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domenica 5 luglio 2020

Il signore dei giri ad anello - Balla coi cervi ( Cernisio - Monte del Prà - Monte Canaussa- Punta delle Gheule - Cima Tavorna - Pianronc - Cernisio)

Non è proprio fame, è  più voglia di qualcosa di buono...

Parafrasando il celebre spot televisivo anni 90 , avvertivo un leggero languorino;  non una vera e propria ( generica) fame di montagna: avevo voglia di qualcosa di speciale, di particolare! E quale posto migliore della Valle Soana , la Valle Fantastica, per soddisfare questa voglia , per trovare luoghi ameni e solitari, percorrere itinerari inconsueti? 
Fiori, fiori...

Ma tranquillo, senza esagerare... 

Allo stesso tempo però non volevo neanche strafare, nè ritrovarmi a ravanare più di tanto : affidandomi all'ispirazione decido dunque di optare per il monte del Prà o pian Talurn , escursione importante sia come sviluppo chilometrico che come dislivello, ma che non presenta particolari incognite o difficoltà legate al percorso.
Il pian Talurn non è per me ed Elisabetta certo una novità: ma non essendoci mai andati a fine primavera\inizio estate, la curiosità era tanta!

Il monte del Prà o Pian Talurn

Traccia anello su base ctr ( geoportale.piemonte.it )

Posto ad una quota di 2722 m , il monte del Prà o Pian Talurn è a giudizio di chi scrive uno dei luoghi più significativi delle Alpi occidentali. Sulla sue pianeggianti e verdi sommità si incontrano ben tre vallate: la Valchiusella  a est , la valle Soana a ovest ed il vallone delle Verdassa a sud-est. Si può dunque raggiungere sia da Fondo per la Bura at Talurn, che da Ronco Canavese per il vallone di Servino o da Frassinetto per il vallone di Verdassa.


Servino e Fontana

Edicola votiva lungo la storica mulattiera
Con l'automobile, poco oltre il capoluogo di Ronco Canavese, si imbocca sulla sinistra il ponte per la frazione Cernisio e si prosegue fino al fondo della stradina asfaltata. Da qui una splendida mulattiera, passando attraverso un bel bosco di faggi, ci conduce nei verdi prati che circondano la frazione Servino.
Vista da monte di Servino con la chiesetta dedicata a Santa Margherita
Secondo le ricostruzioni storiche , gli insediamenti di Servino e Fontana  sono tra i più antichi della valle Soana, antecedenti all'odierno capoluogo di Ronco Canavese ; a testimonianza di questo fatto, proprio di fronte a Servino , dall'altra parte del rio omonimo, vi è l'imponente casaforte di origine medioevale del Gran Betun.
Magnifiche fioriture


Attraversata la borgata e lasciata in basso la chiesetta dedicata a Santa Margherita , il sentiero va ad attraversare il rio  Cormet ,che scende dal vallone del colle delle Barre , per raggiungere l'abitato di Fontana, il cui nome è dovuto alla presenza appunto di un importante punto di approvvigionamento idrico.
Magnifiche fioriture\2

Più antiche ma precocemente abbandonate...

Pur essendo  più antiche, Servino e Fontana sono oggi località quasi del tutto abbandonate, dove nessuno abita tutto l'anno, e questo è emblematico dei profondi cambiamenti socioeconomici avvenuti nel corso dei secoli sui territori montani. 
Durante l'epoca medioevale infatti , quando cominciò la colonizzazione su vasta scala dei territori montani, criteri di priorità nella scelta ove ubicare i nuovi insediamenti erano l'esposizione e la potenzialità a fini agricoli delle superfici ; le posizioni di versante erano di solito preferite perchè ritenute più sicure rispetto ai fondovalle, meno solatii e maggiormente esposti alla furia degli episodi di piena dei torrenti.
Magnifiche fioriture \3


