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sabato 20 agosto 2016

Escursioni obbligatorie 2 - Santuario di S. Anna e Costa delle Fontane Fredde

INTRODUZIONE


"La val",  "la valle" : così viene chiamata localmente la porzione di territorio posta al confine amministrativo tra i comuni di Locana e Noasca, che va grosso modo da Fornolosa a Fè e Prà.   L'origine di tale nome deriva probabilmente dal fatto che qui la valle Orco si restringe, assumendo un carattere aspro e selvaggio, con il fondovalle  incassato tra le  pareti ed i dirupi che caratterizzano il versante  nord  ed i ripidi ed assolati pendii erbosi del versante sud
Il versante nord ( al centro della foto il vallone della Lavenca)
La principale conseguenza di tale conformazione orografica è l'assenza del sole durante la stagione invernale , più o meno prolungata a seconda del posizionamento della borgata: a Fornolosa, per esempio, il sole se ne va il 25 ottobre e ritorna il 14 febbraio...
Ma queste non sono le uniche peculiarità di questa zona: in essa cambia anche il dialetto, che non è più quello "dla Villa", di Locana, ma il  "patois" tipico della lingua impiegata a Noasca.
Il versante destro idrografico, culminante con le sommità del Monte Tovo, della Cima Giardonera, del Tovo Piccolo e del Monte Bessun,  esposto a nord, si presenta ripidissimo ed ombroso, con pareti strapiombanti, cenge e stretti valloncelli laterali ricoperti da fitti  boschi nella parte medio-bassa e numerosi alpeggi ( ormai da anni completamente abbandonati) nella parte alta, la cui presenza è difficilmente intuibile per chi osserva dal fondovalle. 
Il versante sinistro idrografico è invece in piena esposizione sud ed è caratterizzato nella parte medio-bassa dalla presenza di numerose borgate, un tempo abitate tutto l'anno, e nella parte alta da un'ininterrotta distesa di pascoli e praterie alpine a festuca gr.varia, la famosa ed infida "ulinna", come qui viene chiamata. Anche questo versante si presenta molto ripido, ma meno roccioso e strapiombante, e culmina con la cosiddetta "Costa delle Fontane Fredde", che si sviluppa lungo lo spartiacque Orco-Piantonetto con varie punte rocciose fino alla Punta del Carro, 2777 m, al confine con il vallone di Noaschetta. 
Vista del versante sud "dla val"e Punta del Carro tra le nuvole
La maggior parte delle borgate e gli alpeggi più importanti  sono  vicini e concentrati sopra la frazione Fey, in una zona morfologicamente più favorevole e sostanzialmente priva di dirupi, posta immediatamente al di sopra dei "der", le alte pareti di roccia che sovrastano la suddetta frazione.
Nonostante le numerose e notevoli attrattive di cui dispone ( le borgate, il santuario di S. Anna, il casotto Pngp delle Fontane Fredde, il panorama...) ,  questa parte della valle Orco e del Parco Nazionale del Gran Paradiso rimane a tutt'oggi  appannaggio quasi esclusivo delle popolazioni locali,  poco frequentata ed ignorata dalla maggior parte dei visitatori, che preferiscono sciamare su Ceresole Reale, magica località dove non esistono nè caldo nè insetti ( od almeno così raccontano le leggende locali). In questo articolo ci occuperemo proprio delle succitate "numerose e notevoli attrattive", motivo dell'obbligatorietà di questa escursione per il gentile lettore.  Il motivo che invece ci ha spinto ad occuparci proprio ( o solo) ora di questo comprensorio è che ci siamo stati da poco, su idea dell'amico Francesco Sisti, fotografo del team di Clickalps e chi scrive, pur avendo con questi luoghi una certa consuetudine, ci torna sempre volentieri anche per via delle ascendenze famigliari: i miei antenati per parte di padre sono vissuti ed arrivano tutti da qui.

