}

giovedì 20 agosto 2020

L'escursione infinita ( chi si accontenta gode...) - Punta di Forzo da Tressi

 Tanta voglia di Forzo

Spartiacque Forzo - Cogne : al centro la Grande Arolla, a dx la Torre Lavina

"Mi dispiace devo andare", il vallone di Forzo è là,  un pò come una bottiglia buona: se ne bevi un bicchiere ti viene voglia di finirla subito,  di girarlo dalla A alla Z , anche se forse sei già arrivato alla M !
"Mi dispiace di svegliarti"  così presto ma domani è lunga! Ed anzi normalmente in questi casi  alle 6,00 bisognerebbe cominciare a camminare e non ritrovarsi, ma le previsioni meteo sono così belle, le giornate ancora così lunghe ed il nostro allenamento così discreto che  la cosa si può fare!
Insomma ci sono tutte le condizioni per una giornata da segnare nel calendario!


Longo lo cammino, ma grande  la meta !

L'idea è quella di provare ad andare alla Grande Arolla, vetta della divisoria Forzo-Cogne: cresta affilata di buona roccia , passaggi al massimo di III° grado,  mai obbligati. Sembra insomma "potabile"; gli amici Franco e Loris mi dicono  che il peggio è arrivare al Col de la Muraille Rouge, dove negli ultimi metri, quasi verticali, è "tutto marcio", "viene giù tutto".
La Torre Lavina domina la scena ( Grange Costa) 

Sulla parte bassa del vallone di Forzo e sul vallone di Forzo in generale ci siamo già ampiamente soffermati in questo blog: ragion per cui lasciata l'auto a Tressi,  lungo il sentiero n° 608 , sempre ben pulito e segnalato ,  " voliamo" alle grange Lavinetta 2092 m, dove incontriamo anche i primi raggi del sole. 
Grange Lavinetta: sullo sfondo da sx la cresta E-S-E del Monveso, Torre di Forzo, Punta di Forzo, Grande Arolla


Lo scenario è ormai stabilmente dominato dall'imponente versante sud della Torre di Lavina (ci troviamo del resto nel vallone omonimo) e  comincia ad intravedersi  lo spartiacque Forzo - Cogne , visibile solo parzialmente ed a tratti per via dei numerosi dossi erbosi caratterizzano la morfologia del territorio in questo tratto.

Arrivando al Bivacco Davito 

Il nostro sguardo è infatti rivolto costantemente alla meta, al fine di individuare il più precocemente ed efficacemente possibile la via di salita. 
Dalle grange Lavinetta, sempre su ottima traccia, arriviamo al Bivacco Davito  , indi proseguiamo  in direzione del col di Bardoney.  Poco oltre il bivacco, la via di salita per il col della Muraille Rouge diventa  ben evidente di fronte a noi. 
Ora la via di salita è ben evidente

Arrivati a circa 2600 m di quota,  abbandoniamo il percorso segnalato per incamminarci verso sinistra lungo una noiosa pietraia; con l'intento di faticare il meno possibile, decidiamo di attraversarla sempre tenendoci piuttosto in alto, contornando a debita distanza le pareti della dorsale rocciosa che dalla Grande Arolla digrada in direzione  sud-ovest a delimitare dapprima il  canale detritico che sale in direzione del colle  per poi formare in direzione est la cresta verso il colle di Bardoney .
Camosci ..


Nonostante la passione, la voglia e l'allenamento, vi assicuro che la vista del nostro futuro prossimo, cioè un caos di pietre, risulta un pò sconfortante ! Sarà per questo che di fronte ad ogni placca, ad ogni piccola isola erbosa andiamo in visibilio, ci sentiamo ristorati! Perfino la presenza di alcuni camosci , fratelli d'avventura, rinfranca lo spirito ed il corpo!