Una volta scelto un terreno , con lavori  "comunitari" ( magari su impulso/licenza dei signori feudali del luogo ) lo si disboscava , lo si bonificava  ed infine venivano costruiti i fabbricati utilizzando il materiale lapideo e legnoso sempre abbondante in loco. Comode ed ampie mulattiere venivano inoltre realizzate quali reti di collegamento con gli altri insediamenti o con gli insediamenti principali.
Man mano che la sete di terreni agricoli aumentava, rendendo insufficienti al sostentamento della popolazione locale i terreni precedentemente disboscati, ecco che si provvedeva alla "roncatura" (che significa bonifica del terreno da sassi , ceppi d'albero etc  - da cui il toponimo "Ronco") di altre superfici , che già dal nome possiamo intuire come meno promettenti.
Magnifiche fioriture 
Oggi invece, con  il definitivo declino dell'agricoltura di sussistenza (  per fortuna!!!) in Italia , cosa che ha purtroppo decretato l'abbandono di molte superfici agricole ed insediamenti di versante,  le migliori potenzialità di una superficie vengono  giudicate prioritariamente in base alla loro infrastrutturazione, in particolare per quanto riguarda la presenza di piste o strade

Da Fontana all'alpe q. 1697

Arrivando all'alpe q. 1697

Proseguendo oltre Fontana, il sentiero prosegue a mezzacosta lungo i pianori sino al ciglio del torrente, per poi risalire con numerose svolte in direzione nord; tutto intorno a noi splendide fioriture  di Polygonum bistorta, Asphodelus albus, Paradisea liliastrum, Leucanthemum gr. vulgare etc etc , verde intenso e notevole altezza dell'erba: tutti indizi della grande fertilità di queste superfici.
Paradisea liliastrum
Pensare che oggi più nessuno sfrutti razionalmente queste vaste superfici , la cui prosperosità è il frutto del lavoro di secoli e secoli , per la produzione in loco di latticini e fieno, pensare al loro inevitabile destino di progressivo degrado, lascia davvero con l'amaro in bocca! Un conto è infatti abbandonare superfici ripide, accidentate, molto pietrose; un conto è abbandonare superfici di tal fatta! Francesco, l'ultimo margaro del vallone, è infatti da qualche anno che non sale più a causa dell'età e e degli acciacchi!
L'arrivo  all'alpeggio q. 1697, ottimamente ristrutturato dai proprietari benchè non a fini strettamente agricoli, fa tuttavia intravedere qualche speranza per il futuro. Chissà che un giorno qualcuno non torni a fare questo mestiere ! Una sistemazione dignitosa è infatti la base per poter portare avanti questo duro lavoro!


La cresta dei rododendri \ 1

La cresta dei rododendri

Dopo l'alpe q. 1697, il sentiero 'prosegue con un lungo traverso verso l'alpe Ghiavino: ma ecco che subito dopo l'alpeggio, anzichè proseguire sul percorso principale ,cominciamo accidentalmente a risalire lungo una traccia secondaria, che comincia a salire ripida lungo una dorsale erbosa. 

cresta dei rododendri 2

cresta dei rododendri / 3





- "Ho sbagliato! Il sentiero qui non sale , ma traversa quasi in piano! Però sembra bella questa dorsale! Sembra proprio una bella traccia di cacciatori! Che facciamo? Torniamo indietro ? " - chiedo ad Elisabetta.
 - "Ma no, continuiamo a salire ! Sono curiosa di vedere cosa c'è dopo!". E ti pareva...
Continuiamo dunque a salire lungo la dorsale discendente dalla Punta delle Barre in direzione sud-ovest, che via via salendo si fa più accidentata, fino a diventare una vera e propria cresta piena di rododendri in fiore ! Che spettacolo!
Cresta dei rododendri / 4
Su uno degli spuntoni della cresta vi è anche una piccola "cappelletta" in legno commemorativa dedicata ad un cacciatore defunto , evidentemente frequentatore di queste montagne: per lui un pensiero ed  una preghiera.
Percorriamo avidamente la dorsale fin  sui 2060 m di quota circa, quando diventa decisamente più ripida e difficile ipotizzare proseguendo la fattibilità di  un traverso verso il sentiero per il pian Talurn.
Certo arrivati a questo punto la tentazione di cambiare itinerario e salire alla Puntaleine o Punta delle Barre, che è proprio lì davanti a noi, è forte, ma decidiamo di rimanere fedeli all'idea iniziale.