L'ITINERARIO

Le Mesonette



Arrivo alle Mesonette
Il nostro percorso parte dai Nora, piccola borgata a monte dei Fey ( indicazioni per il santuario di S. Anna), dove un'ampia ( e ripida ) mulattiera scalinata sale a superare i "der" nei pressi della località che non a caso viene chiamata "scaletta". Anche il tratto di mulattiera che supera le pareti rocciose localmente è detto "sciala" o "scialettes d'Mizounettes", cioè  la scala o le scale di Mesonette, che è anche la prima borgata che incontriamo lungo il nostro cammino.
Questa frazione, oggi completamente immersa nell'ombra del bosco, fino alla metà del secolo scorso si presentava con un aspetto totalmente diverso: a monte ed a valle delle case si alternavano castagneti da frutto, prati ed orti , costantemente irrigati dal sistema di rogge che captavano l'acqua dal vicino rio Zaunere, piccolo "arian" dalle portate abbastanza costanti che nasce dalla Costa delle Fontane Fredde.  Ecco, l'irrigazione: un fattore fondamentale per l'agricoltura di sussistenza tipica delle zone alpine, specialmente in una zona in piena esposizione sud come questa, dove il sole d'estate "picchia" davvero ( te ne accorgi anche oggi che è tutto in ombra), fondamentale per far crescere l'erba nei prati, nei castagneti da frutto e sui terrazzamenti, la verdura negli orti. Mi racconta un mio prozio che la nostra famiglia aveva 4 orti in vari punti: in quelli più vicini a casa venivano coltivate le verdure, mentre  in quelli più distanti si seminavano le patate e quando arrivava il loro turno di irrigazione ( ad ogni proprietario spettavano determinate giornate, in alternanza con i propri vicini di fondo) lo si sfruttava al massimo, bagnando via via  tutti gli orti, castagneti da frutto, prati, terrazzamenti; al tramonto si lasciava poi correre l'acqua per tutta la notte nelle superfici più secche, a patto che i terrazzamenti fossero solidi e quindi non ci fosse il  rischio di crolli delle opere murarie o di piccoli smottamenti del terreno. La zona immediatamente a monte della borgata viene chiamata "al sapel" ,  toponimo  il cui significato tradotto dal piemontese dovrebbe stare per valico, passaggio. 
La fontana delle Mesonette
Sull'altra sponda del rio Zaunere, ovvero la sinistra idrografica, si trovava un'altra zona di terrazzamenti e prati più o meno ripidi, chiamata " i rii", nome che deriva probabilmente  dalla loro posizione al di là del rio.
Il sentiero che sale verso S.Anna dei Meinardi continua a destra della frazione, ma un tempo non era questo il percorso principale: la mulattiera vera e propria passava in mezzo ai rustici delle Mesonette in direzione della borgata Costa :  noi decidiamo di ripercorrerla.

La mulattiera per la Costa

La vecchia mulattiera per la Costa sale tra i terrazzamenti
A breve distanza dalle abitazioni raggiungiamo la fontana delle Mesonette, la cui portata costante durante tutto l'anno consentiva di evitare di dover bere l'acqua dell'arian portata dalle rogge ( non tutte le borgate avevano questa fortuna);  quindi la mulattiera, dopo un ultimo tratto in falsopiano delimitato da muri in pietra a secco, con una brusca svolta a destra comincia a salire ripida, sempre in mezzo a terrazzamenti, qui di piccole dimensioni e chiamati "i pianet".  
Alla "pora ciri"
Siamo sempre sotto copertura boschiva, ma comincia a cambiare l'essenza: il castagno  lascia progressivamente il il posto a roveri e roverelle ed  anche il terreno diventa  visibilmente più secco e roccioso. Se si abbandona  la mulattiera per la Costa e si prosegue in direzione Noasca, si arriva in breve in un luogo molto affascinante: un magnifico bosco di roveri ( alcune monumentali)  e roverelle, con un imponente sistema di terrazzamenti,  dove la copertura delle chiome si fa più rada e la secchezza e la rocciosità del terreno si accentuano via via, fino ad arrivare "in riva" all'arian dle Coste ( chiamato "Rio della Frera" sulla cartina Igm), che qui scorre incassato tra spettacolari strapiombi, tanto che non esiste un "trasen"  , cioè  un passaggio obbligato che colleghi in quota le Mesonette alle Coste, grande borgata che si trova a monte della frazione Grusiner di Noasca. 
Questo bosco di roveri e roverelle doveva essere un tempo utilizzato come pascolo arborato e per la ghianda, prezioso alimento per le capre durante l'autunno e l'inverno; questa zona localmente viene chiamata  "la pora ciri" ,  toponimo di incerta definizione , dove "pora" potrebbe stare per "povera" ( ricordiamo che si tratta di una zona molto secca , rocciosa, con suolo poco profondo e priva di sorgenti d'acqua).


