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venerdì 3 agosto 2018

Il giro del Courmaon

Premessa

La cima di Courmaon 3162 m è una montagna dall'aspetto imponente, ben visibile a chi percorre il fondovalle in direzione di Ceresole Reale, più o meno dalla frazione Fornolosa di Locana in poi. Il suo sperone est scende a separare in quota il bacino del vallone del Roc da quello della valle Orco; lungo la sua cresta est e  quella che dall'anticima 3155 m prosegue in direzione NO verso la Cuccagna ed il colle della Porta corre anche il confine amministrativo tra i comuni di Noasca e Ceresole Reale.
Foto invernale che non c'entra un cavolo ma dove è ben visibile a sx lo spigolo del triangolo isoscele 
L'anticima 3155 m riveste particolare importanza dal punto di vista alpinistico, poichè qui arriva la celebre via Gervasutti, quella del "triangolo isoscele" , una via aperta nel 1942 da Gervasutti e Giraudo, lunga ( 300 m di arrampicata continua), poco attrezzata e con difficoltà fino al 6a . Anche l'avvicinamento  di questa via non è tra i più brevi: trattasi dunque di un'ascensione riservata ad alpinisti forti ed allenati nell'arrampicata ( astenersi amici della falesia attrezzata con avvicinamento 3 minuti difficoltà 32 b), forse la vera arrampicata, quella che sa coniugare l'estetica alla funzionalità ( cioè il raggiungimento della vetta). E ve lo dice uno che non arrampica, quindi... parole al vento.
Una piccola curiosità: per "quelli di  Noasca " , checchè ne dica la cartografia ufficiale, il Courmaon è soltanto l'antecima 3155 m, mentre la cima  3162 m la chiamano già Cuccagna...
Cartina su base Igm 1:25.000 ( scorrere la pagina per navigare )

Dalla Mua al lago Lillet

Voi credevate che non sapessimo arrampicare, ed invece per noi l'avvicinamento dal colle Sià è anche troppo corto:  così decidiamo di partire dalla borgata Mua 1597 m. 
Alpe Pisson
Si tratta di un sentiero sempre ben pulito e segnato e che dà soddisfazione, perchè sale in maniera decisa  nel bosco di larici fino a raggiungere dapprima l'alpe Pisson, quindi l'alpe Miellet e l'alpe del Medico
...fino a giungere nei pressi del lago Lillet
Lungo tutta la salita è davvero spettacolare il panorama sul versante destro idrografico della valle Orco, dalle Levanne al vallone del Nel fino al confine con la Francia. Superata l'alpe del Medico, il sentiero continua ripido e ben tracciato fino ad arrivare nei pressi del bel lago Lillet ad incrociare il percorso della mulattiera reale di caccia che sale verso il col del Nivolet.
La conca del lago Lillet, ancora largamente coperta dalla neve
L'inverno passato, ricco di precipitazioni nevose, ci consegna quest'anno un lago Lillet ancora largamente coperto dalla neve, un tipo di vista alla quale non siamo più abituati ad assistere in piena estate, in questi tempi di riscaldamento globale...

Dal lago Lillet alla cima 

Voi pensavate che sapessimo arrampicare: ma non è così, e grazie a Dio esistono anche le vie normali...Imbocchiamo dunque ora la mulattiera reale, che in questo tratto percorre fedelmente la morena frontale dell'area un tempo occupata dal ghiacciaio della Porta, in direzione del colle omonimo: la seguiamo fin quasi al valico, dopodichè svoltiamo a destra in direzione del colle Courmaon, compiendo un lungo traverso sotto le pareti della Cuccagna
...in direzione del colle della Porta
Anche qui la neve residua è ancora molta, e se da un lato rende più facile il nostro incedere, dall'altro  costringe a fare molta attenzione a non cadere in qualche buco "occultato". 
Ancora parecchia neve...

Sulla cresta della Cuccagna alcune femmine di stambecco ci guardano da lontano incuriosite: chissà, magari staranno pensando: "proprio qui devono venire a disturbare questi bipedi ?".
Ma proprio qui devono venire ? 

Il lago Lillet ancora innevato ed a sx il colle della Terra
Sempre il lago Lillet, con alle spalle Mare Percia e Punta Fourà
Il percorso più comodo, o meglio quello che ci viene più naturale fare oggi ci porta a raggiungere la cresta della Cuccagna un pò prima del colle Courmaon.
la cresta della Cuccagna nei pressi del colle Courmaon

Certo si potrebbe a questo punto raggiungere anche quella cima, è così vicina ! Ma le nebbie che vanno e che vengono ci consigliano di andare dritti al sodo: non si sa mai come va a finire in montagna con la visibilità, che potrebbe anche ridursi in maniera significativa. E poi così abbiamo la scusa per tornare !
solida roccia gradinata...