Alpeggio q. 2000 m ca


E così, in prossimità di un colletto , "scavalchiamo" dall'altra parte e cominciamo un traverso nel ripido per riportarci in prossimità del sentiero principale senza perdere troppa quota, raggiungendolo  nei pressi dell'alpe Goiassa inferiore a quota 1987 m. E la prima variante di giornata è servita!
Uno sguardo al vallone di Servino..

Cervi nei pressi del lago Goiassa

Al lago Goiassa

La selvaggia conca del piccolo Lago Goiassa

Il lago ancora ricoperto di neve


Seguendo ora fedelmente il sentiero, segnalato con qualche bollino rosso, arriviamo in breve a destra della conca occupata dal lago Goiassa, situato poco più in basso rispetto a noi ed ancora quasi completamente ricoperto di neve : del resto siamo a circa 2420 m di quota in esposizione ovest ed è il 20 di giugno...
Uno stambecco fa capolino sulla cresta...
Nei pressi del lago ecco che cominciamo a vedere i primi ungulati selvatici: cervi , camosci e in alto, sulla cresta divisoria con la Valchiusella, ecco che fa capolino anche uno stambecco.
"Sono davvero in alto questi cervi!" - penso.
una piccola dorsale in buona parte rocciosa

Al Pian Talurn

Ancora neve...

Lasciato in basso  a sinistra il lago Goiassa , saliamo ora  in direzione sud-est, rimontando un  pendio fino ad un punto con ancora molta neve, che decidiamo di evitare traversando a destra per andare a raggiungere una piccola dorsale in buona parte rocciosa , percorrendo la quale  in breve arriviamo ai 2722 m del Pian Talurn: qui è ancora tutto largamente imbiancato e la primavera non  ancora arrivata, dobbiamo ammettere di essere un pò in anticipo!
Al monte del Prà o Pian Talurn
Sfortunatamente per noi, ora il cielo è ora coperto da una leggera nebbia che va e che viene; mentre il panorama sulla val d'Aosta e sul gruppo del Rosa è sempre coperto . Sarà il prezzo del biglietto per aver percorso la cresta dei rododendri ? 
Mentre vago qua e là per vedere i vicini laghi Canaussa ( quello della Verdassa è completamente invisibile, immerso nella nebbia) , non posso fare a meno di osservare la prosecuzione della cresta verso il monte Canaussa, che sembra molto invitante.
Uno sguardo verso i laghi di Canaussa
 -"Certo che non sarebbe male fare la cresta: potremmo seguirla fino a Cima Tavorna e poi da lì  tornare a Cernisio, oppure dalla punta delle Gheule ridiscendere su Servino. Peccato per la nebbia che va e viene, non è niente di che ma..."
-"Se non è niente di che allora facciamola no?
-" Ok "
Non è poi così difficile convincermi ( od aiutare gli altri a convincere me stesso). Ma non dovevamo fare un'escursione tranquilla ? Bah!

L'invitante cresta

Uno dei laghi di Canaussa







Verso il Monte Canaussa e oltre...

Scendendo dall'Uja at Tjei
La cresta è facile e divertente , quasi interamente camminabile, e ci regala suggestivi scorci sulla comba della Bora Freida alla nostra destra e sui vicini laghi Canaussa sulla nostra sinistra. 
Soltanto un ultimo tratto prima della cima del monte Canaussa, caratterizzato dalla presenza di grandi blocchi accatastati,  ci costringerà ad un paio di sali e scendi tra le "ulinne" . 
Da qui in poi il percorso lo conosco piuttosto bene, avendolo già affrontato  , e so che c'è soltanto un punto più ripido a scendere dall'Uja at Tjei 2423 m, il nome che viene dato localmente alla prima sommità del monte Canaussa, il cui profilo è piuttosto aguzzo e rilevato se osservato da sud , in particolare dalla frazione Tiglietto.
Superato il punto più ripido,  non ci resta che rimanere sulla cresta "giusta", in direzione ovest, ignorando quella che a sinistra va a scendere in direzione sud-ovest e ci porterebbe fuori strada,cosa non banale in presenza di nebbia.
Verso punta delle Gheule
Dal monte Canaussa alla punta delle Gheule il percorso è di facile intuizione ,  man mano che scendiamo però si fa più rigoglioso a livello di vegetazione , costringendoci ad un pò di "ravanamento" ed a qualche traverso nell'erba sul ripido.
"Questa cresta è bellissima da fare, specialmente in autunno! Adesso è un pò più scomoda!"