La Costa, la Bareri, Ambrella ed il bivio di pian Fragno


Borgata Costa
Riprendiamo ora la salita lungo  la nostra mulattiera ( che in questo inizio giugno si percorre ancora abbastanza bene, eccezion fatta per qualche tratto invaso dai rami dei noccioli); ad un certo punto  il bosco di roveri finisce e ci troviamo in una zona a noccioli e betulle, segno che siamo ormai nei pressi della Costa, in quelli che un tempo erano i suoi prati. 
Pochi metri più in alto delle case ci ricongiungiamo al sentiero in attualità d'uso che avevamo abbandonato alle Mesonette ( dal quale la borgata non è così ben visibile durante la bella stagione, essendo occultata dal fogliame) e proseguiamo fino alle case Barrera ( la Bareri), poste su una panoramica spalla, dove "riceviamo" anche  un sentiero che parte dai Giroldi .
Oltrepassati i ruderi della Bareri e lasciata a destra la deviazione per  Piada ( ci passeremo al ritorno ma per un altro percorso), il sentiero continua a salire con ripide svolte fino al bivio in località Pian Fragno :  andando verso sinistra ( direzione Noasca) si incontrano dapprima il "sentiero delle vacche" che sale in direzione dell'alpe  Giua  e quindi il sentiero che scende alla borgata Coste, dove passa il Gta ,   mentre  proseguendo in quota si va in direzione dell'alpe Ambrella ( localmente detta "l'ambrlà", derivante da "brlla",  cioè escremento di pecora o capra); svoltando a destra si arriva invece ai Meinardi.
Piada - tipica balconata in legno
E' da sottolineare che il sentiero che collegava Meinardi all'alpe Ambrella è oggi quasi completamente  franato , rendendo questa magnifica località molto difficilmente raggiungibile (lo dico con cognizione di causa essendoci passato nel dicembre scorso) . Per raggiungere Ambrella bisogna quindi salire dalle Coste passando per l'alpe Vailet ( consigliato, purchè d'inverno od in autunno inoltrato,quando la vegetazione è scarsa e consente di muoversi più agevolmente), A Francesco non dispiacerebbe andare all'Ambrella ( ed a me neanche), ma per quanto appena detto è chiaro come non sia assolutamente la stagione né il caso di farlo...
Il percorso che va da Barrera e Pian Fragno si svolge tra le ginestre in fiore, sotto la copertura di betulle e noccioli. Ecco, i noccioli: in questa zona  sono presenti estesi noccioleti primari ( provate a percorrere il Gta da Perebella alle Coste...), cioè vale a dire noccioleti che non derivano dall'abbandono o dall'evoluzione di precedenti usi del terreno ma che costituiscono la forma di vegetazione naturale originaria. Questo è suffragato dalle memorie degli anziani originari del luogo: la raccolta delle nocciole selvatiche era un'altra delle fonti di reddito di quella povera gente.

I Meinardi e Sant'Anna

Santuario di S. Anna dei Meinardi
Proseguendo a destra al bivio di S. Anna si arriva all'ultima grande borgata un tempo abitata tutto l'anno: i Meinardi , quota 1481,  e si esce dal bosco. Qui ogni anno nell'ultima domenica di luglio si svolge il pellegrinaggio, molto sentito dalla popolazione locale ed in particolare da "hei dla val", quelli della "valle".  Sia la facciata del santuario che il terrazzamento che ne sostiene il sagrato ( con la doppia scalinata di accesso) sono davvero imponenti e fanno riflettere sull'importanza che il fattore religioso rivestiva per le popolazioni alpine di un tempo, importanza che non è venuta del tutto meno se pensiamo che oggi il santuario e la sua foresteria sono circondate da ruderi.  Per i dettagli architettonici su questa costruzione vi rimando  alla scheda presente sul sito istituzionale del comune di Locana . 

I Casetti, il Pianas, le Cialme e i Ronchi.

i Casetti
Immediatamente a monte del santuario sono visibili le abitazioni dei Casetti , che si raggiungono in pochi minuti passando per un ripido prato ed un piccolo bosco di aceri di monte. Da qui parte il ripido sentiero che sale ai Giua, oggi ridotto ad un'esile traccia facile a smarrirsi, tra ciò che resta degli antichi pascoli e zone invase dalle ginestre, passando per il Pianas  e per  l'alpe Cialme ; dai Casetti partiva anche la mulattiera che portava ai Ronchi, piccolo alpeggio spostato sulla destra in direzione Locana. Si tratta di piccoli alpeggi dove le famiglie delle borgate sottostanti si trasferivano durante la stagione estiva con le loro pecore, capre e magari una vacca per avere il latte ( l'altra o le altre venivano date in affido ai margari che si recavano negli alpeggi più grandi). 