Un mare di pietre

...nel mare di pietre, noi ed i camosci...
Scavalcata a sinistra la dorsale di cui sopra, eccoci nel largo imbocco del canale di salita, dove dobbiamo anche dire addio ad ogni speranza di occasionale ristoro psicofisico "offerto" dalla morfologia del terreno: stiamo ormai navigando in un mare di pietre! Ma l'importante è non naufragare, giusto ? 
Per fortuna le pendenze non sono così sostenute in questo tratto ed i detriti abbastanza stabili; inoltre sappiamo bene che ormai di dislivello ne manca poco , benchè si tratti della parte più impegnativa del percorso, dato ci troviamo ormai intorno ai 2900 m di quota. 
Man mano che saliamo il canale si restringe ma..

Man mano che saliamo, il canale si restringe e le pendenze aumentano; ora con lo sguardo cerchiamo il tratto più delicato, cioè gli ultimi 15-20 metri prima del colle , che rimangono però "nascosti" sulla destra.

Alle sorgenti del mare, con le spalle al muro...

Al cospetto del "muro" finale

Per via dell'andamento sinuoso del canale detritico infatti, il colle non sarà visibile che alla fine; ma a furia di di fare, ecco che giungiamo al suo cospetto. Ormai le pietre di dimensioni varie ma più piccole, sono immerse in un "plasma" di terriccio, cioè il tipico "sfasciume"; anche la pendenza è ormai considerevole, tanto che per salire meglio conviene rimanere sulla sx del canale, aiutandosi nella progressione con le mani sfruttando  le paretine di roccia che lo delimitano, ma senza dare nulla per scontato e saggiando ogni appiglio, dato che in questo punto si possono muovere anche pezzature   di grandi dimensioni!
Ma la portata principale è appunto il muro verticale su cui insiste il colle, che  a prima vista non sembra nulla di che, poichè quei circa 15 metri di parete sembrano pieni di appoggi, prese ed appigli. Si ha  la netta sensazione però, di aver scoperto l'acqua calda.

La mia compagna d'avventura va perciò  immediatamente a verificare sul posto ed al primo tocco scopre purtroppo che quel muro è completamente instabile nei suoi elementi: si ha quasi l'impressione di poterlo smontare pezzo per pezzo!
Ed eccoci  dunque con le spalle al muro, posti di fronte ad una scelta difficile: tentare di salire al colle o no ?  A dispetto del dilemma, apparentemente sfidante, prendiamo la nostra decisione in maniera veloce, contemporanea ed unanime: non vale la pena di salire al colle
La caratteristica "muraglia rossa" della Grande Arolla lato Cogne

Chi si accontenta gode ? 

Fine della salita? Neanche per sogno: io voglio infatti verificare la possibilità , segnalatami da Franco e Loris, di accedere al colle da sinistra, passando per la cresta; mentre cerco il passaggio, ecco che intravedo la possibilità di accedere senza troppi patemi alla vicina Punta di Forzo.
... cercando di volta in volta il passaggio migliore









si arriva in punta per facili roccette...
Visto e considerato che anche riuscendo ad evitare il muro del colle la salita all'Arolla ci avrebbe riservato ancora un'arrampicata sì facile e su roccia buona, ma esposta, l'idea di una comoda ascensione tra sfasciumi fa immediatamente breccia nei nostri cuori! E' deciso: si va alla punta di Forzo!
E così, cercando il percorso  di volta in volta migliore tra sfasciumi, cenge e paretine, ecco che arriviamo al piede della vetta, che raggiungiamo sulla sinistra per facili roccette. Dalla vetta il panorama è  grandioso! Una giornata da incorniciare!
Dalla vetta da sx: Monveso di Forzo, Roccia Azzurra, Punta delle Sengie


Dalla vetta ( 2): da sx punta delle Sengie, al centro catena degli Apostoli ( Torre del Gran San Pietro
, Sant'Orso, Sant'Andrea e punte Patrì; Sullo sfondo dal centro verso dx : Gran Paradiso, Herbetet, Gran Sertz) 
Laggiù la piramide della Tersiva; in primo piano la Grande e Piccola Arolla 
La Torre di Lavina lato Bardoney


