, rimango prudentemente disteso a terra ancora per un pò. 
L'atmosfera ora si è fatta più rilassata, anche se il mio pensiero è fisso sulla lunga discesa che ci aspetta: ce la farò ad affrontarla o comunque ad arrivare prima di notte con il ginocchio in queste condizioni ? 
Con me ho comunque la pila frontale ( ormai ho imparato dall'esperienza) ... 


Risoterapia

Contenuto ideale di un kit di primo soccorso in montagna:

  • Ghiaccio istantaneo
  • Acqua ossigenata ( per detergere le ferite e rimuovere i corpi estranei)
  • Soluzione fisiologica ( per lavare le ferite)
  • Disinfettante iodato ( per la disinfezione vera e propria) 
  • Cotone, garze, bende, cerotti vari ed altro materiale sterile

Nel mio kit non mancano mai anche delle bustine di integratori di sali minerali ( molto utili  in caso di sintomi da affaticamento e come "placebo" in generale)  e dei lacci di ricambio per gli scarponi, che non si sa mai.

In vetta



Mi strascino in vetta..

Rialzatomi infine in piedi, ecco che mi strascino fin sul panettone di vetta, che troviamo ovviamente spolverato dalla neve caduta nei giorni precedenti e con un piccolo branco di camosci , subito fuggiti, a farci da benvenuto. Anch'io decido di isolarmi un poco, per una pausa di riflessione: l'umore non è esattamente dei migliori, a causa delle preoccupazioni per l'immediato futuro...
Comitato di benvenuto, subito dileguatosi

In isolamento volontario


Naturalmente ora che siamo a metà giornata ( e nonostante sia già l'11 ottobre ) , un pò di nuvole basse salgono ad avvolgerci ( la val Verdassa, così vicina alla pianura, non si smentisce mai), garantendoci comunque una discreta visibilità!
Prima di scendere, eccovi due o tre foto scattate dalla vetta...

Vista verso il Monfandì

Sulla tondeggiante cima...







Verso il lago Verdassa ed oltre ( la discesa fastidiosa) 

I sentieri di Frassinetto



Salendo, come di consueto, avevo già lanciato un occhio per capire dove scendere; attività superflua dato che arrivati in cima ci rendiamo conto  che la solerte amministrazione comunale di Frassinetto aveva già provveduto a segnalare anche il percorso  verso il lago Verdassa, contrassegnato  sempre con il numero 10.
Nel valloncello spolverato di neve




Arrivati circa all'estremità orientale del pian Talurn, presso quello che sulla carta MU è denominato "colle di Pian Tallorno orientale", si imbocca in discesa il  canale che porta in uno stretto valloncello compreso tra il monte del Prà e la vicina punta della Mionda, oggi ben spolverato da qualche centimetro di neve! Da queste parti dovrebbe esserci anche il laghetto "Verdassa superiore", ma può darsi che oggi non sia visibile poichè siamo a fine stagione e potrebbe essere asciutto!

E il laghetto Verdassa superiore? 
L'unico mio cruccio è che per colpa della caduta sono costretto a scendere molto più lentamente del solito, nonchè a fare attenzione ad ogni passo, poichè al momento non posso assolutamente fare forza sul ginocchio sinistro, pena un dolore intenso : mi tocca a volte usare i bastoncini quasi a mò di stampelle...
Neve nel sacchetto...


Usciti dall'ombroso valloncello di cui sopra, ritorniamo ad affacciarci in direzione sud verso Frassinetto ( e sul sottostante lago Verdassa) :  constatata la perdita del potere refrigerante del ghiaccio istantaneo  applicato sul ginocchio, decidiamo di sostituirlo ( più che dignitosamente ) con un sacchetto dell'Ikea riempito di neve, prima che di neve non se ne trovi più!

Sotto di noi il lago Verdassa
 

Finita la medicazione , in breve raggiungiamo le amate sponde del lago , ove è d'obbligo un'altra meritata pausa!!!
Dal lago seguendo ora il sentiero n° 9 torniamo all'alpe Losa di Ferro passando per le alpi Vardasson e facciamo ritorno all'auto quando ormai è giunto il tramonto...

