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domenica 20 giugno 2021

Voglia di solitudine e movida - Tresenta da Noasca per la cresta NNE

Vengo anch'io ? No tu no!

Si potrebbe tutti quanti andare al Granpa o sul Rosa
Vengo anch'io ? No tu no!
Per veder se son buone le condizioni
E scoprire che i rifugi son tutti già pieni
E vedere di nascosto l'effetto che fa...

Vi ricordate la canzone del compianto Enzo Jannacci ? Pare che una strofa ,censurata all'epoca dalla Rai, recitasse proprio queste parole...
La Tresenta vista dal ghiacciaio di Noaschetta occidentale

Certo i rifugi sono pieni , ma avendo un buon allenamento certe ascensioni si potrebbero fare anche in giornata! Il problema è che davvero tutti vanno sul Gran Paradiso o sul Rosa quando sono in condizioni e questo, pur non togliendo nulla alla magnificenza degli ambienti attraversati, certo toglie alla pratica della montagna , almeno per come la intendo io, un pò di poesia
Se infatti da un lato è bello poter socializzare con persone che condividono la medesima passione, dall'altro in montagna io non vado certo per ammirare branchi di homo sapiens sapiens  o per cercare "movida", quanto per osservare piuttosto fauna e flora ( selvatiche) , trovare spazi, pace , raccoglimento ,silenzi...
La "movida" può però qualche volta può rivelarsi fondamentale , come potrete constatare nel prosieguo del racconto. Ma non divaghiamo...

E poi , all'improvviso...l'ispirazione!

Di fronte all'ipotesi di una mega-sfacchinata in giornata, tra levatacce, code agli impianti di risalita  ed "assembramenti" outdoor, rapporto usa e getta con la montagna etc ecco che arriva l'ispirazione: perchè non giocare in casa ? Perchè non andare a dormire al bivacco Ivrea il sabato e poi la domenica fare qualche cima in zona ? La Tresenta od il terzetto Testa della Tribolazione - Testa di Valnontey - Testa Gran Crou sono mete invitanti e tutto sommato accessibili ( per noi...) 
Essendoci ancora parecchia neve le condizioni dovrebbero essere buone, ed inoltre dormire in quel bivacco , situato nell'incredibile vallone di Noaschetta  ,rimane uno dei miei piccoli sogni ancora da realizzare.
Per l'occasione si riforma l'improbabile sodalizio outdoor romano-piemontese costituito da Laura de Roma e dal Varda, già noto al pubblico per alcune imprese "epiche", quali quella svoltasi nel regno delle placche ...
Salendo verso il rifugio Noaschetta - vista sulle Levanne

Sappiamo bene che il bivacco è chiuso per emergenza Covid, ma non ravvisando particolari pericoli di contagio ed essendo essenziale per noi il pernottamento in quel luogo, ci assumiamo ogni responsabilità! Il costo del pernottamento al bivacco è di 10 euro a persona per contribuire alle spese di manutenzione, che risultano comunque impegnative data la scomoda collocazione della struttura.


Riti propiziatori..

La preparazione dello zaino per una gita di più giorni è un rito quasi sacro: bisogna portare l'essenziale e disporlo in maniera intelligente. Di certo avere a disposizione uno zaino dotato di buone caratteristiche ( cioè adeguata capacità, tasche con apertura laterale, inserti per trasportare in maniera comoda l'attrezzatura alpinistica - corda, piccozza, ramponi , casco etc - senza occupare volume interno ) aiuta molto.
E dunque pronti...via !


Dai pressi del pian Sengio, vista sul Courmaon


Pronti - partenza ( con calma) - via!

Il meteo per il weekend è fantastico: nessuna precipitazione è prevista, neanche i classici temporali pomeridiani, nonostante le elevate temperature e noi, avendo tutta la giornata a disposizione per raggiungere il bivacco, decidiamo di prendercela davvero comoda: dopo aver fatto alcune commissioni indispensabili - in farmacia e presso un negozio di alimentari - decidiamo di concederci anche un drink benaugurante presso l'albergo "Gran Paradiso" di Noasca , prima di raggiungere in auto la frazione Balmarossa.
Farmacia ???  Eh si, perchè Laura ha una vescica al piede dovuta alla "prova" degli scarponi nuovi da alpinismo fatta alcuni giorni prima ( meglio non rischiare di rimanere senza gli appositi cerotti medicamentosi ) , vescica che la costringerà a camminare precauzionalmente il primo giorno con gli scarponi "vecchi", trasportando nello zaino quelli nuovi...
La meta decisa è la Tresenta, anche perchè date le elevate temperature previste salire verso il colle di Valnontey , date le maggiori pendenze, potrebbe rivelarsi alquanto distruttivo.

