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domenica 27 settembre 2020

Indiana Jones ed i misteri del regno delle placche ( Piata di Lazin e Lago Gelato da Ribordone )








I. Il vallone del Boiretto

Il vallone  del Boiretto, inciso dal rio omonimo,  affluente della dx idrografica del torrente Ribordone,  è caratterizzato nella   parte bassa  da una morfologia valliva  pressochè  indistinguibile, limitata alla zona alveale; è poco a a monte della confluenza del rio Testona che tale morfologia diventa evidente,  delimitata dai contrafforti di cima Testona ad ovest -nordovest e del monte Colombo ad est.
Cartografia e percorso fino al Lago Nero d'Eugio


Tale evidenza è però celata alla vista dei visitatori che limitino la loro presenza al fondovalle od alle frazioni principali del comune  di Ribordone da quegli stessi contrafforti che contribuiscono a crearla: per apprezzarla è necessario mettere gambe in spalla e camminare. 
Si sale nel bel bosco di abeti, non ancora baciato dal sole

Nondimeno alle ore 7 del mattino del 4 settembre 2020 veniva parcheggiata alla frazione Ciantel del Re un'automobile, dalla quale scendevano un piemontese ed una romana , entrambi d'atletica statura e con membra sviluppatissime e muscolose, che lasciavano presagire forza ed agilità degne di camosci e stambecchi.
Salendo nel vallone del Boiretto

Erano un bel tipo di piemontese, sui quarant'anni, con abbronzatura da muratore , labbra grosse a corredo di un'ammirabile dentatura e la pelle lucida, recentemente unta con la crema protettiva 50  ed un'avvenente romana, sui trent'anni, con un sorriso smagliante, occhi vispi da furetto ed una carnagione abbastanza chiara nonostante il ripudio delle creme solari.
- La zona del vallone del Boiretto è ancora tutta in ombra! Meglio! - diceva il piemontese -  Così saliremo con meno fatica !
-"Per me va tutto bene, tanto io non ci sono mai stata"
Il Varda e Laura de Roma, così si chiamavano i due,  imboccarono dunque la pista agrosilvopastorale per l'alpe Oregge fin sui 1500 m di quota, dove svoltarono a destra prendendo il sentiero per l'alpe Laval, ormai ridotto perlopiù ad una labile traccia scarsamente visibile nel rigoglio della vegetazione. Fortunatamente alcuni indigeni avevano segnalato il percorso con bolli di vernice rossa, facilitando ai due giovani  il fondamentale compito di mantenere il giusto percorso. Un compito fondamentale non tanto perchè  i due corressero il rischio di perdersi, quanto per risparmiare le energie in vista della lunga escursione che li aspettava: uscire dal percorso significava infatti raddoppiare la fatica dell'avanzamento.
Alpe Laval

In questa prima parte del percorso attraversarono il bel bosco di abete rosso localmente denominato della "Pefa", dalle cui ombrose fronde uscirono quando giunsero in vista dell'alpe Laval.     
Lasciati a destra i ruderi dell'alpeggio, ormai da tempo abbandonato, il sentiero prosegue, salendo sempre nei pressi del rio Boiretto ;si tratta tuttavia di un percorso sempre da ricercare, poichè in  alcuni punti la vegetazione è talmente rigogliosa che le felci superano l'altezza-uomo! Buchi nascosti e la temibile e scivolosissima erba localmente chiamata "ulinna", completano il quadro di un percorso piuttosto malagevole.
Felci ad altezza uomo !!!



