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sabato 16 ottobre 2021

I pirati del Gran Paradiso ( la riconquista del Regno delle Placche)

1.Premessa



Ciascun essere umano acquisisce, dopo aver vissuto un tempo più o meno lungo , una certa consapevolezza di quali sono i suoi pregi ed i suoi limiti, le sue certezze e le sue fragilità. E in base  questa "definizione di sè", per quanto incompleta, cerca di ritagliarsi un "posto felice", una "dimensione" all'interno dell'ambiente fisico e sociale nel quale si trova a vivere.
Nasce il giorno a Ciantel 



Si possono tuttavia verificare nel corso della vita eventi in grado di scuotere dal profondo tali certezze, così come , all'opposto, eventi in grado di andare ad irrobustire le fragilità; un evento del primo tipo era esattamente ciò che era capitato di recente al "cacciatore di sentieri",  costretto ad un'imprevista notte all'addiaccio...
Per ritrovare sè stesso , il Varda decise dunque di tornare nel suo "terreno di caccia" preferito , e cioè il "Regno delle Placche", questa volta in compagnia di Lady Marianna, entrambi smaniosi di poter ammirare  nuovamente le meraviglie della Piata di Lazin  , del lago Gelato e tutto il resto...
La stretta ed incassata parte bassa del vallone di Boiretto , ancora in ombra


Lady Marianna era "una fanciulla di sedici o diciassette anni, dalla taglia piccola, ma snella ed elegante",  discendente di un qualche lord inglese , amante dell'avventura e delle escursioni e pedalate massacranti, che pretendeva sempre di svolgere alla massima velocità. 
Per questo motivo il Varda , un indigeno che viveva nel delta dell'Eugio in compagnia del suo cane Chopin e dei suoi vari gatti, era sicuro che questa volta la battuta di caccia si sarebbe svolta in tempi olimpici: niente notti all'addiaccio o rientri notturni...
Vista sul monte Colombo dal vallone di Boiretto




2. Il vallone del Boiretto




Alle ore 7,30 circa del 30 settembre 2021 , il Varda e Lady Marianna si incamminarono dalla frazione Ciantel di Ribordone alla volta del vallone del Boiretto;  grazie all'esperienza ed alla segnaletica rossa degli indigeni, lo percorsero velocemente, toccando in successione le alpi Laval, Boiretto inferiore e superiore fino a raggiungere la bocchetta omonima. 
In vista della bocchetta..
Le condizioni meteorologiche erano ottimali : non una nuvola sulle montagne,  solo le pianure in lontananza  coperte dalle nubi.

3. Il vallone delle Losere

Panorama dalla Bocchetta del Boiretto: in primo piano il lago delle Losere


Dopo aver effettuato una breve sosta mangereccia presso la bocchetta del  Boiretto , Marco e Lady Marianna si inoltrarono dunque nel vallone delle Losere, in direzione della bocchetta Fioria, cercando di perdere meno quota possibile.
Una volta raggiunto il valloncello\canale adducente al valico , sempre caratterizzato dalla presenza della segnaletica rossa degli indigeni, optarono deliberatamente per ignorarla portandosi sul fianco dx idrografico ,  caratterizzato dalla presenza di comode placche di gneiss occhiadino senza soluzione di continuità o quasi.
Sulle rugose placche...


Tali placche, risultato dell' esarazione dei ghiacciai quaternari sul substrato roccioso, oltre ad avere una superficie regolare , sono anche "rugose", ragion per cui è possibile percorrerle con passo sicuro fino a pendenze non trascurabili ( a differenza delle placche della medesima matrice litologica che  si rinvengono nella parte bassa del vallone dell'Eugio, rese più lisce dall'azione delle acque superficiali): perchè rinunciare ad una simile comodità per qualche macchia di vernice rossa ?
Nei pressi del piccolo specchio d'acqua..


Giunti nei pressi di un piccolo specchio d'acqua  , fu istintivo optare per una pausa contemplativa...

Bocchetta Fioria
Raggiunta infine la bocchetta Fioria,  valico che mette in comunicazione  il vallone delle Losere con il vallone di Lazin, i due camminatori presero l'autostrada delle placche in direzione NO.