Sorpresa...

Stiamo camminando da circa una mezz'oretta quando Laura si accorge di aver lasciato in auto pile e giacca, e così ci tocca tornare indietro a riprenderli: scherzi del caldo !
Le falesie del pian Sengio
Noi comunque , nonostante l'imprevisto, non cambiamo la nostra politica della calma ( giustificata anche dalla pesantezza degli zaini)  e così, dopo aver imboccato il sentiero attrezzato ,  decidiamo di raggiungere il Rifugio Noaschetta  ,al fine di effettuare subito una generosa sosta approfittando del comodo tavolo e delle panche presenti al suo esterno , ma soprattutto dell'acqua! Fa caldo!!! Avremmo infatti  anche potuto proseguire direttamente in direzione della parte alta del vallone, ma in questo modo ci saremmo persi pure le falesie del pian Sengio, che mi sembrava doveroso far visitare alla "climber" del gruppo.
Proseguiamo quindi per il casotto Pngp dell'alpe Arculà, dove nuovamente approfittiamo del tavolo , delle panche e dell'acqua, questa volta per l'indispensabile pausa pranzo! In questo tratto il vallone di Noaschetta è dominato dalle imponenti pareti del monte Castello sulla destra idrografica e dal Gran Carro e dal Trasen Rosso sulla sx.
Le imponenti pareti del Monte Castello

Uno sguardo sul vallone...

Sulla sx idrografica, Gran Carro e Trasen Rosso dominano la scena

Poco prima dell'alpe Arculà , un giovane stambecco isolato preannuncia la presenza di un bel branco , intento a pascolare al fresco, cioè in una pietraia di grandi massi ai piedi del monte Castello.
Uno stambecco isolato...

...preannuncia la presenza di un bel branco


Arculà  Masterchef 

Alpe Arculà

Estratto dallo zaino il fornellino a gas ci "cuciniamo" dunque un prelibato risotto allo zafferano liofilizzato, che generosamente facciamo mantecare con la toma comprata al negozio di alimentari al mattino, per poi concludere il pasto con la cioccolata ed il dolce


Masterchef Arculà
Ma oggi non solo del tavolo, delle panche e dell'acqua abbiamo approfittato, per fare una piccola rievocazione storica....
Rievocazione storica

 
A seguire un breve sonnellino ( almeno per quanto mi riguarda) e poi  all'ora stabilita facciamo rifornimento d'acqua e ripartiamo ! 

Dall'alpe Arculà alla Bruna

Presa Iren Arculà


Lasciata sulla destra la presa Iren dell'Arculà, il sentiero sale ora con ripidi e regolari tornanti nello stretto valloncello che si apre  ai piedi delle pareti est del  monte Castello, ove sono presenti rinomate e toste vie d'arrampicata "trad". Cominciano anche a fare capolino le imponenti Torri del Blanc Giuir.
Le Torri del Blanc Giuir fanno capolino

Perfino i fiori qui sembrano dimostrare un'inclinazione per l'arrampicata, come alcuni bellissimi cuscinetti di Androsace argentea, specie endemica piuttosto rara ed  esclusiva delle rupi silicee, che osserviamo impegnati in una cordata in fessura...

Androsace argentea ( vandellii)


Dopo aver lasciato sulla destra i ruderi dell'alpe Forca, ecco che in prossimità del raccordo con la mulattiera reale di caccia proveniente dalla bocchetta del Ges, si apre dinanzi ai nostri occhi lo spettacolo dei pianori della Bruna, dominati dall'imponente versante sud del Gran Paradiso, the South Face Paradise!
Chiunque  veda per la prima volta  così da vicino l'imponente versante sud del Gran Paradiso non può che rimanere senza parole : è questo il caso di Laura, la cui "fortuna" non posso oggi che invidiare.
Quanto vorrei poter tornare indietro con una macchina del tempo e rivivere le emozioni della prima volta!