Conclusioni

Fortunatamente il mio "incidente" non ha dato luogo a conseguenze particolari, ma ricordate : non andate mai in montagna da soli ( se possibile ) e portate sempre con voi materiale di primo soccorso !E questo è tutto gente!!!
Arrivederci ed a presto con le Storie!





domenica 1 novembre 2020

Rosa dei Banchi dalla cresta della Borra e discesa dal vallone di Campiglia

Introduzione

 -"Sai, mi hanno proposto di andare alla Rosa dei Banchi..."

- " Sempre una gran bella gita! Questa volta però vorrei salire dal colle della Borra, da lì non l'ho mai fatta !"

- "Si si , facciamola da lì!" 








Gli itinerari classici per questa montagna simbolo della valle Soana sono infatti quello con partenza da Campiglia via colle della Balma e quello con partenza da Piamprato passando per la cima Beccher

Da Piamprato si può anche percorrere tutto il vallone delle Fontane e quindi raccordarsi alla parte finale della cresta  della Borra, oppure salire passando per il pian delle Manze e la Punta delle Fontane 3068 m: il nostro intento però è quello di percorrere integralmente (per quanto possibile in base alle nostre capacità ) la cresta sud.

Quando si sceglie un itinerario "nuovo" o poco battuto, è sempre bene raccogliere informazioni "sicure" ; l'amico Loris questa volta è sintetico: " difficoltà massima intorno al III° grado, passaggi un pò esposti ma quasi tutto aggirabile".

E allora, se tutto è aggirabile,  cosa stiamo aspettando ? 

Da Piamprato al colle della Borra

Alpe Vandilliana


Alle  6.30 a Pont Canavese facciamo una sosta per salutare un gruppo di amici escursionisti che aveva deciso di salire invece per il vallone di Campiglia, lasciandoci con la promessa di aspettarci vicendevolmente in vetta. 
Sono da poco passate le 7 del mattino del 19 settembre 2020, cioè sta facendo giorno, quando io, Elisabetta ed Eleonora cominciamo a camminare: dal parcheggio posto in fondo all'abitato di Piamprato percorriamo la pista agrosilvopastorale che raggiunge l'alpe Ciavanassa e l'omonima seggiovia, proseguendo su di essa fino alle Grange Prariond, raggiunte le quali attraversiamo il rio Piamprato per imboccare  il comodo e ben segnalato sentiero che, passando per l'alpe Vandilliana e le grange della Borra,  conduce  al colle della Borra 2578 m.
Su questo tratto del percorso c'è ben poco da dire, salvo che l'alpe Vandilliana durante la stagione estiva ospita un margaro che produce un'ottima toma mista di latte vaccino, ovino e caprino.

Grange della Borra



Dal colle della Borra alla punta della Balma

Aggiriamo la prima insignificante asperità


Arrivati al colle della Borra, comincia l'avventura ! Sin da subito decidiamo di abdicare al principio della cresta integrale, poichè la prima asperità della cresta è talmente insignificante e facile da aggirare che davvero non vale la pena di perderci del tempo: raggiungere la cima oggi è la priorità ( altrimenti sai che figura..) !
Ovviamente l'aggettivo "facile" va messo tra virgolette: tutto dipende dalla confidenza che ciascuno di voi, cari lettori, ha con il fuori sentiero ed i traversi su ripidi pendii di erba ulinna!
L'elegante cresta e la vicina punta della Balma



La sagoma della vicina punta della Balma 2962 m ci impedisce di arrivare con lo sguardo sino alla meta finale, ma ciò che vediamo è piacevole per gli occhi: una cresta dalle forme eleganti e "ben disposta" nei nostri confronti o meglio disposta in modo tale da risultare agevolmente interpretabile.

Qualcosa aggiriamo....
Il mantra della giornata sarà infatti sempre il medesimo: aggiriamo o non aggiriamo ? Qualcosa sì e qualcosa no... 



e qualcosa no...


La quota 2771 m della cresta  decidiamo di aggirarla sul versante Campiglia :  da qui alla punta della Balma questo sarà certamente il tratto più sfidante e difficile della giornata.
Un sistema di cenge a volte piuttosto esposte

Un primo canalino roccioso\detritico

Eleonora ed Elisabetta alle prese con il "muro" (1)

Eleonora ed Elisabetta alle prese con il "muro" (2)



Dapprima traversiamo lungo un sistema di cenge a tratti anche parecchio esposte ( vietato perdere l'equilibrio), per poi vincere in sequenza un canalino roccioso/detritico quasi verticale, un "muro" di detriti e roccette appena "appoggiato" ed infine un ultimo canalino roccioso tramite il quale accediamo ai 2962 m della punta della Balma.
Un ultimo canalino...
Affrontare l'ultimo passaggio, a dire il vero un pò atletico , necessario per sbucare in punta costa al sottoscritto un pò di "spaghetto", come si dice, per fortuna superato senza drammi grazie al supporto delle mie due compagne d'escursione.