4. Il culto della Piata




Per poter percorrere tale  larga e panoramica cresta non è richiesto alcun pedaggio: bastano un pò di buone gambe e volontà! La fantasia viene da sè!
Il panorama circostante, notevole in ogni direzione, contribuiva poi  in maniera determinante a non far sentire la fatica ed ad incrementare il desiderio d'avventura: un passo dopo l'altro le menti si liberavano ed il Varda e Marianna iniziarono a fantasticare di mille mete, mille percorsi alternativi, che sembravano tutti lì, a portata di gamba...
Giunti nei pressi della vetta, laddove le pendenze aumentano sensibilmente e le placche lasciano il posto ad una pietraia, uno sguardo d'insieme alla cresta appena percorsa ne rivela la peculiare  "forma", davvero simile ad un  viadotto !  
Vista sul gruppo del Rosa

Vista sul gruppo degli Apostoli

Vista sul gruppo del gran Paradiso

La cresta "autostradale"

L'immensa spianata sommitale della Piata


La sommità della Piata di Lazin è un'enorme distesa di rocce e detriti, in larga parte pianeggiante, sulla quale le azioni della neve, dei cicli di  gelo e  disgelo determinano il manifestarsi di curiose forme e "disegni" denominati "patterned ground".
- "Non è possibile che tutto ciò sia opera della natura, del caso! "- disse Marianna .
- "Eppure questo è quello che ci dicono le scienze della Terra" - replicò il Varda.
-" Questi cerchi di pietra devono essere opera di qualche  popolazione primitiva: forse si trattava di un  luogo sacro, legato a qualche  culto antico"- insistette ancora lei.
-" O forse degli alieni! Parafrasando i Bluvertigo, se non ci fosse la Piata, riusciremmo ad immaginarla? Ed allora, non potendo io dimostrare inconfutabilmente che questa disposizione delle rocce  non sia dovuta all'azione di qualche forma di vita, non posso neanche scartare la tua ipotesi!" - concluse il cacciatore.
Per meglio onorare la sacra Piata , i due protagonisti del nostro racconto decisero di consumare ivi il loro pranzo al sacco ; mentre affiancavano il cibo del corpo a quello dalla mente, ecco arrivare in cima, attratti forse da qualche forza misteriosa, un primo ed un secondo visitatore: il primo proveniente dalla bocchetta Fioria via vallone di Lazin, il secondo dal passo di lago Gelato via vallone di Umbrias. Quanti fedeli oggi! Nessuno però proveniente dal vallone dell'Eugio! Che strano eh ? 

3. La sfida della nebbia

Può un'avventura essere ripetuta ? Secondo il giudizio di chi scrive no, altrimenti non sarebbe tale! Tuttavia, con i moderni mezzi tecnologici a disposizione, le tracce gps, i sentieri attrezzati e segnalati , la domanda da porre sarebbe la seguente : si può ancora vivere un'avventura ? Il vallone dell'Eugio e le sue zone limitrofe sono uno dei pochi luoghi delle Alpi dove la risposta può essere affermativa.
Ogni azzardo comporta però un prezzo, che solo pirati "navigati" sono in grado di correttamente valutare e di "pagare".
E così questa volta l'alto vallone dell'Eugio riservò ai viandanti non già la sfida di percorrerlo al calar delle tenebre , ma in presenza della nebbia!
Eh si, perchè durante la "pausa pranzo" le prime nubi avevano cominciato a lambire le montagne circostanti.
La cresta nella nebbia..

Lì in fondo dovrebbe vedersi il lago Gelato


A dire il vero la nebbia non era così fitta e permaneva una discreta visibilità , visibilità che però cominciava ad essere scarsa e problematica in una zona  priva di sentieri e segnaletica quale quella che doveva essere percorsa! Alla mancanza di segnaletica sopperiva fortunatamente la buona conoscenza del territorio dei due avventurieri...
Lago Gelato nella nebbia


Senza grossi problemi dunque , dopo aver percorso un tratto di cresta ed essersi poi abbassati leggermente a raggiungere la traccia che sale dal vallone di Umbrias, il Varda e Marianna raggiunsero il valico: il  lago Gelato sfortunatamente appariva immerso nella nebbia e  non fu possibile apprezzarne la visione d'insieme.


Ridiscesi fin quasi a toccarne le sponde sul ripido pendio di sfasciumi, deviarono a sinistra per placche fino a raggiungere l'emissario del lago in un punto attraversabile: la via di discesa passava infatti dalla sponda dx idrografica del vallone dell'Eugio.
Uno dei laghi Bort


Procedendo ora speditamente su comode placche di gneiss, inframmezzate qua e là da morbidi tappeti erbosi ,  e facendo sempre bene attenzione a mantenere la giusta direzione su un percorso conosciuto quasi a memoria , in breve arrivarono al cospetto dei bei laghi Bort.
Le condizioni di scarsa visibilità , che avrebbero potuto anche variare in peggio, purtroppo costringevano a proseguire la "corsa" , impedendo loro di gustare appieno le meraviglie di quei luoghi!
Lago Boccutto
E così, continuando a cavalcare lungo le placche, ecco che i due raggiunsero le sponde del bel lago Boccutto; di qui l'idea era quella di raggiungere  nuovamente il vallone delle Losere per poi risalire alla bocchetta del Boiretto.
Vi è infatti un passaggio, segnalato da alcuni ometti, che consente di accedere al piano del lago Losere superiore. Ai due viandanti bastò un momento di maggiore visibilità per individuarlo e non perdere l'idea della sua posizione sul territorio, raggiungendo così il punto desiderato dopo un saliscendi su terreno alquanto faticoso.