Cervo maschio

Balla coi cervi

Ma ecco che inaspettatamente ci vengono in aiuto i cervi: infatti rispetto all'ultima volta che ero stato da queste parti, ora ci sono delle evidenti tracce causate dal loro transito. E quanti ce ne sono! Davvero tanti !  Non c'è che dire: siamo fortunati nelle amicizie!
Punta delle Gheule
Arrivati a punta delle Gheule, dove ci concediamo una piccola pausa ristoratrice, siamo di nuovo "nel sole",  un caldo sole ! Di qui proseguiamo a vista fino Cima Tavorna, nei pressi della quale passa un traliccio dell'elettrodotto superphenix. Anche in questo tratto di percorso occorre fare molta  attenzione a non scivolare nei traversi nel ripido..
Verso cima Tavorna

La maledizione di Pianronc


 Da cima Tavorna scendiamo più o meno in direzione dell'elettrodotto, ora in un bel bosco di larici ed abeti, fino a sbucare nell'alpe omonima. Di qui, seguendo il sentiero , continuiamo a perdere quota fino a raggiungere l'alpe Pianronc .
Alpe Tavorna
Ormai ci siamo: da qui in breve si raggiunge la recentemente ripristinata "vi dle guardie", sentiero un tempo utilizzato dai guardaboschi per spostarsi più velocemente in quota, che porta a Cernisio.
E invece niente da fare: non so come mai, ma tutte le volte che devo scendere da Pianronc finisco per perdere il sentiero in mezzo al bel bosco di faggi ! Il mio errore ci costa una breve ma faticosa risalita ( forse il prezzo del biglietto per aver fatto la cresta dal Pian Talurn), ma alla fine ritroviamo il sentiero , che velocemente ci riporta a Cernisio.  
Arrivati qui, non ci resta che armarci di santa pazienza e percorrere la strada asfaltata fino alla macchina : sarà il caldo, sarà un pò di stanchezza, ma la troviamo davvero lunga! 

Conclusione

Se le giornate sono lunghe ( e libere) ed il tempo è stabile, perchè porsi dei limiti ? E' divertente "costruire" le proprie escursioni  in "tempo reale" ( o quasi)! 
Arrivederci ed a presto con le Storie!


venerdì 3 luglio 2020

Anello selvaggio - Cima Fer da Chiapetto per Andorina e Nivolastro

"Circondato da montagne poco nobili per gli alpinisti e troppo impervie per i semplici camminatori . Perfette per me, invece, perchè quel mondo era quanto di più selvaggio potessi desiderare: fatto di rocce rotte, creste, nevai e senza nessuno intorno"  ( P. Cognetti, Il ragazzo selvatico )


Una "montagna di mezzo"




Cima Fer vista da.. vicino
Cima Fer è una montagna situata al centro della valle Soana e formata da una serie di punte di cui la più alta, 2646 m , è quella con il triangolino del Cai di Rivarolo.  I suoi contrafforti vanno a dividere la valle principale dal  vallone di Forzo ad ovest e da quello di Campiglia a nord


Cartina del percorso

dispetto della modesta quota
, si tratta di una meta di non facile accesso, circondata in ogni direzione da zone rocciose e\o impervie, ad elevata "wilderness" , sulle quali ormai da decenni l'uomo ha posto fine ad ogni forma di utilizzo; a dispetto della posizione geografica strategica e dell'evidente profilo, è infatti una meta molto poco frequentata.
Tuttavia definire Cima Fer una montagna "poco nobile per gli alpinisti" è assolutamente ingiusto, dato che sulle sue pareti il grande Giusto Gervasutti aprì una storica via le cui ripetizioni ogni anno si possono contare sulle dita di una mano. Anche coloro che ogni anno osano avventurarsi per le vie "normali" , "escursionistiche", si possono contare allo stesso modo...

E' una questione di qualità e fiducia, non una formalità!