E' proprio vero:     queste  montagne, splendide quanto arcigne,  non ti regalano niente, ti costringono ad affrontare lunghi spostamenti e forti dislivelli per raggiungerle. Non regalano niente, ma non sono  certo avare, poichè ripagano le fatiche di chi si impegna a raggiungerle con grandi gioie e soddisfazioni , ricordi indelebili da conservare per il resto della propria vita!
Delle montagne quasi "marxiste", che danno " a ciascuno secondo i propri bisogni", ma pretendono "da ciascuno secondo le proprie possibilità"!  Non c'è programma di giustizia migliore al mondo ! Amanti della montagna di tutto il mondo, unitevi!

Il morbo del ravanatore 2: il contagio!

Stambecco! 
Dopo esserci gustati il meritato riposo e pranzo al sacco in vetta, ecco che con calma ci riportiamo al canale di salita; superato sempre con l'ausilio delle paretine laterali la parte più ripida, ecco che notiamo verso sinistra la presenza di uno stambecco. Mossi dal desiderio di vederlo meglio e, soprattutto, di riuscire a fotografarlo, ecco che cominciamo a scendere verso di lui in direzione est, uscendo in questo modo dal canale e portandoci sulla dorsale discendente dalla Grande Arolla.
... si può raggiungere il colle di Bardoney!

Ma la vera novità è che qui si cammina molto, ma molto meglio! Anzichè camminare tra pietre e detriti, procediamo ora tra placconate di roccia, lastroni e grandi massi, con dolci pendenze!
"Ah no, finchè si può, io scenderei di qui! Col cavolo che ritorno nel canale!"
"Ok!"
La dorsale che scende dalla Grande Arolla


Ma non è finita , perchè man mano che scendiamo risulta sempre più evidente la possibilità di raggiungere il colle di Bardoney!
"Eh, certo che potremmo andare al colle di Bardoney già che ci siamo! Si riesce sicuramente a raggiungere di qui!"






...sfruttando alcune cenge e disarrampicando a tratti raggiungiamo i nevai
Continuiamo dunque a seguire la dorsale, che ora prosegue in direzione del colle , sino a dove essa si interrompe con salto di alcune decine di metri, per poi cominciare a scendere in direzione dei sottostanti nevai di Bardoney, che raggiungiamo abbastanza agevolmente per esili cenge e disarrampicando in qualche tratto. 




I nevai però sono piuttosto ripidi e decidiamo che è meglio contornarli  , sfruttando la presenza ai loro lati di una minuscola "bersgrunde" ( non abbiamo con noi ramponi o ramponcini) , fino ad arrivare all'altezza del colle. Per fortuna, nonostante l'ora, la consistenza della neve è più che buona!
Proseguiamo in tal modo fino a quando la presenza di alcuni ostacoli rocciosi ci spinge ad optare per la neve: noi naturalmente scendiamo come quelli di Ceresole Reale, cioè pestando forte i piedi! Ancora una volta siamo fortunati, poichè la consistenza della neve in questo tratto è più che decente.
Usciti dal nevaio, con un ultimo traverso in piano, ecco che raggiungiamo la stretta finestra del colle di Bardoney!
 -"Quando hai detto che andavamo al colle di Bardoney, pensavo che scherzassi!"
Eppure non avevo avuto particolari meditazioni! Con tutta evidenza, lo stambecco mi aveva  contagiato con il morbo del ravanatore !  Ecco scoperta una nuova modalità di diffusione, interspecifica per giunta! Nessuno sarà mai in grado di sviluppare un vaccino!