4. Il vallone delle Losere

Arrivo al lago Losere superiore





La visibilità nel vallone delle Losere era purtroppo di gran lunga peggiore; non disperando tuttavia di riuscire ancora a raggiungere la bocchetta del Boiretto, i due decisero di proseguire in direzione del valico cercando di perdere meno quota possibile, con l'idea di raggiungere  la traccia per la bocchetta Fioria, per poi seguirla a ritroso .
Lago Losere nella nebbia
Anche l'orologio non poteva più  a questo punto  venir perso di vista, dato che il vallone del Boiretto non è uno di quei posti in cui si può agevolmente procedere di notte, anche con una torcia
Alpe Losere superiore
Arrivati al lago delle Losere, immerso nella nebbia, data l'ora e la visibilità, al Varda ed a Marianna non restava altro che scendere al lago d'Eugio: lungo tale traccia sapevano infatti che avrebbero potuto fare affidamento se non altro su qualche ometto di pietra, mentre la traccia per la bocchetta del Boiretto ed il sentiero percorso in salita sarebbero stati piuttosto difficili da individuare ; inoltre il sentiero dal lago d'Eugio al suo "delta", così come   il gta che saliva al monta Arzola, potevano essere tranquillamente percorsi anche di notte.
Lago d'Eugio nella nebbia...


A mali estremi, estremi rimedi: dal lago Losere in poi si rese necessario un frequente utilizzo della cartina, che  incrociata con la posizione data dall'applicazione gps installata sullo smartphone e con quanto ricordava la memoria ,  consentì di raggiungere in sequenza le alpi Losere superiore ed inferiore, non senza qualche piccolo intoppo dato che la traccia di quella che una volta era "la strada delle vacche", era ormai diventata in molti punti talmente labile da essere pressochè indistinguibile da una comune traccia di camosci! Per fortuna alcuni ometti ed alcune "infrastrutturazioni" residue consentivano ancora di apprezzarla e di ritrovarla in caso di smarrimento...
Costeggiamo il lago d'Eugio ancora con la luce...


Fino a questo punto, "se non tutto giusto, quasi niente di sbagliato", o meglio fino ad un ometto di pietra di dubbia interpretazione, incontrato in un punto "fuori sentiero".
- " Che cosa mai potrà significare questo ometto ? Che non va oltrepassato in quella direzione o che va seguito ? " -  si interrogarono Marco e Marianna.
Una traccia pianeggiante e piuttosto marcata in direzione lago d'Eugio sembrava far propendere per la seconda ipotesi : invece si rivelerà soltanto una traccia di camosci , per di più diretta in una zona di salti! Di lì non si poteva passare!
E allora dietrofront! I due iniziarono così cautamente a risalire, questa volta in direzione del lago Nero d'Eugio, finchè una momentanea apertura schiuse alla loro vista l'ultima parte della traccia ( e facendo loro capire che l'ometto di cui sopra era un segnale da non oltrepassare) :e allora giù di corsa ( per quanto possibile)!
Era  ancora infatti necessario costeggiare il lago: anche qui naturalmente il percorso era pulito ed evidente , ma grazie al cielo riuscirono a percorrerlo con la luce e dunque speditamente e senza grossi intoppi!

5. Tutto è bene ciò che finisce...


Dopo aver gustato un caffè caldo in riva al lago d'Eugio, gentilmente offerto da due pii monaci del locale convento, ecco che il Varda e Marianna  ripartirono, questa volta con le pile frontali: ed in un'oretta e mezza circa arrivarono sani e salvi in quel di Cussalma. Avendo infatti la possibilità di sfruttare un passaggio in vettura da Cussalma a Ribordone,  i due avevano optato per la discesa in quella direzione, dato che il sentiero, recentemente ripulito e risegnato, offriva maggiori garanzie "notturne".
C'è poco da fare: un giro così lungo andrebbe fatto partendo ( e non arrivando) di notte,  oppure più convenientemente e piacevolmente spezzato in due giorni ( ah, se solo ci fosse un rifugio nel vallone dell'Eugio) e mai ( sia bandita ogni superbia dal mio scrivere) , ripeto mai andrebbe affrontato, specialmente all'interno del vallone dell'Eugio, in condizioni di scarsa visibilità così come riportato nel racconto!
E però, se ci fossero tracce ben segnate ed un comodo rifugio, il vallone dell'Eugio manterrebbe quel sapore d'avventura , quel suo aspetto misterioso e selvaggio ?  E' davvero questo il vallone che vorremmo ? 
Arrivederci ed a presto con le Storie!