I Giua, il casotto Pngp , il Saler, la Muanda, Piampurcetto

Alpe Saler 
Dall'alpe Cialme in poi la copertura erbacea diventa costante e non vi è più l'inconveniente dei macchioni di ginestre e con un ultimo sforzo arriviamo all'alpe Giva, localmente detta "i Giua" ; appena sopra di noi, leggermente spostato a destra, vi è il casotto Pngp delle Fontane Fredde e, ancora più a destra, la quota 1960 della Costa delle Fontane Fredde. Dalla bocchetta parte anche un difficile sentiero che con numerosi saliscendi in quota conduce fino al lago di Telessio, passando per il vallone di Langiosser ( localmente "l'nghiairi" , che sembra derivare da "ghiaccio", "ghiacciaia") e le alpi Drosa
Leggermente più in alto ed a sinistra dei Giua vi è invece il Saler : da qui parte il panoramico sentiero che in leggera salita ed a mezza costa attraversa la spettacolare Costa delle Fontane Fredde. Da dove deriva questo nome ? In questo caso non ci sono dubbi interpretativi: esso deriva dalla presenza di numerose fontane ; da qui nascono infatti tutti i vari "arian" affluenti dell'Orco: dal Zaunere ( senza nome sulla carta Igm), dal Coste ( Rio della Frera sulla carta Igm) , dal Fè, Ciantrana, Arianas...
Il casotto Pngp delle Fontane Fredde
Qui l'ambiente è bellissimo, ed il comodo sentiero ( che un tempo doveva essere una vera e propria "autostrada") supera in falsopiano tutti i vari valloncelli (in cui nascono e scorrono i vari arian di cui si faceva cenno poco sopra) , assecondando mirabilmente le forme della montagna tra ripidi  pendii erbosi ( che sembrano letteralmente precipitare a valle, come un'enorme massa di "acqua verde") e grandi massi, con l'elegante, facile ed elegantemente frastagliata cresta delle Fontane Fredde sempre poco più in alto, vicina al viandante. 
Sotto di noi possiamo ammirare lo snodarsi della valle Orco , spettacolari cenge e strapiombi. Il sentiero, lasciata appena più in basso l'alpe Muanda, arriva fino all'alpe Piampurcetto, da cui in breve per pendii erbosi si  può raggiungere la panoramica Punta del Carro ( magnifica vista sul gruppo del Gran Paradiso) oppure scendere nel vallone di Noaschetta. Erano queste le alpi "dal marches", come veniva chiamato il margaro proprietario e conduttore  di queste superfici ; oggi sono le alpi "dji marches", dal nome dato in valle ai discendenti di quella famiglia.

La pratica della fienagione nelle praterie di alta quota e la raccolta delle "ulinnes".



Alpe Pianpurcetto
Anche questa zona più alta svolgeva una parte fondamentale, durante la bella stagione, per le famiglie del luogo e non solo: ai Giua, alla Muanda ed a Pianpurcetto si andava al fieno. Al fieno su  per quei pendii ? Eh si, perchè l'erba veniva tagliata prima che fosse troppo vecchia, fibrosa e poco nutriente per il bestiame domestico  e conservata allo stato secco. Trattandosi di grandi e scomode estensioni ed essendo il lavoro di taglio e raccolta completamente manuale, era richiesta una manodopera abbastanza numerosa, per cui potevano essere chiamati a coadiuvare il lavoro i parenti del margaro od altre persone, che come pagamento avrebbero ricevuto uno o due sacchi di fieno da riportare a casa.  L'aspetto attuale della copertura erbosa degli alpeggi  non deve trarre in inganno l'osservatore, poichè un tempo era presente un'erba più verde , più alta e ricca di specie buone foraggere in ragione della costante e puntuale concimazione del terreno ottenuta dalle deiezioni bovine ed ovicaprine , e dalla pratica della fertirrigazione, che consisteva nello spandere sulla superficie circostante tramite l'acqua il letame ed i liquami raccolti nei "buser" ( letamai) posti nelle vicinanze delle stalle.
"Sengie" di "ulinne"
Nelle cenge più esposte e meno accessibili e sui pendii più ripidi e lontani si andava invece alle "ulinne":  si racconta di diverse persone morte nell'esercizio di questo pericoloso lavoro perchè cadute in un dirupo a causa del fondo scivoloso. Generalmente alle "ulinne" si andava in due, armati di falce "musoira" e con un piccone per scalinare il terreno nei punti più ripidi e poter tornare con il carico d'erba senza correre troppi rischi. Normalmente gli animali domestici  durante il pascolo scarterebbero quest'erba dura e fibrosa ( in presenza di alternative), ma se raccolta "giovane e verde" e conservata sottoforma di fieno, diventava una risorsa preziosa, talora indispensabile per la sussistenza di molte povere famiglie. Per questa raccolta venivano sfruttate tanto le cenge sul poste versante Orco che quelle sul versante Piantonetto, verso le alpi Piadetta e Langiosser.
La pratica della fienagione nelle praterie d'alta quota  e la raccolta delle ulinne richiedeva notevole abilità e perizia, specialmente per via della natura del suolo,  pieno di sassi e pietre che ad ogni passata di taglio rischiavano di "smolare" la falce e costringere il montanaro a dover continuamente affilare la lama con conseguenti perdite di tempo. Naturalmente per il taglio venivano impiegate le falci, la  "musuera"o la "sessa" ( come localmente vengono chiamate) ,a seconda della zona e dell'altezza dell'erba da tagliare.