Dal colle di Bardoney, uno sguardo sull'omonimo vallone

Dal colle di Bardoney alla Finestra Valletta 

Il colle di Bardoney in passato costituiva un importante punto di comunicazione tra Cogne e la Val Soana; scendendo dal lato Soana, si notano numerose opere di sostegno e di aggiustamento del percorso, che inizialmente si svolge per lo più in ambiente di pietraia.
Scendendo lungo il percorso segnato, è ben visibile alla nostra destra  l'invitante placconata rocciosa presso cui si trova il colle o finestra Valletta. Questa volta non sono io a proporre una variante di percorso...
Scendendo dal colle di Bardoney...
"Ci andiamo? "
"Beh, si dai, le giornate sono ancora lunghe!"
E così , arrivati al bivio posto poco sopra ed in vista del bivacco Davito , seguiamo la traccia che, sempre ottimamente segnalata, ci porta al valico che mette in comunicazione il vallone di Lavina con quello del Ciardonei. Alcuni scalini in ferro e dei tratti di canapone agevolano il suo raggiungimento. Bene: per oggi le salite sono finite!
il colle o finestra Valletta

Al colle Valletta

Al Pian Valletta, Gran Fumà e ritorno

I piani della Valletta


Il sole tramonta all'orizzonte





Scendendo  lungo un ripido pendio erboso, raggiungiamo i lunghi pianori della Valletta, al cui termine si trova un grazioso laghetto, mentre il sole sta tramontando dietro le vicine vette...
Il laghetto della Valletta
Proprio al fondo dei pianori, ecco che il vallone ci fa un bel regalo botanico, facendoci notare la presenza di una bella stazione di Campanula excisa, specie endemica dell'arco alpino occidentale non così comune.
Campanula Excisa
Proseguendo nella discesa raggiungiamo , ora su buon sentiero, prima  il casotto Pngp dell'alpe Muanda e poi l'alpe Gran Fumà, recentemente ristrutturata e quest'anno utilizzata da alcuni pastori. Che bello vedere le strutture di questo magnifico alpeggio rimesse a nuovo ed abitate per la stagione!
Casotto Pngp all'alpe Muanda

Di buon passo  proseguiamo la discesa  toccando dapprima le Grange Vellerei e Pianas e proseguendo poi sotto un bel bosco di larici fino al ponte sul Rio Lavina nei pressi di Boschiettiera, chiudendo così l'anello.

Gran Fumà "viva", con alle spalle la Torre Lavina

Conclusione

Quando arriviamo a Tressi sono le 21,15 e si è ormai fatta notte, ma ne è valsa la pena : le due varianti per il colle di Bardoney e per la finestra Valletta ci hanno regalato emozioni ed il piacere di effettuare parte della discesa su un percorso diverso da quello di salita, cosa che in ambienti di così rara bellezza è sempre cosa giusta e buona!
Di certo giri così non se ne fanno tanti e  noi speriamo di avere la fortuna di azzeccarne altri !
Arrivederci ed a presto con le Storie! 









sabato 15 agosto 2020

Il morbo del ravanatore ( o dell'esploratore ? ) - Cima del Cavallo da Forzo

 

Forzo,  il vallone che impegna...

- " Andiamo alla Torre Lavina ? "
-"Perchè non andiamo invece alla cima del Cavallo? "
Come rifiutare la proposta dell'amico Carlo ? Si torna sempre con piacere nel vallone di Forzo, quel pezzo di Gran Paradiso   in val Soana, della quale ospita le cime più alte e maestose, l'unico ghiacciaio ,  le borgate alpine meglio conservate, le pareti di arrampicata più rinomate...
Ad inizio estate ero stato alla Cima Fer, i cui contrafforti dividono la valle principale dal vallone di Forzo ad ovest e da quello di Campiglia a Nord; dopo tale elevazione, la spartiacque Forzo - Campiglia prosegue in direzione nord-ovest con punta Tressi e quindi con la cresta del  Cavallo, cui segue la Torre Lavina, senza dubbio la montagna più celebre della val Soana , grazie all'inconfondibile forma piramidale ben visibile dalla  pianura torinese.
La cresta del Cavallo vista salendo alla bocchetta Vallotta