La fitta vegetazione però non incuteva nei due alcun timore: il Varda era infatti noto anche come il "cacciatore di sentieri", mentre Laura de Roma era una giovane promessa dell'arrampicata che godeva la fama di spericolata avventuriera
Il mix tra i due era perfetto: l'entusiasmo e le capacità sulla roccia di Laura consentivano infatti al Varda di ampliare il raggio d'azione delle sue esplorazioni a terreni più prettamente alpinistici, mentre l' esperienza e la  buona conoscenza del territorio del piemontese permettevano alla romana di conoscere sempre meglio il territorio delle valli Orco e   Soana. L'obiettivo della giornata era quello di visitare il mitico "regno delle placche", terreno di caccia prediletto del Varda.
- "Sai, mi sembra di essere un pò come nei film di Indiana Jones..." - disse Laura
All'alpe Boiretto inferiore, sfida boulder superata!
Giunti nei pressi dell'alpe Boiretto inferiore,  incontrarono una simpatica mandria di manze e manzette; vicino ai ruderi, un masso attirò la loro attenzione: ed ecco che lì per lì il Varda lanciò  l'idea di una "sfida boulder"( cioè arrampicarsi sul masso - ndr ), che naturalmente venne superata senza problemi da entrambi...

Dall'alpe Boiretto superiore, uno sguardo al terreno di salita

Alpe Boiretto superiore




Il percorso ora si era fatto molto più agevole ed evidente grazie alla vegetazione d'alta quota,  più bassa e rada, ed all'ambiente aperto nel quale si svolgeva.  Proseguendo lungo il sentiero toccarono quindi l'alpe Boiretto superiore, ormai ridotta a ruderi, per  poi giungere nell'ultima parte del vallone, già facente parte del meraviglioso regno delle placche.  
Qui infatti il terreno comincia ad essere caratterizzato dalla presenza di magnifiche placche di gneiss, sempre più grandi e sempre più continue. Nella parte alta del vallone del Boiretto si trovano davvero gli scorci più spettacolari dell'intera valle di Ribordone.
Poco oltre i ruderi, ecco che Laura de Roma , osservando una parete lì vicina, lanciò l'idea di una nuova sfida, consistente nell'arrampicata in fessura, sfida alla quale il Varda non potè sottrarsi, avendo poco prima lanciato quella "boulder"!


Arrivo alla bocchetta del Boiretto

Se per la romana superare la sfida fu un gioco di ragazzi, la cosa si rivelò decisamente più complicata per il piemontese, poco avvezzo alla disciplina , tanto che concluse l'ultimo passaggio per raggiungere la sommità della parete ( a dire il vero un pò atletico)   con qualche brivido ed un pò d' adrenalina, tali da renderlo per qualche istante tremebondo.
Arrivo alla bocchetta del Boiretto

Arrivati infine alla bocchetta del Boiretto, valico che mette in comunicazione il vallone del Boiretto con quello delle Losere ,ecco che fecero  mostra di sè il Gran Paradiso ed il sottostante lago delle Losere. Da un punto di vista meteorologico la giornata era perfetta: un cielo blu intenso, del tutto privo di nuvole!

    Dalla bocchetta del Boiretto: in primo piano il Lago Losere, a dx la Piata di Lazin, al centro il Moncimour ed a sx il Gran Paradiso

2 Alla bocchetta Fioria

Dopo un breve tratto in discesa...


























Dalla bocchetta del Boiretto, lanciando uno sguardo verso il versante Eugio occupato dal vallone delle Losere, risulta subito evidente l'origine del toponimo:estese placche di gneiss, quasi senza soluzione di continuità, occupano  la superficie a perdita d'occhio.   
...  contornando spettacolari pareti rocciose.

Estrema libertà
Proseguendo lungo la  traccia, sempre segnata da bollini rossi ,dopo un breve tratto in discesa  tra erbe e pietrame in direzione del lago Losere, Marco e Laura cominciarono a risalire in direzione della bocchetta Fioria lungo un largo canale erboso, contornando imponenti pareti rocciose. 
Ma ciò che vedevano alla loro sinistra era ancor più accattivante: l'immensa distesa di placche di gneiss! E così, senza esitazione, decisero di attraversare il canale e salire da quella parte
Quello sulle placche era un cammino privo di ostacoli, a pendenza variabile e di libera interpretazione; la ruvida superficie rocciosa  , così adatta alla progressione, dava sicurezza ad ogni passo, anche nei punti più ripidi: si provava una sensazione di estrema libertà, unita  ad  un forte legame con la montagna ed i suoi elementi, tanto forte da sembrare di  non poter essere sradicato da alcuna entità entità, fosse essa divinità, uomo, animale, cosa o forma di energia.
Sulle infinite placche...