Lasciata la cresta della Cuccagna, tocchiamo infine il colle Courmaon 3077 m, dal quale seguiamo l'elementare cresta NNO, fatta di blocchi e placconate fino alle roccette finali, che superiamo direttamente  su solida roccia gradinata fino a raggiungere il triangolino di vetta. 
La cresta NNO del Courmaon con il castelletto sommitale
Tali roccette possono anche essere aggirate sul lato Roc; in ogni caso occorre fare attenzione in questo punto perchè è esposto e c'è da usare le mani.
Triangolino di vetta

Purtroppo la visibilità non ottimale limita il panorama, ma non la nostra soddisfazione per aver raggiunto la meta di giornata o, meglio, una delle mete, visto che abbiamo in programma di scendere dal colle Courmaon sul lato Roc per andare a vedere le miniere della Cuccagna, ragion per cui non possiamo attardarci sulla vetta a goderci le nebbie che vanno e vengono...
Solida roccia gradinata
Certo un pensiero non può che andare ai forti appassionati che affrontano la via Gervasutti: potremmo aspettarli in cima, nel caso, con un decoroso rinfresco, noi che ce la siamo cavata con qualche roccetta!

Alla ricerca della miniera della Cuccagna

Ritornati al colle Courmaon,  cominciamo a scendere in direzione del vallone del Roc per il ripido canalone NE , che  in questo primo tratto si presenta  molto stretto e caratterizzato dalla presenza di detrito fine, sul quale tuttavia si riesce a scendere abbastanza agevolmente, nonostante ogni passo in avanti si trasformi in un passo e mezzo...
Saxifraga oppositifolia
Fortunatamente le femmine di stambecco ed i capretti che avevamo visto in precedenza sulla cresta della Cuccagna si sono spostati decisamente a sud, in prossimità della bastionata rocciosa  che sovrasta la zona del casotto Pngp delle Cialme (li abbiamo notati in lontananza prima di infilarci nel canale): così almeno non rischiamo che ci facciano cadere pietre in testa !
Tuttavia Marino mi fa notare come all'inizio della cresta della Cuccagna, e cioè proprio sopra di noi,  siano "appoggiati" in maniera apparentemente molto precaria alcuni massi di notevoli dimensioni: insomma di qui bisogna togliersi il più presto possibile, nonostante le attrattive botaniche non manchino. E più che altro sarebbe stato meglio avere il casco...
neve residua nel canale
Il secondo tratto del canale è ancora molto ripido  e, come se non bastasse, quest'anno vi è ancora parecchia neve residua ; per un buon tratto riusciamo a scendere lungo il margine sinistro del nevaio aiutandoci con le mani, che trovano numerosi appigli nella vicina base della parete rocciosa ( sembra quasi di disarrampicare tra gli sfasciumi)  , ma poi la neve giunge ad occupare completamente il fondo del canale: impensabile scendere con tali pendenze senza l'ausilio di piccozza e ramponi. 
Siamo così costretti a risalire leggermente, fino a raggiungere un cambio di pendenza in corrispondenza del quale riusciamo ad attraversare il nevaio per portarci alla sua destra. Manca davvero poco alla fine del tratto ripido, ma bisogna trovare un punto dove si riesca a scendere perchè da questa parte è tutto un susseguirsi di salti  e saltini!
Uno sguardo verso il canale di discesa...ma dal basso  non rende l'idea!
Ecco che finalmente notiamo un salto foggiato a scalini: visto dall'alto, sembra quasi come una scala a pioli verticale, soltanto fatta di roccia e con gradini irregolari; diamo ancora uno sguardo intorno a noi, ma davvero sembrano non esserci alternative sicure a questo passaggio ( salvo il dietrofront).
Comincia così a disarrampicare Marino : tolto il primo passo che è effettivamente un pò lungo e che richiede un pò di ragionamento sul come e dove mettere mani e piedi ed in quale sequenza, gli altri sono più brevi e facili, compreso l'ultimo che consente di rientrare nel canale traversando su una piccola cengia. 
L'idea di volare da lì però non fa certo piacere, visto che si cadrebbe rovinosamente sulle pietre sottostanti, che di certo non sono morbide, idea che mi suggestiona un pò e mi costringerà a perdere del tempo prima di riuscire a compiere il primo e decisivo passo. La roccia non è il mio habitat naturale...
Gruppo del Gran Paradiso: in primo piano da sx Ciarforon, colle della Torre e Torre; in secondo piano da sx Gran Paradiso, Tresenta e punta Ceresole
Per fortuna la roccia è salda e ci sono buoni appigli (che vanno comunque sempre verificati per prudenza); una volta usciti dal "pericolo" siamo ormai nella parte meno ripida e possiamo cominciare a pensare alla localizzazione delle miniere.
Uno sguardo all'indietro e verso l'alto ci convince del fatto che la prossima volta sarà meglio effettuare l'itinerario in senso inverso;  davanti a noi finalmente le nubi lasciano scorgere il gruppo del Gran Paradiso: un pò di panorama direi che ce lo siamo meritati!
Un ampio ripiano
Scendiamo quindi contornando le pareti della Cuccagna; sotto di noi si vede un ampio ripiano, ed avrebbe perfettamente senso se la miniera fosse localizzata in corrispondenza di quello spalto:  avranno pur avuto bisogno di un piazzale dove fare una prima cernita del minerale grezzo!
Pascolo "da stambecchi" con bella fioritura di Lotus corniculatus