Anche la cresta del Cavallo è altrettanto ben visibile dalla pianura :  posta immediatamente a destra della Torre Lavina,  è composta in tutto da sei elevazioni , delle quali la Cima del Cavallo 2846 m , quella a cui noi siamo diretti, è quella  più ad est.
Cartina 1:25.000 , elaborazione su base Ctr Regione Piemonte

Un'altra importante qualità del vallone di Forzo , che prima abbiamo dimenticato di elencare, è che si possono realizzare numerosi e bellissimi giri ad anello, certamente tutti abbastanza impegnativi, "da guadagnare", ma comunque bellissimi! Ed ecco che , pour parler, cominciamo ad ipotizzarne qualcuno...
- " Una volta tornati al Giavino si potrebbe poi proseguire fino al colle di Bardoney..."
- "Oppure andare al Davito e fare la finestra Valletta, o semplicemente andare al Davito e tornare indietro.."
- "Decideremo sul posto!"

Da Forzo a Boschietto

Lasciata l'auto nel parcheggio posto davanti alla frazione Forzo, ci si incammina attraversandola seguendo le indicazioni del sentiero n°608; oltrepassato il nucleo abitato, la mulattiera prosegue seguendo il corso del torrente Forzo, fino ad attraversarlo su di una passerella posta a 1350 m di quota circa. 
Madonna della Neve a Boschietto
Da qui ci si riconnette alla mulattiera che sale da Tressi, pervenendo in breve ad un  bivio, dove la si abbandona per il  sentiero n° 610 , arrivando in breve alla bella borgata di  Boschietto 1451 m, al cui inizio è posta la bellissima chiesetta dedicata alla Madonna della Neve.
Le borgate di Boschietto e Boschiettiera, splendidamente conservate a dispetto del mancato accesso stradale, meritano assolutamente una visita dedicata, magari in occasione della "festa del pane" od inverno con le ciaspole, sulla neve.

Da Boschietto all'alpe Giavino

Casotto Pngp all'alpe Giavino


A destra del nucleo abitato di Boschietto, il sentiero sale ora ripido sul versante sinistro idrografico del vallone, nel bosco di larici ed abeti, per poi "sbucare" fuori verso i 1800 m di quota e toccare le grange Sengia, Biestan ed infine arrivare al panoramico pianoro dell'alpe Giavino, sede di un casotto del personale di sorveglianza del Pngp.


Uomo di pietra all'alpe Giavino

Alla bocchetta Vallotta - la cartina in testa.

- Ma tu hai portato la cartina? "
- "No!"
- "Io neanche !Però penso che l'abbiamo guardata e studiata tanta di quelle volte che ormai ce l'abbiamo stampata in testa!"
-" Altrochè!"
Naturalmente Orco Trekking si dissocia da questo tipo di comportamento e vi invita caldamente a munirvi di una buona mappa, specialmente quando si affrontano itinerari come questo!

Pianoro a 2400 m circa; in alto la cresta del Cavallo a sx; a dx il canale che sale alla Vallotta

Dall'alpe Giavino si prosegue verso nord per tracce di sentiero fino a raggiungere un piccolo pianoro  a circa 2400 m di quota, quindi si comincia a salire lungo il canale ( è possibile farlo sia a destra che a sinistra) adducente all'evidente depressione della bocchetta.
Da sx verso dx: Piata di Lazin; Punta Gialin; Grande Uja di Ciardonei; Punta delle Sengie;
Roccia Azzurra e Monveso di Forzo


Da qui in poi le tracce di sentiero finiscono e si comincia a salire per erba, placche di roccia e pietraie; alcuni ometti qua e là possono tornare utili in caso di scarsa visibilità. Il panorama sulle cime della destra idrografica del vallone è meraviglioso!
L'ampia depressione della bocchetta Vallotta, che mette in comunicazione con il vallone di Campiglia, è un luogo che merita una pausa meditativa! Proprio di fronte alla depressione si erge la Rosa dei Banchi,  montagna seconda soltanto alla Torre Lavina per notorietà ( forse) !