Pareva loro di essere degli aquiloni dal filo di infinita lunghezza, saldamente in mano ad  immaginari bambini che li guidavano nell'aria.
Oasi nella roccia

In un piccolo pianoro erboso, una minuscola pozza d'acqua, contornata dai bianchi fiocchi degli eriofori, apparve come un'oasi nel "deserto" di roccia; da qui in breve giunsero alla bocchetta Fioria, passaggio che mette in comunicazione il vallone di Lazin con quello dell'Eugio\Losere, dove a sorpresa incontrarono altri due esseri umani. 
- "Buongiorno"- li salutarono Marco e Laura
- "Sentivamo delle voci e delle grida e ci siamo preoccupati..."
- "Scusateci, eravamo noi! Davvero non pensavamo di incontrare anima viva da queste parti! Ma voi da dove arrivate ?"
- "Da Boschiettiera, passando per la bocchetta delle Mule. Siamo fiamminghi! Ora andiamo al lago Gelato e poi torniamo dal vallone di Umbrias. E voi?"
- "Gran bel giro ! Noi siamo diretti alla Piata di Lazin! Buon proseguimento!"
-"Buon proseguimento!"
Autostrada con vista Gran Paradiso




3 Alla Piata di Lazin

Dalla bocchetta Fioria il percorso prosegue lungo quella che è a tutti gli effetti un'enorme cresta, talmente larga e con pendenze così dolci da essere difficilmente delimitabile, individuabile, quasi un'autostrada  asfaltata con placche di gneiss !
Tutto attorno è magnifico anche il panorama, che va dal gruppo del Gran Paradiso, alle montagne della val Soana fino al Monte Rosa ed al Cervino; sporgendosi sul lato Eugio  si cominciano a vedere anche i bellissimi laghi glaciali del vallone.

La Piata si avvicina
 
Marco e Laura continuarono così a camminare comodamente sulla larga cresta, fino a giungere in prossimità dell'ultimo pendio di pietrame che porta in cima alla Piata.
La Piata ed i patterned ground

La Piata di Lazin è un'enorme spianata, un campo da calcio a 3108 m di quota, un ambiente lunare; le rocce presenti sulla sua superficie, sotto l'azione dei cicli di gelo e disgelo, formano dei curiosi cerchi di pietra, denominati "patterned ground".
Ammaliati dalla bellezza del luogo e del panorama, i due giovani decisero di concedersi una bella pausa, quando l'orologio segnava le 14,00: tra sfide e pause contemplative e/o fotografiche varie , ben 7 ore erano letteralmente volate! 
Dall'estremità della Piata, vista verso il Gran Paradiso e la catena degli Apostoli
Tirati fuori dagli zaini i loro pranzi al sacco, cominciarono quindi a ragionare su quale percorso intraprendere in discesa...
-" Certo che arrivare qui è già un bel tiro!Potremmo anche tornare dalla stessa parte, oppure potremmo scendere ai laghi Losere e d'Eugio e poi fare ritorno dall'Arzola"
- "Per me è lo stesso: io qui non ci sono mai stata, mi fido di te!"
-" Con una giornata così non sarebbe male proseguire per cresta , raggiungere il passo del Lago Gelato, scendere dal vallone dell'Eugio e poi tornare dall'Arzola. In fin dei conti fin qui siamo arrivati bene, non siamo stanchi e le giornate sono ancora lunghe. Avevo chiesto informazioni al mio amico Loris, riascoltiamo insieme il suo vocale..."
- "Certo che solo così è difficile farsi un'idea precisa..."
- "Comunque il punto è che la cresta è quasi interamente camminabile ; ci sono alcuni tratti un pò esposti e poi ci sarà un pò da ricercare il passaggio per accedere al passo , ma sono convinto che io e te assieme possiamo farcela! Alla peggio, facciamo dietrofront"
Panorama sul Lago Gelato
Il demone del ravanamento aveva colpito ancora il cacciatore di sentieri ! Più pericoloso del semplice morbo, esso abitava da tempo immemore quei luoghi abbandonati dall'uomo, sempre in agguato per sorprendere gli incauti visitatori. 
Il Lago Gelato, visto da qui , sembra  un tesoro blu racchiuso entro una ciclopica fortezza di roccia, sembra sfidarti: "sei in grado di raggiungermi, o viandante ? " Forse il demone vive entro quelle acque cristalline...
Dulcis in fundo, ecco che a sopresa il Varda tirò fuori dallo zaino una diamonica e cominciò a suonare ( per come riusciva ):  un inno alla libertà, alla montagna, alla vita...




