}

giovedì 8 agosto 2019

Bocchetta di Drosa dal vallone di Noaschetta ( escursioni non per tutti 13)

Premessa



In una puntata precedente avevamo già avuto l'occasione di parlare del grande interesse storico-naturalistico rivestito dal versante sx idrografico del medio vallone di Noaschetta , costellato da numerosi alpeggi in cui l'osservazione delle tecniche costruttive originarie impiegate - per esempio l'utilizzo di grandi massi o balme come elementi strutturali ( di copertura, perimetrali... )  - fanno presagire un'origine molto antica, quantomeno di epoca medioevale.
Con questo pezzo ci proponiamo di aggiungere un altro "mattone" alla descrizione di questa parte di territorio, ormai completamente abbandonata anche dal punto di vista escursionistico, dopo la definitiva scomparsa di qualunque attività legata alla zootecnia di montagna, avvenuta nel 1993.
Traversata dal vallone di Noaschetta al vallone di Piantonetto dalla bocchetta di Drosa ( elaborazione su carta Igm 1:25000). Nb:  la linea del percorso tratteggiata in rosso è puramente indicativa : non si risponde di un eventuale uso improprio di questa immagine.

La bocchetta di Drosa: un'importante via di comunicazione locale

Il ripido versante sx idrografico del medio vallone di Noaschetta


La bocchetta di Drosa 2673 m, posta tra il Gran Carro 2988 m ed il Trasen Rosso 3060 m,  è stata per lungo tempo un'importante via di comunicazione tra il vallone di Piantonetto e quello di Noaschetta, anzi la più importante, comoda e veloce ( rispetto al colle dei Becchi o di Noaschetta 2990 m, con percorso più roccioso e caratterizzato dalla presenza di nevai perduranti fino a stagione inoltrata nelle parti finali di ambo i versanti) , in un contesto territoriale caratterizzato dall'elevata pressione antropica stagionale insistente sui territori serviti.
Dobbiamo infatti immaginare come ogni alpeggio, ogni tramuto, ogni superficie erbosa fossero utilizzati per il pascolo  del bestiame domestico ( vacche, pecore e capre) o per ricavarne prezioso foraggio ( sia come scorta da utilizzare "in loco" in caso di maltempo - una volta non si mandavano certo a pascolare le vacche "suta l'eva e al trun" - e  neanche manze, manzette, vitelli ed asciutte - sia come scorta invernale e successivamente trasportato a valle) e dunque come il viavai dovesse essere piuttosto intenso. 
Forse il massimo utilizzo di questo valico si ebbe durante i lavori di costruzione della diga di Pian Telessio e dell'opera di presa dell'Arculà ( 1950-1955)  , quando numerosi erano i valligiani impiegati nei grandi cantieri dell'allora Azienda Energetica Municipale di Torino ( oggi Iren )   che potevano velocizzare i loro spostamenti percorrendolo , aggiungendosi ai normali fruitori legati ai lavori stagionali d'alpeggio.
A titolo di esempio. mio nonno materno Contratto Domenico, all'epoca "capocantiere" alla presa dell'Arculà, passava dalla bocchetta di  Drosa quando aveva la necessità di spostarsi presso il cantiere di Telessio oppure per modificare il suo itinerario di ritorno a casa in frazione Cussalma di Locana; il  mio prozio Sola Paolo , che abitava nelle frazioni Zaunere o Mesonette di Locana , racconta ad esempio di come lui ed altri  passassero dalle alpi Drosa e poi dalla Costa delle Fontane Fredde ( memorabile il racconto di una traversata effettuata da lui ed altri colleghi impiegati al cantiere del Telessio per via di  un funerale tenutosi ai Fey, con rientro a lavoro effettuato immediatamente il mattino successivo con partenza all'alba).
Opera di presa Iren all'Arculà

Il versante sx idrografico del medio vallone di Noaschetta

Tale versante, come già detto, è costellato dalla presenza delle vestigia di numerosi alpeggi oggi abbandonati, così come la rete di mulattiere e sentieri che li collegava , mentre la superficie dirimpettaia del versante dx , compresa tra l'alpe Bettasse e l'alpe Arculà, posta alle pendici del monte Castello e del tutto inospitale per pendenza e morfologia , risulta priva di insediamenti,  percorsa unicamente dalla superba mulattiera che conduce alle soprastanti alpi Arculà e Bruna, infrastruttura ancora oggi molto utilizzata dal punto di vista escursionistico. 