Alla bocchetta Vallotta , guardando la Rosa dei Banchi

Proprio a sinistra della bocchetta comincia la cresta del Cavallo, mentre a destra si snoda la lunga cresta nord-ovest della punta Tressi ( localmente chiamata "Gran Losa") , sinuosa ed affascinante, perfino invitante,  ma ad occhio e croce caratterizzata dalla presenza di difficoltà alpinistiche rilevanti!
La sinuosa ed affascinante cresta NO di Punta Tressi

Come detto poco sopra, la bocchetta Vallotta è un luogo che spinge alla meditazione; gli esiti della meditazione però non sono mai scontati... 


L'attacco del morbo del ravanatore


Che cos'è il "morbo del ravanatore" ? E' come il morso di un ragno, la puntura di un insetto: ti può cogliere ovunque , senza preavviso; nessun escursionista del "nostro tipo" ( che non saprei come diavolo definirci ) si può dire al sicuro dal "contagio" e dalle sue conseguenze.

Anche da lì si può passare !La cresta sud della cima del Cavallo

Seguendo l'itinerario "normale", dalla bocchetta Vallotta occorre spostarsi in direzione nord-ovest verso l'evidente canalino che divide la cima del Cavallo dalla punta n°5 ( sempre stando alla numerazione della "Guida dei Monti d'Italia del Cai-Tci, volume "Gran Paradiso"), risalirlo e poi per cresta raggiungere il triangolino di vetta. Su Gulliver tale itinerario viene classificato EE\F come livello di difficoltà: ciò significa che si tratta di un percorso che presenta qualche passaggio alpinistico facile.
Durante la "meditazione" però, osservando attentamente la cima,  il sottoscritto viene colto da un attacco del morbo del ravanatore!
Salendo a sx della placconata\1

 - "Guarda la ! "- esclamo - "Secondo me si può salire anche direttamente dalla bocchetta, senza star lì a raggiungere il canalino! Oltretutto mi sembra anche più comodo! Saliamo lì in mezzo, poi aggiriamo sulla destra quello spuntone di roccia e..." 
- " Si, mi pare di aver letto da qualche parte che qualcuno è sceso da lì! "
- "Eh beh, se qualcuno è sceso, di sicuro noi riusciremo a salire!"
Insomma non è stato difficile convincere il mio socio! 

Come complicarsi la vita ( ed essere felici) 

Ogni tanto qualche gradone di roccia aiuta...

Cominciamo quindi a salire nello stretto e ripido canalino erboso posto immediatamente a sinistra della lunga placconata con cui termina la cresta sud della cima del Cavallo; si tratta naturalmente di un terreno misto, tra erba "olina" e gradoni di roccia.
Superato un tratto di placca, si prosegue con elementare arrampicata tra erba e roccette...

In cima alla placconata

Per sbucare in cima alla placconata di cui sopra occorre tuttavia percorrerne un tratto, per poi raggiungerne la sommità con elementare arrampicata tra erba e roccette.
Potentilla grammopetala nel suo habitat

Ma la montagna è generosa ed i nostri sacrifici vengono subito ripagati: la placconata ci fa  infatti un bel dono botanico, facendo mostra tra  le sue fessure di  numerosi esemplari di Potentilla grammopetala  , specie esclusiva delle rupi silicee ( qui siamo infatti su solido gneiss ) ed endemica delle Alpi ,all'interno delle quali il suo  areale è ristretto alle zone montuose di Piemonte, Valle d'Aosta e Lombardia, con stazioni anche densamente popolate ma molto disperse.La rigogliosità dei suoi cespi è davvero notevole, specie se rapportata all'austero habitat!
Si continua allora ad arrampicare tra roccette ed erba ( foto Carlo)