4 Al Passo del Lago Gelato

Dall'estremità nord della Piata, alcuni ometti in pietra indicano l'attacco della successiva cresta per il Passo del Lago Gelato. Si tratta di una cresta di blocchi e massi accatastati, in cui è necessario qua e là utilizzare le mani per la progressione, e con tratti abbastanza esposti in particolare sul versante Eugio.


sulla cresta




"Cercate per quanto possibile di farla camminando seguendo il filo e non fatevi tirare a scendere verso l'Umbrias, che poi sotto ci sono i salti". Con questa semplice frase, Loris de Lazinet aveva fornito ai due viandanti la chiave per non commettere errori di percorso.
Il percorso di cresta si rivelò  molto piacevole, offrendo divertenti passi di facile arrampicata, uno stimolante  pizzico di adrenalina grazie all'esposizione e la soddisfazione della ricerca costante del passaggio migliore , non essendoci un percorso prestabilito nè obbligato.
Giunti quasi al fondo della cresta, quando essa rimonta per poi interrompersi bruscamente in corrispondenza del passo, Marco e Laura cominciarono ad abbassarsi in maniera guardinga, alla ricerca del passaggio d'uscita verso il colle ( Loris aveva parlato di un camino):a maggior ragione ora, dopo tante ore di cammino, diventava ancor più fondamentale risparmiare le energie per evitare errori di percorso che sarebbero stati pagati al prezzo di faticose risalite!




Verso il passaggio d'uscita

Individuato il passaggio d'uscita verso il canalone adducente al colle,  che effettivamente richiese una breve disarrampicata, Marco e Laura  guadagnarono il passo con un'ultima faticosa risalita tra gli sfasciumi. Ancora una volta, come non fermarsi ad ammirare per bene il panorama ? Non sono posti dove ci si può andare tutto l'anno od una volta alla settimana.

Un'ultima faticosa risalita

Il lago Gelato



Scendendo dal passo verso il Lago 




5. Il lago Gelato

Il lago Gelato, posto ad una quota di 2846 m, è il più grande lago naturale del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Da qualunque parte lo si voglia raggiungere,  è necessario affrontare escursioni con grandi dislivelli e spostamenti notevoli, su terreno malagevole, spesso in mancanza totale di qualunque sentiero o segnaletica.
Dal passo omonimo, per un pendio di sfasciumi fini non eccessivamente ripido si raggiungono le sponde del lago: una spiagga di....manco a dirlo, placche!
Come resistere alla tentazione di mettere i piedi a bagno, anche se per poco , dato che l'acqua è freddissima ? 
Piedi a bagno...