Da Balmarossa superiore alla presa Iren dell'Arculà

Per raggiungere la presa Iren dell'Arculà, posta poco oltre l'omonimo alpeggio, ci sono due possibilità: o percorrere il versante sx idrografico passando dal rifugio Noaschetta, con un itinerario di grande interesse storico\ naturalistico ma più avventuroso  o seguire il percorso segnato fino alla presa dell'Arculà , in corrispondenza della quale si attraversa il rio Noaschetta; in entrambi i casi si reperiscono  delle tacche di vernice un pò sbiadite che segnalano il percorso per la bocchetta di Drosa.
Il "sentierino"; in alto a dx la bocchetta di Drosa

L'alpe Valpiano

Un sentierino, il cui percorso è ancora ben evidente ed intuibile osservando il versante  , sale a mezzacosta e con pendenza regolare  tra  i ripidi pendii di erba ulina ( Festuca gr. varia )  fino a raggiungere i ruderi dell'alpe Valpiano. Va detto che tale "sentierino" ( che un tempo era una vera e propria "strada delle vacche", e dunque molto più larga e sistemata con scalini etc)  risulta molto meno intuibile quando vi si transita, per cui consigliamo di porre la massima attenzione nel seguire i segni di vernice ( indubbiamente tracciati da chi conosceva bene il territorio) .
Alpe Valpiano 2222 m

La prima cosa che colpisce dell'alpe Valpiano è la localizzazione dei suoi ruderi, realizzati nell'unica superficie "pianeggiante" - sarebbe meglio dire "meno ripida" - disponibile ( da cui evidentemente il toponimo) nello stretto e ripido valloncello inciso dal rio Cosassione, dominato dalle vicine pareti del Blanc Giuir e del Trasen Rosso. 
Rispetto agli altri alpeggi di questa sezione della valle, qui la tipologia costruttiva con travi in legno è indicativa di  un'origine più recente, probabilmente legata alla fase di massimo insediamento umano sulle alpi Occidentali di fine 1700-1800Precedenti utilizzi  di queste superfici dal punto di vista agricolo\zootecnico non sono certamente da escludere, anche se il pascolamento con vacche in mungitura ( e quindi la presenza di un'adeguata composizione specifica a livello vegetazionale) non può che datare a partire da quell'epoca. 
Alpe Valpiano 2222 m
Quanti "pasti" per vacche in mungitura avrà potuto garantire questo tramuto ? A giudicare dalla quota, 2222 m, sicuramente un solo pascolamento all'anno; a giudicare dalle dimensioni dei ruderi della stalla verrebbe da dire almeno una dozzina. Sappiamo inoltre che nelle zone limitrofe più acclivi  venivano condotte al pascolo le pecore ( ebbene si: le pecore venivano condotte al pascolo e poi fatte rientrare per la mungitura serale ), in particolare nel vallone inciso dal rio Cosassione in direzione del Blanc Giuir.

Qua e là sono ancora presenti specie buone foraggere
Se una dozzina di vacche più le pecore vi sembrano tante, tenete presente che al Valpiano " a j'era la lenga buvinna" ( Polygonum bistorta), specie buona foraggera ed indicatrice di un pascolo pingue e fresco: qualche raro esemplare è ancora infatti oggi presente; anche la  vegetazione nitrofila, con presenza di imperatoria ( Peucedanum ostruthium) e rabarbaro alpino ( Rumex alpinus)  a valle e nei pressi dei ruderi,  testimonia la fertilità un tempo presente.

Lo sfruttamento delle praterie alpine a Festuca gr. varia ("ulinna") 

Gentiana ramosa





Hieracium aurantiacum
L'abbandono delle pratiche di alpeggio e di sfalcio ha determinato e sta determinando l'evoluzione di estese superfici pascolive \foraggere verso la prateria alpina naturale , nel nostro caso verso quella a Festuca gr. varia, tipica degli alti versanti esposti a sud. Si verifica così l'arretramento e la progressiva  scomparsa delle specie buone foraggere, la cui comparsa e presenza  era legata al pascolamento ed alle relative concimazioni del terreno, e l'avanzamento delle specie che sarebbero naturalmente presenti su quel dato territorio.
Dianthus neglectus 
Non dobbiamo però pensare ad interi versanti sud coperti da specie buone foraggere: anche la giovane "ulinna" era infatti una risorsa indispensabile ai tempi, alimento esclusivo o quasi degli ovini e dei capi non produttivi ( manze, manzette, vitelli) e preziosa scorta di foraggio in caso di maltempo durante la stagione d'alpeggio e per l'inverno; inoltre  i capi non produttivi venivano ricoverati durante la notte per poter ricavare dalle stalle il "dru", cioè concime organico per fertilizzare il terreno, che veniva sparso a vantaggio delle superfici utilizzate dalle vacche in mungitura o tramite pratiche di fertirrigazione o tramite trasporto meccanico in mancanza di adeguate quantità d'acqua od in presenza di esigue quantità di deiezioni animali.
Aster alpinus
Sono comunque molto belle le fioriture che si possono osservare in questo periodo ( fine luglio -inizio agosto) nelle praterie alpine a Festuca gr. varia.
Fioritura di vaniglia d'alpe ( Nigritella rhellicani ) 