Bene! Ora non ci resta che aggirare sulla destra le ultime asperità rocciose e...niente, come non detto
Contrariamente alle aspettative, sulla destra tutta una serie di paretine rocciose e strapiombi sbarrano il passo: o si prosegue sul filo, o si torna indietro!
Dato che io ho qualche titubanza , è Carlo ad andare in avanscoperta; e visto il suo parere positivo sul prosieguo dell'itinierario, lo seguo, arrampicando tra roccette ed erba, fino a raggiungere l'ostacolo finale: cioè un torrioncino di modesta elevazione ma esposto da ambo i lati, conformato a placca a nord e gradinato a sud.
Nel dritto ( foto Carlo) 


Naturalmente noi optiamo per il versante gradinato; a questo punto occorre anche riporre i bastoncini da trekking, che fin qui ci siamo un pò goffamente trascinati dietro, appoggiandoli e riprendendoli qua e là per avere all'occorrenza le mani libere!
Certo che  guardare verso il basso in questo punto fa un pò impressione: se mai disgraziatamente uno volasse giù sarebbe , come dire, per sempre!
Per superare l'ultimo torrioncino... ( foto Carlo) 


In realtà il torrioncino presenta sul lato sud ottimi e comodi appigli per le mani e posti dove mettere i piedi: per quale motivo una persona dovrebbe mettere male le mani ed i piedi proprio in questo punto?  
meglio riporre i bastoncini da trekking! (foto Carlo) 

Nessuno!E cosi arriviamo di fatto ad una sorta di antecima, 100 m più in basso della vetta, che in breve raggiungiamo con un ultima salita sul ripido...
Nonostante oggi il panorama sia un pò limitato da alcune nubi che vanno e vengono ( il Monte Rosa e la Torre Lavina si mostreranno solo per qualche attimo), la visibilità locale rimarrà sempre buona, consentendoci interessanti osservazioni, specialmente sul versante Campiglia.


L'ultima salita

L'ometto di vetta in primo piano ; in secondo il prosieguo della Cresta del Cavallo e la Lavina

Per la discesa naturalmente optiamo per la via "normale": per quanto riguarda il lato "avventura", oggi direi che abbiamo già dato!
Interessanti osservazioni sul lato Campiglia
Quale grado di difficoltà  avremo mai affrontato? Dato che di gradazioni alpinistiche non ci capisco nulla, non posso che affidarmi al giudizio allo stesso tempo ex-ante ( rispetto alla data nostra gita) ed ex-post ( rispetto alla consultazione del sito Gulliver, avvenuta da parte nostra dopo la gita) dell'esperto gulliveriano Enzo 51, che aveva avuto la medesima nostra idea alcuni anni fa: : "difficoltà max III grado". E quindi ?
La Torre Lavina si scopre soltanto per un istante

Una tranquilla discesa

Dall'ometto di vetta occorre raggiungere la stretta depressione tra la cima del Cavallo e l'elevazione n°5 della cresta , il che si può fare molto agevolmente tenendosi leggermente sotto cresta in versante Forzo ( ciò che noi scegliamo di fare); proseguendo sul filo invece vi sono altre asperità da superare!
Proseguendo in cresta si trovano altre asperità...

La stretta depressione...

si intuisce la ripidezza...

Giunti alla depressione, ci accoglie una bella fioritura di Leucanthemopsis alpina, che interpretiamo come segnale di buon auspicio. Guardando verso valle ( versante Forzo) , si intuisce subito l'imminente brusco cambio di pendenza che ci aspetta...
Occorre infatti ora scendere il ripido canalino di sfasciumi fino al fondo; gli sfasciumi sono sfasciumi ma insomma, abbiamo visto ben di peggio! 
Dopo aver sceso alcuni metri il canalino è interrotto da due masse rocciose, che si aggirano sulla sinistra con qualche divertente e facile passo d'arrampicata.
Due masse rocciose occludono il canalino...