Scesi ora leggermente a raggiungere i pianori della Bruna inferiore ( chiamata Alpe Noaschetta sulla carta MU)  , ecco che ci concediamo l'ennesima pausa, meritata ( perchè siamo nei tempi previsti) e dovuta ( perchè il posto merita...)

Alpe Bruna inferiore

Sulla destra, le Torri del Blanc Giuir dominano la scena...

Le Torri del Blanc Giuir

Saliti all'alpe Bruna superiore , ecco che si presenta il solito problema di fine primavera\inizio estate, e cioè l'attraversamento dell'impetuoso rio Noaschetta
Alpe Bruna superiore



Nonostante l'ora pomeridiana e l'elevata portata del corso d'acqua non sarà necessario togliersi scarponi e calze per attraversare; per riuscire a farlo dovremo però arrivare fino al fondo del pianoro ,oltre a  compiere diversi movimenti atletici e mettere più volte lo scarpone sotto il pelo del'acqua. Ma abbiamo ottime calzature...e per ora le vesciche non sembrano dare problemi!
Dalla Bruna superiore in breve raggiungiamo il fondo del lungo pian di Goi, ancora ricoperto di neve....ed anche qui non si può non fermarsi a contemplare la bellezza circostante...
In contemplazione al pian di Goi

Al pian di Goi, la mulattiera reale si biforca: ignorato a sx il tratto che costeggia il lungo pianoro acquitrinoso per poi risalire lungo il vallone omonimo, proseguiamo sulla diramazione che, svoltando a  destra, va a risalire con ampie svolte un dosso erboso in prossimità dello spartiacque Goi\Gias della Losa , dove uno stambecco fa capolino, preannunciando la presenza di un altro branco!
Un altro stambecco 
Normalmente a questo punto esploreremmo con cautela i dintorni, per cercare di avvistare e magari conteggiare gli altri esemplari presenti, ma data l'ora ed il peso degli zaini, per una volta  diamo priorità al risparmio energetico ( e di tempo).
Uno dei laghetti dell'alpe La Motta
In cima al dosso erboso, ecco i pianori dell'alpe La Motta, altro luogo mistico dove è d'obbligo una pausa fotografica. Uno dei laghetti dell'alpe oggi è ancora parzialmente ricoperto di ghiaccio \neve ed in combinazione con le condizioni di luce , offre la possibilità di scatti eccezionali anche per un fotografo superfluo come il sottoscritto!
La vista sui becchi della Tribolazione che da qui si gode è semplicemente mozzafiato, una delle cartoline più belle dell'interno Parco Nazionale del Gran Paradiso!
Per non pubblicare la "solita" foto ,   questa volta la arricchiamo con un elemento umano ( e che elemento) , al fine di dare un maggior senso delle proporzioni e di sottolineare la bellezza dei Becchi visti dal lato Noaschetta, ed in special modo il meridionale, da tempo nell'agenda dei "piccoli sogni realizzabili"...
All'alpe La Motta
Poco oltre l'alpe la Motta il sentiero svolta in direzione N: da   qui comincia ad essere più costante la presenza di neve sul percorso, costringendoci anche ad affrontare un delicato traverso nel ripido su manto nevoso più che portante 
La mulattiera svolta a N
Seguendo fedelmente ( per quanto possibile e per quanto conveniente ) il percorso della mulattiera reale, ecco che  arriviamo nel vasto pianoro sottostante l'ormai visibile sagoma gialla del Bivacco: e lì nel piano di neve ce n'è , ma non è portante  e si sprofonda, in certi punti, fino alla vita! 
Percorso innevato
Attraversando il pianoro...

In vista del bivacco Ivrea



Neve non portante
Ma non tutto il manto nevoso  vien per nuocere, dato che grazie alla sua presenza riusciamo agevolmente a costeggiare il rio Noaschetta ( il cui attraversamento in questo punto si rivela talvolta ostico), fino a raggiungere il ripido dosso erboso su cui è posta la costruzione metallica, già quasi completamente sgombro di neve. 
E la prima tappa  è  conclusa senza problemi: la voglia di montagna ha prevalso sul caldo, sulla pesantezza degli zaini e... sulle vesciche di Laura! Siamo carichi e gasati, già pregustando ciò che ci aspetta l'indomani!
Finalmente il bivacco Ivrea. Sullo sfondo da sx: Deir Vert, Gran Paradiso, Punta Ceresole, Becca di Noaschetta

Ma quanto è magnifico questo luogo? Dovunque ci si volti, non si può non rimanere estasiati dalla bellezza del paesaggio!
Ad est, i Becchi della Tribolazione, il colle dei Becchi ed il Blanc Giuir

A sud il percorso appena intrapreso...