Camoscio lungo la cresta di Cima Fer
Quando si affronta una "montagna di mezzo" come Cima Fer, è fondamentale scegliere con cura i propri compagni di viaggio: non tutti sarebbero in grado di farcela, e non tanto e non solo per una questione di allenamento (un minimo di preparazione fisica è assolutamente necessaria, ovviamente) o  di tecnica ( per muoversi in questo tipo di ambiente sono richiesti senso dell'orientamento, capacità di muoversi fuori sentiero , su terreni ripidi e\o esposti ed alcune malizie che non insegnano nè le guide alpine, nè ai corsi del Cai - senza nulla togliere ovviamente a queste due importantissime istituzioni) , quanto per una questione di spirito, di mentalità. E' inoltre necessario avere fiducia incondizionata reciproca, essere molto affiatati , pronti e determinati quando si devono effettuare delle scelte, perchè questo genere di itinerari ti pone spesso di fronte a delle alternative non banali!

Per raggiungere la meta - e per chiudere un vecchio conto in sospeso   - questa volta ho scelto di essere in compagnia di Laura. Per lei è la prima volta su un itinerario così "wild", ma io ho piena fiducia nelle sue capacità, so che è assolutamente in grado di farcela perchè ne possiede tutte le caratteristiche! Ed anche lei - dimostrando un notevole spirito d'avventura - ha piena fiducia nella mia "guida". Ed io? Io che dispenso giudizi,  sarò in grado di farcela ? Vedremo!


Da Chiapetto alle Grange Regomb

Mucche al pascolo ad Andorina

Lasciata l'auto alla frazione Chiapetto di Valprato Soana, imbocchiamo il comodo sentiero che sale deciso fino a raggiungere la borgata Andorina, un tempo abitata tutto l'anno. Qui oggi a farci compagnia troviamo unicamente una simpatica mandria di mucche, a cui evidentemente dobbiamo essere risultati molto simpatici, dato che cercheranno di seguirci per un pezzo.
Poco a destra della frazione , un discreto sentiero segnato con tacche rosse riprende a salire, sempre con pendenze abbastanza sostenute, fino alle grange Ardegal.
Grange Ardegal
Dalle Grange Ardegal continuiamo a seguire i bollini di vernice , su traccia che si fa via via più labile e lasciando alla nostra destra il panoramico alpe Giua (  che meriterebbe una visita , ma oggi non abbiamo tempo da perdere) e raggiungiamo la conca occupata dalle Grange Regomb, posta proprio ai piedi di cima Fer.


Il panoramico alpe Giua

I grandi mucchi di pietre che si vedono un pò ovunque testimoniano gli imponenti lavori di "bonifica" del terreno che gli antichi colonizzatori di queste superfici dovettero mettere in atto per aumentare la superficie di pascolo. 
Le grange Regomb e cima Fer

Dalle grange Regomb si potrebbe  salire direttamente verso la cima per il ripido canalino nord-nordest, ma non essendo ancora completamente sgombro dalla neve, decidiamo di andare a prendere la cresta più a sud, traversando in direzione della grangia Malpensata. 

Il traverso verso la Malpensata

Camoscio tra pietre, uline e rododendri
A sinistra delle grange, una traccia segnata dai guardaparco con bollini rossi attraversa il versante est di cima Fer in direzione della Malpensata; parlare di "traccia"è quanto di più appropriato, dato che si tratta di un percorso vago, attraverso pietraie,  ripidi pendii di "erba olina", mirtilli  e rododendri,  valloncelli pieni di "drose", che aggira numerosi salti di roccia con molti saliscendi  e  nel quale occorre fare sempre molta attenzione a dove si mettono i piedi ed a non perdere i segni rossi ( fattore che andrebbe a complicare ed a rendere ulteriormente più faticoso il tutto). Si tratta ormai di vere e proprie "tracce di camosci", che ne sono i principali fruitori!
Traversando nel ripido

E' su questo genere di terreni che si imparano certe  malizie , retaggio degli antichi abitanti delle nostre montagne, e si sviluppano un certo tipo di agilità e la capacità di "intravedere" e scegliere passo per passo il percorso più comodo e meno faticoso , una sorta di ottimizzazione automatica delle proprie energie che si rivela molto utile lungo ed a fine giornata.
Tra le drose
Arriviamo così a raggiungere il contrafforte che scende dalla punta quotata 2317 m sulla carta MU della Valle Soana , dal quale si vede bene tutta la cresta che in direzione  nord-ovest raggiunge la cima Fer. 