Traversando nel ripido

Verso un'evidente e ripida cengia erbosa

Dai ruderi dell'alpe Valpiano il sentiero, dopo un breve tratto di "traverso" in falsopiano, si dirige verso un'evidente e ripida cengia erbosa , superata la quale si giunge ad uno spalto erboso dal quale è ben visibile la conca ove si trova il piano della Sciarda, nonchè il percorso da affrontare per raggiungerlo. 
Uno spalto erboso dal quale è visibile la conca ove si trova il piano della Sciarda
Si tratta della parte più delicata del percorso, poichè qui la rinaturalizzazione del territorio ha di fatto cancellato quasi completamente il vecchio sentiero, "richiuso" dalle ulinne ed ormai non più visibile di una qualunque traccia di camosci ( quando va bene) , costringendo ad attraversare una sequenza di piccoli rii e canali traversando ripidi pendii di Festuca gr. varia. 
Traversi sul ripido
Fortunatamente sono sempre visibili i vecchi segni rossi, che aiutano ad evitare di compiere errori di percorso con le conseguenti ( e faticose) discese/risalite "correttive" ( in molti tratti il percorso segnato infatti è praticamente obbligato o quasi - altri passaggi risulterebbero ancor più pericolosi od addirittura di carattere alpinistico);  su terreni del genere non va inoltre sottovalutato il rischio di trovarsi in condizioni di scarsa visibilità ( nebbia) o maltempo , il che significa il rischio di rimanere bloccati da qualche parte e  la maggiore scivolosità delle ripide superfici da attraversare.
Vista dall'alto della presa dell'Arculà
E' molto interessante da questo tratto il colpo d'occhio complessivo sulla presa Iren dell'Arculà, così come in generale il panorama sul vallone di Noaschetta. 
Panorama sul vallone di Noaschetta

Il piano della Sciarda

Piano della Sciarda ; sullo sfondo la bocchetta di Drosa.
Superato con la dovuta attenzione il tratto più ostico della salita, ecco che giungiamo alla splendida conca di origine glaciale ove si trova il piano della Sciarda, una vera e propria "oasi" di superficie pianeggiante e ricca d'acqua nel contesto di ripidi e secchi versanti assolati. Di qui si vede inoltre - ulteriore refrigerio psicologico - come la nostra meta sia ormai molto vicina! 
Sul lato sx idrografico del piano, sistemati "per lungo ( altra accortezza per ridurre al minimo lo spreco di superficie ) , ecco i ruderi di quelle che dovevano essere la stalla e la cavanna di questo alpeggio.
Ruderi del Piano della Sciarda 
Non siamo in grado di dire, così su due piedi, se in questa piccola stalla venissero ricoverati soltanto manze ,vitelli  delle pecore o delle vacche da latte, nè se tale piano fosse funzionalmente e\o dal  punto di vista della proprietà privata legato all'alpe Valpiano oppure alla sottostante alpe Sciarda ( benchè il toponimo lasci propendere per la seconda ipotesi):  :  occorrerebbe avere maggiori informazioni storiche!
Salendo al Valpiano, zoom sull'alpe Sciarda
Dal piano della Sciarda, bellissima è la vista sulle imponenti pareti del Gran Carro 2988 m , così come notevole dovrebbe essere quella sul gruppo del Gran Paradiso: peccato per un pò di  nuvolosità che ora a tratti copre il cielo!
Il Gran Carro 2988 m visto dal Piano della Sciarda
Laggiù il Ciarforon... 
Ci troviamo davvero in un luogo unico: questo piccolo pianoro ha in sè qualcosa di mistico, di nuovo una piccola oasi dove tutti gli elementi  sembrano fermarsi, chetarsi, prima di riprendere la vertiginosa discesa verso il basso, inevitabile conseguenza della legge di gravità: chi per qualche minuto, come l'acqua, chi per tempi più o meno lunghi, come il materiale roccioso. Se infatti un bel temporale estivo potrebbe bastare per spostare a valle sabbie, limi e pietre fini, quanta energia dovrebbe essere presente in loco per trascinare a valle pietre di più grandi dimensioni, od addirittura i massi ?
Si respira nell'aria anche qualcosa di epico, eroico, come se lo spirito di  coloro che sfruttarono queste superfici a scopo agricolo fosse rimasto impresso nelle rocce e nell'erba: uno spirito così forte che ci sembra quasi di percepirlo!