 

Casalinghe  disperate al bivacco Ivrea....

Ogniqualvolta si raggiunge un bivacco, ci sono alcuni lavori a cui bisogna assolutamente attendere!
Primo lavoro : cercare un contenitore ed andare a riempirlo d'acqua. Al bivacco Ivrea sono disponibili alcune comode e leggere taniche di plastica: ne vado subito a riempire una nel torrente poco a monte del Bivacco, in un punto di agevoli accessibilità e prelievo del liquido. OK.
Secondo lavoro: cambiarsi gli indumenti bagnati, togliersi gli scarponi , estrarre dallo zaino l'occorrente per la cena e per la notte senza fare troppo casino, cominciare a preparare la cena:  AHIA
Il punto "senza fare troppo casino" fallisce miseramente, dato che il sottoscritto, con un movimento improvviso ed  alquanto maldestro rovescerà l'acqua contenente il prezioso risotto radicchio e speck liofilizzato in via di ricostituzione.
Cena al bivacco ( nella foto l'agghiacciante minestra di pasta e lenticchie)


Imprevisti
: rassettare il disastro, rimettere in cottura l'acqua, questa volta con una fantastica pasta e lenticchie (sempre  liofilizzata).
Probabilità: nel bivacco c'è un comodo tavolo estraibile, che riusciamo miracolosamente a piazzare senza distruggere nulla nei dintorni.
Terzo lavoro: aprire la bottiglia di buon vino portata su con tanta fatica.... 
Imprevisti: ci siamo entrambi affidati ad un coltello multiuso con succhiello. L'utensile del multiuso di Laura, souvenir di Finalborgo, si rompe dentro il tappo di sughero.
"Beh dai, il mio era proprio un souvenir, il tuo almeno è svizzero!"
Ahimè , anche il mio multiuso era un souvenir di non so, dove con tanto di imitazione farlocca della bandiera svizzera: l'accessorio cavatappi si rompe allo stesso modo!
Probabilità: Laura suggerisce che la bottiglia si può aprire con cacciavite e martello ( in dotazione al bivacco ). E' semplice: basta infilare il cacciavite nel sughero con il martello e ...ops! Ecco che  il tappo cade dentro... Piccolo delitto! 
Quarto lavoro: cenare. La zuppa di pasta e lenticchie lascia obiettivamente a desiderare, ed ecco che decidiamo di mettere su subito  un'altra bustina, quella  di riso allo zafferano, che però mangeremo solo in parte, dato il sopraggiungere del sonno e della stanchezza. Non finiremo neanche la bottiglia di vino!
Da masterchef a casalinghe disperate è un attimo ( anche se non mi risulta che le "Desperate Housewives" avessero problemi in cucina)!
La disperazione non ci ha tuttavia impedito di dare un'occhiata al calar della sera ! Che spettacolo magnifico!
Scende la sera al bivacco : da sx verso destra Deir Vert, Becca di Moncorvè, Roc del Gran Paradiso, Punta Ceresole


Il risveglio

La sveglia al mattino la puntiamo forse un pò tardi,  cioè alle 5 piuttosto che alle 4, ma in realtà date le elevate temperature previste , la quota e la nostra meta, un'ora in più od in meno non avrebbe fatto una grossa differenza!
Pronti a partire...

Per prima cosa vado a riprendere l'acqua e poi, dopo aver fatto colazione, prepariamo gli zaini, lasciando al bivacco tutto l'inessenziale : meglio viaggiare leggeri , dato che tanto da qui dovremo ripassare!
In salita \1 (  a sx Deir Vert, a dx Roc e Punta Ceresole )
E' incredibile come uno zaino  somigli ad una valigia: la prima volta che lo fai è perfetto, poi man mano che metti e togli  oggetti, la disposizione e l'ordine del contenuto peggiorano a vista d'occhio ! E così stamattina fatico quasi  a richiuderlo bene, nonostante ci sia meno roba!!!