Arrivati al fondo , decidiamo di raggiungere un "uomo di pietra" che sembra posto in posizione davvero panoramica e qui ci dividiamo: io infatti devo per forza tornare alla bocchetta Vallotta, dove ho lasciato una maglietta ad asciugare, mentre Carlo vuole provare a scendere da un'altra parte.
L'appuntamento è al casotto Pngp dell'alpe Giavino...
Alla fin fine anch'io devierò un pò dal percorso di salita, andando a raggiungere una simpatica mandria di bovine di razza piemontese al pascolo in una pianeggiante conca posta a circa 2320 m  di quota. E qui vedo Carlo scendere dall'altra parte e mandarmi una voce, alla quale rispondo.
Nella conca, attiro la mandria!

Pur non avendo capito un accidenti di quanto detto, ipotizzando che Carlo mi avesse  voluto dire di aspettarlo  mi accomodo su una grande pietra piana, attirando inevitabilmente in questo modo la curiosita delle bovine, forse desiderose di un'integrazione salina che ahimè io non posso dargli!
Tempo di rilassarmi un attimo, ed ecco che Carlo è scomparso dalla mia vista: "Che tipo! Avrà proseguito!" - penso.
E così riprendo la discesa, fino a ritrovarlo nei pressi del casotto, intento ad un pediluvio in un ruscello:
- "Che fine avevi fatto?  "
-"Ah, ma eri tu quello lassù? Non ti avevo riconosciuto!"
Eh si, perchè di solito molte persone girano da queste parti...

Ritorno a Forzo

E' ora venuto il momento di decidere se realizzare uno di quei giri ad anello ipotizzati il giorno prima al telefono, ma entrambi siamo concordi sul fatto che per oggi può bastare e così, dopo aver fatto rifornimento d'acqua , in men che non si dica facciamo ritorno a Boschietto ed infine a Forzo, dove all'Osteria delle Alpi ci concediamo una meritata bevanda fresca.
Che bello vedere le nostre borgate piene di gente, financo di automobili parcheggiate ovunque! Che bello vederle tornare a vivere, anche se soltanto per 2-3 settimane l'anno!

Conclusione- ravanatori od esploratori ( dell'inutile) ? 

E noi che cosa crediamo di aver fatto? Siamo dei ravanatori ? Personalmente comincio a provare un pò di fastidio verso questa  definizione! Il termine "ravanatori" infatti mi dà l'idea di persone che non sanno dove vanno oppure lo sanno ma  hanno più o meno coscientemente scelto un percorso completamente scomparso e\o occluso a causa della vegetazione!
Nel nostro caso, noi sapevamo dove andavamo e sicuramente non eravamo diretti nella giungla !  Abbiamo semplicemente scelto, lì per lì, di fare una piccola variante, seguendo l'ispirazione del momento !
Aver deciso  un itinerario poco battuto, non  alpinistico  ma neanche semplicemente escursionistico non basta certo a far di noi dei ravanatori: io preferisco immaginarci come degli "esploratori dell'inutile".
"Conquistare l'inutile è l'apparente dichiarazione di un fallimento, che in realtà nasconde il gesto nobile di un agire gratuito, lontano dalle logiche quotidiane". Andare in montagna per il semplice gusto di farlo, seguendo le proprie preferenze ed inclinazioni, senza o con pochi compromessi, "conquistando" ogni volta mete che gli altri giudicheranno superflue, ma mai lo saranno per te ! Che altro ? 
Perchè ciascuno di noi ha la sua strada, il suo filo invisibile che lo guida nel compimento del proprio destino!
Arrivederci ed a presto con le Storie!