Il contrafforte che sale alla punta q. 2317
Dato che raggiungere la Malpensata in questo momento sarebbe soltanto una perdita di tempo, decidiamo di risalire il contrafforte fino alle punta quotata 2317 m. Da questo punto in poi anche i "bollini rossi" ci abbandonano. Siamo ora totalmente padroni del nostro destino e liberi, onori ed oneri, di scegliere dove passare!
Dalla q.2317 - cima Fer è ancora lontana!

"Vedi cos'è che io amo di questi percorsi? La sensazione di libertà che ti dà il fatto di poter scegliere dove passare, senza essere costretto in percorsi prestabiliti . Non ci sono posti giusti o sbagliati in assoluto: tutto dipende dalle tue capacità personali, dal tuo metro di giudizio e dalle condizioni meteorologiche ed ambientali, che sono sempre sovrane." 

La cresta ( ovvero dell'arte di arrangiarsi)

Arrivati a quota 2317...
Arrivati alla punta q. 2317, si schiude di fronte a noi il magnifico panorama delle montagne del vallone di Forzo; io propongo di attraversare tutto sotto cresta in versante Soana per puntare direttamente alla cima, che è ancora lontana, ma Laura, che è un'ottima arrampicatrice,  propone di fare tutta la cresta: decidiamo dunque senza esitazioni di seguire per quanto possibile il filo di cresta fino in cima.
Vista sulle montagne del vallone di Forzo...

La cresta si presenta subito divertente, con le sue prime asperità che ci "regalano" qualche facile passo d'arrampicata; e mentre sull'erba, nei rododendri o nei traversi continuo ad essere io la "guida",  sulla roccia è la mia socia, che ha maggiore dimestichezza con l'arrampicata e l'esposizione rispetto a me, a scegliere ed a valutare. Ed ecco che entra in gioco l'affiatamento !La squadra funziona, insomma! 

La cresta ci regala subito qualche facile passo d'arrampicata...
Quando si affrontano una cresta od un percorso fuori sentiero, ci si trova spesso a che fare con asperità, punti esposti, delicati traversi e, di conseguenza, a doversi un po' inventare il percorso ed operare continuamente delle scelte.
Ed ecco che ad ogni passaggio occorre chiedersi se sarà "obbligato" o se ci sono vie di fuga; ad ogni torrione o blocco di massi accatastati valutare se si è in grado di scendere\disarrampicare dal lato di salita e poi da quello di discesa.In altre parole , occorre sapersi arrangiare!
A dire il vero in questo tratto io, che non amo roccia ed esposizione, sono il più preoccupato: "Laura, di là si riesce a scendere ? Laura di là si passa ? Laura si può eventualmente aggirare anche dopo ?  Controlliamo bene!  ".
"Con calma - risponde  la mia socia - con calma una soluzione si trova sempre!" 
Lungo la cresta...1
E per riuscire a trovare sempre una soluzione occorre sgombrare la mente da ogni pensiero superfluo, valutare attentamente ogni passaggio e le sue conseguenze sul prosieguo dell'escursione ed infine decidere cosa fare in base alle proprie capacità personali e di chi si ha assieme! Se invece si agisce con leggerezza, elevato diventa il rischio di incidenti in percorsi di questo tipo, ma non è il nostro caso. Noi, sia bandita ogni presunzione dal mio scrivere, non agiamo con leggerezza!
Lungo la cresta... 2

Laggiù cima Fer

Asperità lungo il percorso

Un ultimo torrione decisamente proibitivo
Lungo tutta la cresta, soltanto in un punto compiremo una valutazione diversa: io optando per un aggiramento  tra i rododendri in versante Soana, lei per una disarrampicata in versante Forzo.: infatti per qualche minuto non riusciremo più a vederci nè a comunicare .Ed ecco che entra in gioco la fiducia reciproca incondizionata e... ben riposta, dato che ci ritroviamo qualche minuto dopo entrambi interi e... integri.


Giunti in vista della punta 2621, lanciato un occhio all'orologio ed ad un torrione che appare decisamente proibitivo da superare direttamente , puntiamo ora direttamente alla vetta, che in breve raggiungiamo.


In cima!