Dal bivacco Ivrea al colle del Gran Paradiso

Uno sguardo alle spalle: a metà campo si nota il lago di Gay, sullo sfondo da sx la Becca della Losa ed i becchi della Tribolazione
Dal bivacco Ivrea proseguiamo in direzione NO  senza far troppo caso ai resti di questo tratto della mulattiera reale (oggi perlopiù sepolti dal manto nevoso) ; dopo un primo tratto quasi pianeggiante, ecco che cominciamo a risalire la morena frontale lasciata dal ritiro del ghiacciaio di Noaschetta.
Intorno a quota 2900 m calziamo i ramponi e proseguiamo , sempre in direzione NO,  con pendenze che si fanno via via più accentuate , fin sotto punta Ceresole
Uno sguardo al ghiacciaio orientale di Noaschetta: sullo sfondo al centro Testa della Tribolazione e Becca di Noaschetta
Il manto nevoso, ahinoi , è portante solo nei punti meno pendenti a causa del mancato rigelo notturno , cosa che ci impedisce una salita diretta, costringendoci a compiere diverse svolte per evitare i punti più ripidi. In più, com'è ovvio da queste parti, non c'è nessuna traccia !
Salendo verso il piano del ghiacciaio occidentale di Noaschetta
Ma noi non abbiamo paura di battere traccia , siamo ben determinati , e la bellezza del paesaggio circostante allevia la fatica!
Vinto un'ultimo pendio nevoso più ripido, ecco che finalmente raggiungiamo il piano del ghiacciaio di Noaschetta occidentale: da qui in poi , complice la superficie quasi pianeggiante, il nostro incedere si farà più spedito , potendo marciare decisi in direzione dell'evidente depressione del colle del Gran Paradiso.
A sinistra fa capolino la Tresenta


A sinistra comincia a fare capolino la Tresenta, cioè la nostra meta, e così possiamo cominciare a studiare la cresta NNE che dovremo percorrere: sembra ci sia ancora parecchia neve e sul lato Noaschetta ci sono evidentemente delle cornici. Se la presenza di neve sarà un bene od un male, lo scopriremo solo... proseguendo!
Possibile cavo di controvento
Lungo il ghiacciaio possiamo inoltre osservare alcune curiose forme legate all'evoluzione stagionale del manto nevoso e della superficie glaciale: cavi di controvento ( dovuti all'influenza dei venti sulla deposizione della neve ), laghetti di fusione. Spesso in concomitanza di cavi di controvento si formano appunto laghetti di fusione.
Laghetto di fusione

Nell'ultimo tratto per arrivare al colle , da dove ormai il ghiacciaio si è ritirato da tempo, procediamo su una coltre nevosa che copre una pietraia : qui si sprofonda fino al livello delle pietre, ragion per cui gli ultimi metri ci costano grande fatica. Arrivati al valico, facciamo una piccola sosta  per ristorare energie ed idee...

La cresta NNE

Dopo una breve ma attenta riflessione decidiamo che ormai siamo qui e per sapere com'è la cresta , dobbiamo provarla! Mal che vada, rinunceremo alla vetta!

Vista sulla cresta
A questo punto è Laura a passare avanti ed a prendere la direzione delle operazioni! Dopo un primo tratto detritico e sgombro da neve e superata una prima elevazione, la cresta diventa innevata. 
Lungo la cresta
Con i ramponi ai piedi tuttavia si procede bene, tenendosi ovviamente alla giusta distanza dalle cornici presenti sul lato Noaschetta; una seconda asperità si supera leggermente sul lato Valsavarenche.
Da questo punto in poi continuiamo a seguire più o meno il filo di cresta, comunque molto larga in questo tratto, cresta che si fa via via più ripida, spingendo talvolta ad aiutarsi con le mani per la progressione.
Tratti di neve portante si alternano a tratti ormai sgombri dalla neve e caratterizzati dalla presenza di sfasciumi instabili, ragion per cui occorre procedere con cautela.
Un ultimo bastione si supera nel lato Valsavarenche, e qui comincia la parte ostica del percorso, cioè  un delicato traverso tra roccette, ghiaccio, sfasciumi instabili e tratti innevati su terreno alquanto ripido, ragion per cui dobbiamo far ricorso all'uso della piccozza ( indispensabile oggi ) e fare la massima attenzione a non perdere l'equilibrio ( quando si "parte" su simili pendenze, non si sa mai come e quando si potrà fermare la caduta), saggiando il terreno ad ogni passo e posando bene ogni piede.
Ne sia prova l'assenza di foto, cosa di cui siamo solitamente prodighi: eravamo totalmente concentrati sul percorso!
Laura sui massi accastati
Arrivati nei pressi del torrione sommitale, decidiamo che è molto più sicuro affrontarlo direttamente che proseguire nel traverso e così, dapprima per roccia meno buona ( della serie pezzi estraibili) , poi su buone roccette e massi accatastati giungiamo alla croce di vetta, 3609 m.

