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martedì 27 maggio 2014

Il medioevo nelle valli Orco e Soana.

"Il castello di Pertica è costruito in modo meraviglioso alla sommità della Valle Soana e non può essere preso con nessuna astuzia, perchè si trova su una roccia a picco di un miglio di altezza e vi si può entrare solo attraverso una torre posta nel mezzo di una parete pure strapiombante". Così recita un passo del "De Bello Canepiciano, scritto da Pietro Azario, secondo la traduzione del dott. Mario Bertotti  ( 1). Nel medioevo la Valle di Ribordone era considerata parte della Valle Soana e la casaforte di Pertia si trovava al centro di  un importante  snodo di comunicazione tra Locana, Sparone, Ribordone e la Valle Soana sul versante sinistro idrografico dell'Orco. A quei tempi  gli spostamenti venivano compiuti per lo più a piedi o con l'ausilio di muli da soma, ed i percorsi di versante ed i colli erano più frequentati rispetto ai tracciati di fondovalle perchè più veloci e ritenuti più sicuri: non di rado infatti in epoca medioevale le nostre contrade erano  infestate dalla presenza di ladri e berrovieri ( cioè soldati mercenari  rimasti temporaneamente "disoccupati" ed allo sbando, autori di furti, omicidi ed episodi di violenza). Oltre a questa piaga, anche le continue scaramucce tra i feudatari locali, i conti delle famiglie Valperga e San Martino, mettevano a dura prova la sopravvivenza delle popolazioni ( a quei tempi infatti una delle "armi" più potenti della guerra era il saccheggio dei borghi e la distruzione delle altrui coltivazioni): se difendere orti e frutteti dall'azione violenta di una soldataglia era praticamente impossibile per la popolazione inerme, quantomeno si poteva cercare di mettere in salvo la proprià incolumità fisica ed i propri beni rinchiudendosi all'interno di una casaforte, che per essere espugnata avrebbe richiesto l'utilizzo di macchinari quali trabocchi e\o catapulte o la necessità di mettere in atto un lungo assedio per prendere i difensori per fame. 
Per queste esigenze di difesa vennero costruite nei borghi  più strategici numerose caseforti, alcune delle quali risalgono addirittura al periodo della dominazione franca e longobarda.
Ora però torniamo alla nostra casaforte: non si trova su una roccia a picco di un miglio di altezza, anche se siamo nelle vicinanze della punta rocciosa chiamata "truch Pertia" ( anch'essa alta decisamente meno di un miglio).   Alle spalle della casaforte vi sono le case del piccolo borgo omonimo e fino ad alcune decine di anni fa vi doveva essere un grande prato: se osserviamo attentamente la struttura della casaforte notiamo subito le differenze costruttive rispetto alle altre costruzioni: pietre ben squadrate, muri a lisca di pesce, architravi e riquadri di luci e finestre costituiti da grandi blocchi unici di pietra levigata, feritoie, certamente opera di muratori specializzati.
La vegetazione arborea in espansione non ci impedisce di notare anche come dalla "torre" la vista spaziasse fino al fondovalle: un ottimo punto di osservazione di fronte al quale, sull'altro versante della Valle Orco, corrispondeva un'altra struttura analoga posta all'incirca nella località oggi denominata Barchero o forse al Palocco Vecchio. Sull'età di origine della borgata è difficile pronunciarsi, certo è che la stragrande maggioranza di questi insediamenti rurali di "media montagna" siano nati in epoca medioevale. 
Ma salendo a Pertia partendo da Calsazio o dall'Apparè ci sono altri punti di notevole interesse: per esempio l'ingegnoso sistema di canalizzazione realizzato con pilastri di pietra a secco e tronchi di castagno lavorati a mò di grondaia, che intercettavano l'acqua del rio tre Croci per portarla alle borgate Scialva e Cuorgnana.
A Cuorgnana poi vi è una costruzione che nuovamente denota le caratteristiche tipiche di una casaforte, secondo l'analisi dell'amico Alberto Picchioldi: 
 
guardando la cartina potrebbe essere stata la casaforte "gemella" di quella del Pianit, sita dall'altra parte dell'Orco ad una quota inferiore di appena 130 metri. In località Scialva ( posta poco oltre Cuorgnana) e nei boschi dietro Calsazio troviamo anche due vasche di pietra di pregevole fattura.
Insomma quella alla casaforte di Pertia è un'escursione di notevole interesse storico e paesaggistico: per quanto ci riguarda e per quanto ne sappiamo abbiamo addirittura "scoperto" una casaforte a Cuorgnana.