Dalla cima, panorama verso la catena degli Apostoli

 La giornata è di quelle da segnare nel calendario: un primo giorno d'estate da non credere, senza neanche la formazione di cumuli pomeridiani. Anche il meteo oggi ha deciso di essere un nostro alleato!
Dalla cima , panorama verso Rosa dei Banchi. Sullo sfondo il monte Rosa
Ci godiamo quindi una meritata pausa, mentre ammiriamo il panorama e diamo una sbirciata alla via Gervasutti , che domina la conca dell'alpe Antena, visibile più in basso. Si vede molto bene anche il lago Lazin!
Vista su Torre Lavina e via Gervasutti

Come sempre quando si arriva in un luogo del genere, non si può far a meno di pensare, un pò malinconicamente, che si tratta di uno di quegli itinerari che non si ripetono tutti i giorni o tutti gli anni.
Ma l'arrivo in vetta, come recita l'antico adagio, è soltanto metà del percorso. Nel nostro caso forse anche meno! Non paghi dell'esperienza appena compiuta, decidiamo infatti di ampliare i nostri orizzonti, dirigendoci alla Malpensata, con l'idea di realizzare un anello con la borgata Nivolastro . Come si fa ad andare ad Andorina tralasciando Nivolastro ? Assolutamente non si può fare!


Alla Malpensata ( nuotando tra i rododendri) 

In vista della Malpensata...



Scendendo dalla punta, questa volta decidiamo di tagliare tutto sotto cresta, puntando a tornare  nella piccola spianata in cui avevamo abbandonato la "traccia" segnata con i bollini rossi. 
Grangia Malpensata
Ormai procediamo spediti, rotti  come siamo  alla progressione tra rododendri esuberanti ed "ulinne" rigogliose, affrontando i numerosi e puntuali saliscendi senza affanni... 
 -" Però, alla fine tengono abbastanza questi rododendri!"
- " Si, basta non farci troppo affidamento... e soprattutto fare attenzione a che non ci siano buchi! Quando ce ne sono tanti e fitti, sembra di nuotare - nuotare tra i rododendri! Bisogna lasciarsi andare!".
Uno sguardo verso Forzo
Giunti in vista della suddetta spianata, decidiamo di tagliare direttamente verso la Malpensata, andando a riprendere la traccia un pò più in là. Ecco che l'acqua comincia a scarseggiare, anzi è quasi finita quando arriviamo alla Grangia Malpensata , proprio mentre l'ultimo raggio di sole che la illumina sta volgendo ad ovest. 
In questo luogo incredibile, è d'obbligo una pausa contemplativa! Pare che il nome della località sia dovuto ad un precoce abbandono della grangia a causa della mancanza d'acqua : da qui  il toponimo "Malpensata".Anche noi infatti non abbiamo trovato nessuna fontana arrivando qui, tranne una talmente esigua che era impossibile servirsene.Quale terribile bisogno ha spinto degli uomini a costruire un alpeggio in questo luogo impervio , a cavallo tra val di Forzo e Val Soana ? 

Inizio della traversata verso la bocchetta Furchia

Traversata nelle ulinne - verso la bocchetta Furchia







Si traversa nel ripido





Dalla Malpensata si dipartono altre due tracce : una in direzione dell'alpe Cial, posta lungo il versante ovest di Cima Fer in versante Forzo, ed una in direzione della bocchetta Furchia  1820 m ( non segnata sulla carta) . Noi cominciamo a seguire quindi i segni che conducono alla bocchetta...
come i camosci...lungo la loro traccia!



E comincia così una lunga traversata tra ripidi pendii di erba ulinna, dove occorre fare la massima attenzione ad ogni passo, poichè su quest'erba scivolosa, in presenza di pendenze sostenute come nel nostro caso, davvero si rischiano lunghe scivolate.Ma noi sappiamo come muoverci, ormai conosciamo bene i segreti delle ulinne, e ci sentiamo proprio come i numerosi camosci che incontriamo lungo la traccia, anzi questa e' proprio la loro traccia!
Gli esseri umani non hanno dovuto far altro che "segnarla", a quanto pare!
Una dorsale via l'altra...