In vetta...



Importanti decisioni in vetta


Dopo esserci goduti il panorama circostante ed un meritato ristoro, con tanto di degustazione di genepy , è tempo di prendere alcune rilevanti decisioni sul prosieguo della giornata!
Cordiale brindisi in vetta



Dalla vetta 1\ vista sul Ciarforon

Dalla vetta 2\ vista sul vallone di Ciamosseretto


Dalla vetta /3 : vista verso la via di salita al Gran Paradiso e sul gruppo del Monte Bianco sullo sfondo

La decisione di non ripercorrere la cresta NNE la prendiamo praticamente all'unisono: troppo delicati quei traversi sul ripido! Per tornare al bivacco Ivrea ed all'auto dovremmo a questo punto scendere lungo la normale e poi risalire verso il colle del Gran Paradiso, cosa certamente fattibile.
Ma le elevate temperature , nonchè le pendenze lato Valsavarenche per arrivare al colle e l'assenza di tracce ci fanno presagire una lunga odissea nel ghiacciaio di Noaschetta, con la concreta prospettiva di arrivare all'auto a Balmarossa di notte.
Non che noi non si sia abituati ai rientri notturni, ma la via normale di discesa , facile e tutto sommato battuta fino al rifugio Vittorio Emanuele II è lì sotto i nostri occhi ed è troppo invitante.
E poi :
-"al bivacco a prendere ciò che abbiamo lasciato vado poi io in settimana, così ho la scusa per tornare! Con lo zaino leggero non ci metto tanto a salire!" - sentenzio.
Inoltre, dato che il rifugio era pieno e data la bellissima giornata, ci sarà tantissima gente, un passaggio lo rimedieremo! Ecco che improvvisa sale la voglia di movida...

Discesa per la normale

La normale per la Tresenta, che percorre il versante NO della montagna, a fine stagione è praticamente un'escursione EE, dato il desolante ritiro del ghiacciaio di Moncorvè, anche se occorre fare attenzione sia agli sfasciumi instabili che ad una zona in cui si muovono massi anche grandi  e dove già in passato è accaduto qualche incidente.
Oggi tuttavia non siamo a fine stagione, ed oltrepassato un primo pezzo sgombro da neve, dove praticamente ormai vi è un sentiero tra gli sfasciumi, il bianco manto ricomincia ad essere presente.

Un primo tratto sgombro da neve
Date le temperature e la conseguente molle consistenza del manto, noi cerchiamo chiaramente di evitarlo finchè possiamo , quindi seguiamo le tracce battute il mattino.
Scendiamo lungo la traccia
E pure su quelle, ahimè, in certi tratti si sprofonda che va bene ed il sole picchia e abbronza! Ogni tanto ci voltiamo per rompere la "monotonia" della discesa, che fortunatamente possiamo definire "monotona", dato che  se non ci fosse nessuna  traccia la progressione nella neve sfondosa sarebbe davvero un'odissea!
Comunque sia, arriveremo al rifugio con scarponi e calze fradici!
Ciarforon e Becca di Monciair

Vista verso Tresenta e colle del Gran Paradiso ( a sx) 
Intorno ai 2800 m di quota per fortuna la neve finisce o quasi; ed ora seguendo "cum grano salis" i numerosi e spesso confusionari ometti presenti, con un traverso verso destra giungiamo in vista del laghetto di Moncorvè e del rifugio Vittorio.


Laghetto di Moncorvè e rifugio Vittorio Emanuele II

Al rifugio è naturalmente d'obbligo una pausa ristoratrice: comodamente seduti al sole ci beviamo una birra fresca e ci gustiamo un buon pranzo, mentre pensiamo a come tornare a casa. E per finire in bellezza , finiamo di scolarci il cordiale di genepy...