- "Bisognerebbe tornare qui in un periodo ed in un orario giusto per fare proprio il bagno. Ma si potrà fare ? "
-" Si , nelle ore centrali ed in estate si, a patto di non rimanere troppo tempo nell'acqua, del tipo che si entra e si esce"

Due dei laghi Bort

6. Dal Lago Gelato all'alpe dei Fons

Il vallone dell'Eugio, nel tratto tra il lago Gelato e l'alpe dei Fons è tutto una "losa" e la discesa su queste immense placche  una vera goduria : bisogna soltanto fare attenzione a non farsi attirare nella parte centrale del vallone, dove sono presenti numerosi salti che potrebbero costringere, naturalmente, a dispendiose risalite. 
Il primo dei laghi Bort
...sulla spiaggia di placche al calar della sera...
Tale rischio non sussisteva per Laura e Marco, data la buona conoscenza del territorio del "cacciatore di sentieri"; considerato poi che il tempo cominciava a "stringere", toccato uno dei bei laghi Bort  decisero di rinunciare a toccare le sponde degli altri laghi minori e del grazioso lago Boccutto, puntando direttamente all'alpe dei Fons, ove avrebbero potuto fare rifornimento di acqua, dato che l'avevano finita!
Alpe dei Fons\1
Una vasta placca pressoché pianeggiante dava l'impressione di trovarsi su una spiaggia sospesa sull'orizzonte al calar della sera. Come non soffermarsi almeno per un attimo ? 
Alpe dei Fons
All'alpe dei Fons si arriva con ultimo traverso  verso ovest, lungo i resti della "strada delle vacche", un tempo ben sistemata ove necessario con scalini e puntali di ferro per consolidarli. La disposizione e la tipologia delle costruzioni che la compongono è davvero singolare ;  bellissima poi la posizione panoramica del rustico col tetto ad una falda ancora non crollato. Tali costruzioni sono così ben integrate nel territorio circostante che sembrano essere spuntate naturalmente da esso, come dei funghi dal terreno.
Dopo aver fatto rifornimento d'acqua ed una breve pausa, Marco e Laura ripresero il cammino: non vi era infatti tempo da perdere!!!

5. Dall'alpe dei Fons al lago Nero

Il "cacciatore di sentieri" sapeva infatti bene che la parte più difficile del percorso cominciava ora: se prima , pur in mancanza di sentiero e segnaletica, si camminava su superfici comode, ora era necessario discendere ripidi pendii di scivolosa erba ulinna, avendo a disposizione un  sentiero di fatto inesistente, fino all'alpe Leyner. E dopo l'alpe Leyner , le cose sarebbero peggiorate ancora, poichè le "ulinne" avrebbero lasciato spazio ad un inestricabile arbusteto di rododendri, ginepri e mirtilli fin quasi al lago d'Eugio.
Essendo ormai ben chiaro che non si sarebbe riusciti a rientrare di giorno a Ribordone, era fondamentale raggiungere il sottostante lago d'Eugio, dove riprendevano segnaletica e rete sentieristica, prima del calar della notte.Una sorda inquietudine pervadeva ora Marco , anche se non lo dava a vedere: il battito accelerato del cuore, il respiro a tratti più affannoso; il buonumore non abbandonava invece Laura, magari un pò stanca ma sempre ottimista.
La notte cala inesorabilmente sulla conca del lago Nero
Pur essendo arrivati all'alpe Leyner  abbastanza bene e mantenendo un discreto ritmo di discesa, le aspettative  riguardo al calar della notte dovettero essere ridimensionate: ora l'obiettivo realistico era quello di arrivare almeno all'inizio lago Nero prima di notte.
Ecco che diventava ora necessario non sbagliare più nulla: perdere la pur esile e sporca traccia avrebbe significato raddoppiare i tempi e triplicare la fatica!
Il lungo lago Nero viene così chiamato sia per via del colore scuro delle sue acque che per la possente parete scura che si trova al suo fondo; il "sentiero delle vacche"che serve l'alpe Leyner passa proprio a ridosso del precipizio determinato dalla parete suddetta, per poi costeggiare più o meno la sponda dx idrografica del lago.
Come da "programma aggiornato", il piemontese e la romana raggiunsero il fondo del lago Nero al calar della notte.
La notte al fondo del     Lago Nero