Punta del Carro e ritorno per Piada e la cappella di Giet

Panorama verso Levanne e Lago di Ceresole nei pressi dell'alpe Piampurcetto
Dall'alpe Piampurcetto, con salita ripida ed in breve tempo, si può raggiungere la Punta del Carro 2777 m, confine geografico naturale ideale per questa zona della valle Orco. In cima e durante la salita è davvero mozzafiato il panorama sul lago di Ceresole e Levanne, sul vallone di Noaschetta, sul gruppo del Gran Paradiso e sulle cime del vallone di Piantonetto. Io e Francesco oggi invece, complice il mutare delle condizioni atmosferiche ed il rischio di temporali pomeridiani, abbiamo interrotto la nostra escursione nei pressi dell'alpe Muanda e fatto dietrofront, con una breve sosta ristoratrice al Saler
Cappella di Giet
Da qui, anzichè passare lungo l'itinerario di salita, siamo scesi per "la strada delle vacche" dei Giua fino a Pian Fragno, quindi siamo tornati ai Meinardi per scendere direttamente su Piada.  Il sentiero per la frazione parte immediatamente a valle del santuario, raggiungendola in breve con ripide svolte ( io vi consiglio però di raggiungere Piada in quota, dalla deviazione posta poco oltre la Bareri e poi fare ritorno, perchè questo sentiero è poco tracciato). 
Le case di Piada sono divise in due nuclei e poste praticamente in fila orizzontale; nonostante l'avanzato stato di degrado delle costruzioni, possiamo ancora apprezzare un notevole solaio con balconata in legno, una casa fondata su un grande masso e numerose testimonianze dell'attività rurale di un tempo,  tra cui una "huveri", cioè una sorta di "lettiga" in legno che veniva utilizzata per trasportare il letame dalla stalla ai campi,agli orti ed ai prati ( veniva issata sulle spalle di due persone).   Da segnalare la fontana in pietra ( punto acqua) posta a sinistra delle case ( scendendo)  verso la teleferica che serve il santuario di S. Anna. 
Proprio in mezzo ai due nuclei di case parte il ripido sentiero che collegava Piada alle Mesonette, passando per la  cappella di notevoli dimensioni  di Giet ( buon punto panoramico) , tra le  cui  varie intitolazioni ve ne è una piuttosto curiosa, quella a Santa Isolina. Incuriosito da questa "strana" santa avevo chiesto tempo fa lumi all'esperto Elio Blessent , l'autore e l'ideatore della rivista periodica di storia e cultura locale "L'arcalus" ,dedicata al territorio dei comuni di Sparone e Ribordone:  ero così venuto a sapere che nel calendario dei santi non esiste nessuna santa  Isolina e che un tempo i pittori, per compiacere il committente dei lavori ( in questo caso qualcuno che si chiamava Isolina o che aveva qualche famigliare che così si chiamava) , non si facevano problemi ad inventare di sana pianta una nuova figura religiosa.  Ecco spiegata la strana intitolazione...
Punta del Carro 2777 m
Dalla cappella dei Giet in breve ci si ricongiunge al sentiero per il santuario di Sant'Anna ( che avevamo  trascurato all'andata )  poco a monte di Mesonette, da cui in breve facciamo ritorno all'auto lasciata ai Nora.

Conclusione

Percorrere in giornata l'intero tragitto dai Nora alla Punta del Carro è cosa impegnativa e non per tutti, per cui è consigliabile spezzare il percorso in due distinte escursioni: dai Nora ai Giua, preferibilmente il giorno delle festa di S.Anna dei Meinardi così da poter visitare il santuario ed ascoltare preziose informazioni ed aneddoti dai "locali" e poi  dalle Casette nel vallone di Piantonetto alla Punta del Carro sfruttando il sentiero che raggiunge la Costa delle Fontane Fredde passando dalle alpi Piadetta. Direi che anche questa volta mi sono dilungato più che a sufficienza: arrivederci ed a presto con le Storie.


                                                                                     





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