Un vero e proprio colpo di fortuna

Il caso vuole che una giovane coppia di avventori seduta al tavolo vicino al nostro ci prenda in simpatia, tanto che il ragazzo, Mauro, viene gentilmente ad offrirci degli zuccherini all'arquebuse, che noi naturalmente non rifiutiamo.
Il fatto è che abbiamo fascino, carisma, magnetismo animale! Nessuno può resistere all'accento romano di Laura od alla simpatia sabauda del sottoscritto!  No, scherzi a parte io sono convinto che in certi contesti favorevoli le persone "simili" entrino più facilmente in sintonia, in contatto, come se avessero un radar!
E così, dopo aver un pò chiacchierato con loro e saputo che provenivano  dalla val Pellice ed avevano fatto il Gran Paradiso , gli chiediamo se per favore non possono darci uno strappo fino a fondovalle od ad Aosta, dove forse dei nostri amici che erano dalle parti di Pila avrebbero potuto passare a prenderci !
Mauro e Giuliana, così si chiamano, accettano immediatamente e senza problemi! La montagna unisce!  Que viva la movida!
Ci diamo dunque appuntamento al parcheggio dove parte il sentiero per il rifugio; qui arrivati gli offriamo al bar una bibita per ringraziarli della loro provvidenziale gentilezza. 
- "Marco ti chiamano!Oh è incredibile! Questo conosce tutti dappertutto!"
In effetti mi stanno davvero chiamando : una delegazione di amici della valle Orco ( Ivan , Marta e Michela) se ne sta appena andando dal bar ! Sembra quasi fatto apposta e mi sembra già di respirare l'aria di casa ! E pensare che giusto la mattina prima salendo in auto a Noasca avevo visto e salutato Ivan, che evidentemente porta fortuna. Dopo un breve dialogo in cui gli spieghiamo che cosa abbiamo combinato, ci salutiamo e torniamo dai nostri soccorritori
Questi ultimi durante il viaggio in auto si offrono addirittura di portarci fino al casello di San Giorgio, dato che di lì devono passare e noi accettiamo di buon grado, esonerando in questo modo i nostri amici dal doverci aspettare presso il casello di Aosta. 
Anche al parcheggio comunque c'è molto da vedere: lanciare uno sguardo verso Ceresole Reale, cioè verso la testata della Valsavarenche, ed uno  verso lo spartiacque con Cogne...
vista verso il colle del Gran Etret: da sx Becca di Monciair, Denti del Broglio, ghiacciaio e Testa del Gran Etret, Mare Percia e Punta Fourà
Da sx Gran Nomenon, col Belleface, Grivola

Sarà l'amico Valerio a venirci a prendere al casello ed a riportare il sottoscritto fino a Balmarossa, a riprendere l'auto, quando ormai si sono fatte le ore 21,00. Grazie Valerio!!!
Tutto è bene quel che finisce bene: a parti inverse, se avessimo dovuto cercare un passaggio nel vallone di Noaschetta od a Noasca per la val d'Aosta , auguri! Ed invece, con un sapiente e fortunato mix di solitudine e movida, eccoci tornati sani e salvi (ed ad un'ora decente) in Canavese!
Non ci resta che tornare al bivacco a prendere il materiale "abbandonato": ma questo è facile per noi, e nei prossimi giorni lo faremo!

Conclusioni

Certo molti potranno dire che siamo stati avventati, ma a nostra discolpa possiamo argomentare che non è agevole sapere in precedenza quali condizioni si troveranno lungo certi itinerari poco o per nulla frequentati, in creste sulle quali non siamo mai stati e che conosciamo solo a mezzo di relazioni desuete o più recenti ma talvolta lacunose! Senza contare che ad inizio stagione ( alpinistica) le condizioni si modificano anche molto velocemente giorno per giorno!
E' sempre stimolante guadagnarsi "la pagnotta" mettendoci tanto del nostro, toccando con mano i nostri limiti soggettivi ed i limiti fisici oggettivi imposti dalle condizioni ambientali , l'intersezione dei quali deve portare ad assumere scelte corrette.   Come diceva Napoleone Bonaparte a proposito delle strategie  da adottare in battaglia: "on s'engage, et puis on voit!" . Riportato alla nostra pratica spicciola, che cosa vuol dire questa frase ? Che in montagna ci si va ben preparati ed attrezzati,pianificando attentamente l'itinerario, ma bisogna essere pronti a cambiare strategia : ed in questo quadro la scelta di scendere sul rifugio Vittorio Emanuele è stata assolutamente corretta !.

Arrivederci ed a presto con le Storie!