Chi dice che le montagne non si muovono ? 

Ambiente di pietraia


Dopo il piano della Sciarda si raggiunge un'altra piccola conca, oltrepassata la quale si entra in un ambiente di pietraia, con materiale roccioso di pezzatura via via più fine man mano che si risale verso il valico: dai grandi massi del fondo agli sfasciumi dell'ultimo tratto di salita. In realtà la dimensione dei materiali, risultato dell'alterazione e dei crolli delle pareti rocciose soprastanti , risulta suddivisa in modo molto più caotico, poichè nessun fenomeno di crollo è uguale ad un altro per cubatura del materiale e per distribuzione dimensionale degli elementi che lo compongono. Qua e là, ancora chiazze di neve residua... 
Gli ultimi metri sono di sfasciumi...
Nella nebbia sorprendiamo qualche camoscio, che sembra guardarci stupito, decisamente poco abituato alla presenza umana in questi reconditi luoghi, una nebbia che ha ormai completamente avvolto le vicine pareti del Gran Carro, quand'ecco che sentiamo un forte boato: è per l'appunto un crollo di materiale roccioso! E pensare che questa montagna è molto rinomata tra gli amanti dell'arrampicata per la sua buona roccia e le sue vie poco ripetute!
Camosci diffidenti
Non facciamo a tempo a riflettere su quanto successo che un secondo boato, più forte ed accompagnato da un acre odore di scintille, ci fa intuire l'avvenimento di un altro crollo, ben più imponente del primo.  
Ciò che sentiamo tuttavia non ci spaventa troppo: vuoi perchè non siamo "a tiro" delle pareti rocciose del Gran Carro, vuoi perchè il grigio velo della nebbia sembra riuscire ad anestetizzare tutto. Chi dice che le montagne non si muovono ? Lo fanno eccome, a modo loro, pezzo per pezzo o con i grandi movimenti tettonici di profondità...

Attraversando in cresta verso la bocchetta q.2704 m

La bocchetta di Drosa

La bocchetta di Drosa, od almeno quella nominale quotata 2673 m, è presidiata da un imponente gendarme di roccia. I segni rossi invece raggiungono un'altra bocchetta leggermente spostata a sinistra e leggermente più alta , 2704 m di quota, dalla quale proseguono in discesa sul versante Piantonetto.  Già, il vallone di Piantonetto: peccato per l'impossibilità di averne qualche veduta panoramica oggi! Il massimo che riusciamo a vedere, a tratti, sono le vicine pareti di gneiss del Gran Carro e l'alpe Drosa superiore sotto di noi!
 Non sarebbe stata una cattiva idea scendere verso l'alpe Sciarda e quindi raggiungere il fondo del vallone di Noaschetta ben prima dell'Arculà , ma le condizioni di visibilità non ottimali  ci hanno consigliato il ritorno per lo stesso itinerario di salita; fortunatamente per noi la visibilità si è mantenuta accettabile per tutta la discesa, consentendoci un tranquillo rientro alle auto.  

Conclusioni

Da un punto di vista storico-naturalistico, l'itinerario più interessante per raggiungere la bocchetta di Drosa dal lato Noaschetta è certamente quello di percorrere tutto il versante sx idrografico del vallone , magari realizzando un anello per l'alpe Sciarda. 
Occorre tuttavia tener conto che nella parte bassa la traccia di sentiero è perlopiù difficilmente rintracciabile, situazione che nella bella stagione viene aggravata dal rigoglio della vegetazione, e nella parte alta, dall'Arculà in poi, occorre una certa dimestichezza a muoversi in ambienti ripidi: ciascuno faccia le proprie valutazioni! Arrivederci ed a presto con le Storie!



Nessun commento:

Posta un commento