Elisabetta sbuca sulla punta della Balma

Guardando all'orizzonte, ecco che il panorama a nostra disposizione si arricchisce del gruppo del Monte Rosa...
Il gruppo del Rosa spunta all'orizzonte


Alla luce dei fatti, valeva davvero la pena di aggirare la quota 2771 m ? Sicuramente si: il percorso in cresta sarebbe stato molto più esposto e perciò pericoloso! 


Dalla punta della Balma alla Rosa dei Banchi


Tra noi e la cima, un'ultima asperità

Tra noi e la cima della Rosa ( ora ben visibile ) non resta  che la quota 3048, che decidiamo di aggirare sul versante Piamprato per erba e pietrame, riprendendo il filo di cresta immediatamente dopo.

Che superiamo per erba e pietrame...

Ora la cresta si è fatta prevalentemente roccioso\detritica ; superato un ultimo salto tramite roccette, ecco che perveniamo al pendio terminale

Superando un ultimo salto...

Perveniamo al pendio terminale

I nostri amici escursionisti nel frattempo sono già arrivati in vetta da Campiglia : seguono reciproche congratulazioni e pranzo al sacco. Dopo l'immancabile foto di vetta, ecco che accettiamo di buon grado l'offerta dell'amico Ernesto: "scendete pure a Campiglia con noi se volete, poi vi riaccompagno io alla macchina a Piamprato!"


Foto di vetta


In fondo, perchè no ? Quando ci ricapiterà l'occasione di fare una simile traversata, per di più avendo a disposizione un passaggio? Offerta accettata e grazie Ernesto!


Discesa a Campiglia

Scendendo a Campiglia ...





Ora che ci siamo aggregati a Primo, Anna, Ernesto e  Antonio il gruppo è diventato di una certa consistenza, e così anche l'atmosfera si è fatta meno silenziosa e più allegra ( non che prima piangessimo) .

Il punto più delicato è stato attrezzato...
Disceso il primo pendio detritico, l'itinerario per Campiglia prosegue lungo la cresta spartiacque val Soana\Champorcher in direzione del colle della Balma 2959 m. Il passaggio più delicato ed esposto è stato da diverso tempo attrezzato con dei canaponi; non va comunque sottovalutato il resto del percorso, poichè vi sono comunque tratti esposti.
Al colle della Balma

Dal colle della Balma il percorso segnalato scende ripidamente per erba e sfasciumi lungo la dorsale che da la Pointe du Lac Gelè scende a dividere i sottobacini della Balma e dell'Arietta; giunti nei pressi del valico Balma- Arietta le pendenze si fanno più dolci ed in breve raggiungiamo l'alpe Balma ( anche qui si producono durante la stagione estiva tome d'eccezione) ed il vicino santuario di San Besso , dove ci concediamo una meritata pausa. 
Immediatamente ad est del santuario imbocchiamo il sentiero che  passando per le grange Pugnon scende ai Giarei e di qui alla passerella sul rio Campiglia posta proprio nei pressi dell'abitato omonimo.
Nei pressi del valico Balma- Arietta

Conclusioni
Campiglia ormai in vista...

Se l'itinerario di discesa non necessita di particolari commentari, essendo noto ed arcinoto, che dire di quello di salita ? Seppur non in maniera elegante, ci siamo divertiti tantissimo e l'abbiamo portato a termine: la prossima volta però ( se ci sarà una prossima) il nostro desiderio è quello di percorrere davvero integralmente la cresta! Per fare tutti i tagli che abbiamo fatto noi, converrebbe forse di più puntare direttamente alla punta della Balma od a risalire tutto il vallone delle Fontane. 
Ma queste sono cose che succedono a chi vuol ficcare il naso in ogni angolo ! Ficcanaso della montagna!
Arrivederci ed a presto con le Storie!