Una via l'altra attraversiamo numerose dorsali in versante Forzo, punteggiate da ciclopiche emergenze rocciose, alle quali la nostra fantasia si diverte ad assegnare analogie, nomi , significati.
Tra ciclopici affioramenti rocciosi...
Perfino ora che abbiamo finito l'acqua ed ogni dorsale scavalcata non è mai l'ultima, l'ottimismo ed il sorriso non abbandonano i nostri volti, perchè l'ambiente che attraversiamo ci ripaga ampiamente di ogni fatica , fisica e di concentrazione.
Quando infine raggiungiamo la bocchetta Furchia, siamo fuori dal sole già da un pezzo, anche se abbiamo ancora dinanzi a noi ore di luce!
Il grande monolite della Furchia
"- Una volta che siamo arrivati alla bocchetta siamo a posto: in poco tempo saremo a Nivolastro, poi di lì a Chiapetto si va in autostrada, anche se venisse notte non ci sarebbe nessun problema" - sentenzio.
Ed eccoci infine alla bocchetta, a picco su Nivolastro.

























Le ultime parole famose: ( il colpo di coda dell'avventura...)

"Un ultimo pezzo più ripido, poi  arriveremo nel bosco e potremo cominciare a rilassarci: sono stato qui già parecchie volte, l'ultima solo quest'autunno". Ormai è fatta dunque... e invece piccola sorpresa: la rigogliosa vegetazione fa sì che per la prima volta smarriamo la traccia!
Ecco l'imprevisto "imprevedibile" che comincia a scalfire un pò l'ottimismo, anche se cerchiamo di ingannarlo tenendoci il morale alto a vicenda, tra canti e barzellette...Perdere la traccia quando si è quasi arrivati a Nivolastro è davvero il colmo! E invece va proprio così, e non saremo in grado di ritrovarla che nell'ultimo pezzo!
Eccoci infine a Nivolastro!!!
A dire il vero io sono terrorizzato all'idea di non arrivare a Nivolastro di giorno e comincio ad allungare:
- " Marco, aspettami  , fammi vedere bene dove passi!" - ma io sono sempre qualche passo avanti, perchè voglio accorciare i tempi il più possibile. La nostra progressione ora si è fatta infatti più difficile, sicuramente anche per la stanchezza , ma soprattutto per via del terreno, ripido ,senza sentiero ed invaso dalla vegetazione. Ormai ci siamo abbonati, ma speriamo di non trovare altri ostacoli che ci costringano a perdere tempo!
Una volta rilocalizzata visivamente Nivolastro, in uno dei pochi punti aperti, ecco che decidiamo di scendere il più linearmente possibile, dato che siamo proprio in direzione !
Ed ecco che entrano in gioco la capacità di orientamento e di leggere il territorio: fortunatamente qua e là si vedono ceppi di tronchi tagliati, zone con folti noccioli, indice del fatto che ci troviamo in luoghi un tempo praticati dagli esseri umani. 
E così, quasi arrivati a Nivolastro, ecco che ritroviamo un discreto sentiero e sbuchiamo finalmente nei suoi grandi prati!E' ancora giorno! Ce l'abbiamo fatta!


La notte comincia pian piano a scendere

Chiusura dell'anello

Dopo una meritata pausa dissetatrice ( eravamo senza acqua dalla Malpensata!) , andiamo ad imboccare il comodo sentiero che raggiunge Chiapetto attraverso bellissimi boschi di faggio ed abete rosso, mentre la notte comincia a scendere pian piano su di noi. 
Laura ha anche una pila frontale e non posso davvero dire che abbia fatto male a portarla con sè: non si sa mai ed oggi in definitiva sarebbe proprio servita ! 
Attraversata la passerella sull'omonimo rio, raggiungiamo infine l'agognata Chiapetto, dopo ben 13 ore di cammino, stanchi neanche troppo, soddisfatti tantissimo!
E questo è quello che conta, perchè fare un giro ad anello così non è roba da poco! E non vediamo l'ora di farne altri simili! "Next time Everest ?" 


Conclusione: 

Come scala di difficoltà questo itinerario può essere classificato come EE/F ;se vi fosse  piaciuto ed aveste intenzione di provarlo,  l'unica raccomandazione che vi facciamo è quella di non prenderlo sottogamba, tenendo conto di tutte le criticità che speriamo di aver ben evidenziato nell'articolo e facendo attentamente le vostre valutazioni.
Arrivederci ed a presto con le Storie!