(1) M. Bertotti, Documenti di storia canavesana, ed Corsac 1987 - 2012

lunedì 19 maggio 2014

Gli Indiani nel Vallone dell'Eugio

I "visi pallidi": ecco come un amico locanese chiama i "Ciciu", altri li chiamano "i funghi di pietra". In ambito scientifico vengono invece chiamati "singolarità geomorfologiche": formati in seguito all'ultima glaciazione, 15000 anni fa, sono il risultato processi erosivi interessanti i depositi glaciali, caratterizzati da accumuli di materiale parzialmente coerente costituito da sabbie, ciottoli e blocchi immersi in una matrice molto fine, limosa e\o argillosa. A seguito della progressiva erosione dell'accumulo, un blocco risulta“esumato”, diventando naturale protezione dall'azione delle acque piovane per il materiale sottostante, che si costituirà in colonna mano mano che il processo di erosione continua.
Questa particolare forma del territorio non si osserva ovunque poiché la natura del materiale sottostante il blocco, debole e poco coeso, può portarlo al collasso. Solo con il tempo la colonna può raggiungere caratteristiche di coesione e solidità  tali da permettere di sostenere il peso del blocco nel tempo. 
Tuttavia non è così sbagliato chiamarli "visi pallidi": come gli indiani, durante la bella stagione sono nascosti dalla folta vegetazione e per osservarli è necessario abbandonare il sentiero. Ma noi sappiamo dove andare perchè la zona la conosciamo piuttosto bene. 
E così, dopo aver "scoperto" i "visi pallidi", continuiamo il nostro percorso fuori sentiero ed attraversiamo agevolmente il torrente per raggiungere la fine ( per noi l'inizio) della faggeta sull'altra sponda. Non so perchè finisca proprio in quel punto: probabilmente a causa di antichi tagli su versanti troppo impervi e dissestati, dove la copertura boschiva naturale stenta a ricostituirsi , o forse per colpa dei visi pallidi che abitano lì. All'interno del maestoso bosco si cammina bene, l'ombra delle piante inibisce la crescita di erbe ed arbusti, e così in poco tempo raggiungiamo la passerella in legno, che attraversiamo riportandoci sul sentiero per cominciare la discesa. Un rapido sguardo al giallo della fioritura della Caltha Palustris nella zona di risorgiva, quest'anno a dire il vero un pò frazionata nel tempo e meno spettacolare del solito, e poi arriviamo a Veso.
Nella vecchia scuola non c'è nessuno, del resto è domenica, però non ci sono nemmeno banchi e cattedra: ah già, queste borgate sono ormai abbandonate dagli anni 60' del secolo scorso e la scuola è chiusa da un pezzo. Visto che non c'è nessuno in giro, andiamo a farci un giro in centro a Balmetta, se non altro nella vecchia vasca l'acqua non manca mai,si vede che era stata progettata bene.
C'è spazio anche per un incontro botanico particolare, un' Arabis glabra... non è certamente il fiore più bello che abbiamo mai visto, ma è una specie rara ( anche la foto non è delle migliori).
Nel frattempo si è fatta ora di pranzo, ed allora scegliamo di pranzare al fresco nelle gole dell'Eugio. Si, perchè più in basso dei Ciciu ci sono fantastiche gole con grandi pozze cristalline e cascate. Il cibo, le bevande e l'energia dell'acqua ricaricano le nostre pile e così torniamo al punto di partenza, a Cussalma.
Sono le 14,30 circa e comincia a piovere, ma noi siamo già arrivati alle macchine. Gli indiani ci hanno portato fortuna, torneremo senza dubbio ad omaggiarli in futuro.