6. Into the dark - nella notte

Avete mai fatto caso a come il buio calmi gli animali , li faccia sentire al sicuro ? Ecco,lo stesso accadeva forse ora a Marco . E poi , essendo ormai notte fatta, non aveva più alcun senso preoccuparsi per il suo arrivo: non c'era null'altro da fare che concentrarsi al massimo per non perdere il sentiero e scendere il più in fretta possibile, portando a termine  la caccia di sentieri più importante e difficile mai fatta nella sua vita, una sorta di capolavoro forzato del ravanamento.
E' difficile descrivere con parole il turbinio di emozioni causate dal trovarsi di notte su un percorso rognoso ed accidentato, praticamente senza sentiero e con il concreto rischio di passare la notte svegli od all'addiaccio: la concentrazione massima nel non smarrire la giusta traccia di Marco, la strenua forza di volontà di Laura nel non lasciarsi vincere dallo sconforto e dalla stanchezza, cercando di seguire fedelmente  ogni passo, anche prendendosi  per mano laddove necessario; l'aiuto ed il conforto reciproco... 
Per Marco poi era assolutamente emozionante il solo fatto di trovarsi di notte su quel percorso, fatto così tante volte di giorno, anche se si sentiva tremendamente in colpa per aver valutato male i tempi e la situazione! Anzi, a pensarci bene la realtà è che questa volta Marco non aveva fatto alcuna valutazione, vuoi per  l'influsso del demone del ravanamento, che evidentemente causa la perdita del senso del tempo, vuoi perché non solo la montagna quel giorno era in cima ai suoi pensieri.  
Grazie al cielo Laura aveva con sè una pila frontale, e grazie a non so cosa Marco non sbagliò mai sentiero, almeno fino al pianoro del lago d'Eugio. Qui incontrarono una mandria di vacche , le quali  vedendoli arrivare di notte e con la luce della pila cominciarono ad agitarsi, trasmettendo in parte il loro stato d'animo anche ai due viandanti ormai molto provati, sia fisicamente che psicologicamente. Questo fattore, unito al diffuso calpestio delle vacche nei pressi del lago , fece sì che i due smarrissero la traccia proprio alla fine, mettendoli ancora una volta alla prova con un'ulteriore fatica supplementare, che per giunta era anche irritante essendo ormai giutni in vista della diga con le sue luci!
Quando raggiunsero la casa di guardia, erano circa le 22,00; dovendo entrambi lavorare il giorno dopo, non poterono però accettare l'offerta di passare lì la notte, ma di buon grado e con grande appetito mangiarono un piatto di pasta  e bevvero dell'acqua fresca!




Affrontare la risalita per l'Arzola era ormai impensabile date le condizioni fisiche: per fortuna i guardiani li informarono che  il sentiero che raggiungeva il lago d'Eugio dal fondovalle era appena stato pulito e risegnato, una vera e propria manna dal cielo, il segno ulteriore di un destino propizio!
Ora si trattava soltanto di tenere duro, di fare attenzione a non farsi male per via della stanchezza , poichè non vi era più alcun pericolo di smarrire il sentiero; a Cussalma un'auto guidata dalla cugina di Marco , li aspettava per ricondurli alla frazione Ciantel di Ribordone. Giunsero a Cussalma alle 2,00, stanchi ma entusiasti; ed il giorno dopo, nonostante tutto, puntuali ed motivati ai rispettivi appuntamenti lavorativi. Chi la dura, la vince ! I misteri del regno delle placche erano stati svelati, la  notte dell'Eugio sconfitta! 
 Arrivederci ed a presto con le Storie!