Man mano che ci abbassiamo di quota, alle pietraie si intervallano verdi pascoli "da stambecchi"; ed ecco che finalmente compare il cunicolo della miniera, a circa 2735 metri di quota.
Ingresso della miniera

La miniera della Cuccagna

Le notizie storiche sulla miniera della Cuccagna sfortunatamente non sono abbondanti e spesso contoverse; sappiamo che da essa si estraevano minerali ferrosi e che senza dubbio essa fu attiva stagionalmente lungo tutto il 1700 e poi in maniera intermittente tra il 1817 ed il 1832 ed i suoi minerali, assieme a quelli delle miniere della Bellagarda, andavano ad alimentare le fucine di Locana e Sparone. 
Il minerale veniva trasportato a fondovalle a dorso di mulo, dato il difficile accesso della località in cui si trovava la miniera.
Un rilievo condotto nel 2007 in collaborazione tra il corpo di sorveglianza del Pngp, l'Università di Torino e l'istituto per geometri 25 Aprile di Cuorgnè ha messo in evidenza che ( cito estesamente): "la miniera si sviluppa, all’interno dello gneiss occhiadino, con due rami, di cui uno lungo 200 metri. Le gallerie hanno un altezza media di 170/180 cm ed una larghezza media di 150/170 cm. Perlustrandole si notano i fori rotondi dei fornelli da mina mentre in alcuni tratti si notano ancora le armature di legno, spesso cedute e sommerse dai detriti della volta".
Sussistono invece incertezze sull'epoca di inizio delle coltivazioni: alcuni studiosi le fanno risalire alle popolazioni celtiche che abitavano la valle Orco ( e forse in parte la abitano, visto che la "romanizzazione" della valle non fu mai completa); altri nelle iscrizioni in latino rinvenute nei cunicoli leggono un chiaro segno che la miniera fosse attiva già in epoca romana.
Senza dubbio le popolazioni celtiche erano attive nel settore minerario e sicuramente gli antichi romani erano molto attenti alle risorse metallurgiche dei territori conquistati, per cui entrambe le ipotesi sembrano plausibili; non pare comunque azzardato pensare che come minimo tali miniere fossero attive già  a partire dal basso medioevo.

Un "gias"

Alla ricerca della "canala"

Nel vallone del Roc è presente una notevole opera di canalizzazione delle acque di antica realizzazione, localmente chiamata "canala", con termine presso l'alpe Loserai di sopra, ed è da lì che vogliamo scendere.e noi vorremmo scendere lungo il suo tracciato. Così, facendo affidamento sulla cartina Mu "Valle Orco", cerchiamo di incrociarla ma non è cosa facile, e prima della canala andiamo ad intercettare un sentiero che scende in direzione del Loserai ed alcuni "gias", recinti per animali realizzati in pietra.
Un tratto della "canala"
Quando ormai stiamo per rassegnarci, ecco che poco sotto di noi una serie di lastre di pietra poste in maniera ordinata ci segnala la presenza del manufatto. Il tracciato della canalizzazione scende con pendenza regolare verso valle, affrontando di tanto in tanto qualche salto, come è inevitabile che sia, appare mirabilmente studiato.
La canala nei pressi dell'alpe Loserai ( all'interno del muretto sinistro passa il tubo che porta acqua "potabile" all'alpeggio)
In che epoca è stata costruita ? Come veniva impiegata l'acqua così canalizzata ?  Scendendo lungo la canala notiamo che all'interno del muretto sinistro dovrebbe correre una sorta di acquedotto, ed in effetti così è! La cosa non stupisce, visto che una struttura simile si rinviene ad esempio nel vallone dell'Eugio, lungo il canale che dall'alpe i Pis derivava l'acqua alle borgate della Pezza.
Dunque un doppio utilizzo: acqua "potabile" captata alla fonte e poi "protetta" fino alla destinazione finale ed acqua per usi agricoli ( fertirrigazione, abbeverata degli animali domestici).
La mia mente sognatrice mi fa pensare anche a qualche uso legato all'attività mineraria: chissà!
L'amico Franco Chiapetto mi spiegherà poi che la carta Mu riporta in maniera errata il tracciato della canala e che essa parte da un laghetto posto sulla mulattiera che sale al colle della Porta. Toccherà tornare!

Dall'alpe Loserai al casotto delle Cialme

Salendo al passo Loserai
Dall'alpe Loserai un sentiero ben segnato con tacche bianco-rosse, passando vicino ad alcuni laghetti ed a numerosi altri manufatti, conduce al passo Loserai  2461 m. E' incredibile quante poche persone intraprendano questa variante di percorso in rapporto a quelle -numerosissime - che si recano alla Cà Bianca od al vicino Colle Sià! 
Qui la prateria alpina ha ormai colonizzato i ruderi, li ha "invasi"...
La prateria ha invaso la casa

Noi comunque siamo in un certo senso obbligati a fare questo percorso, visto che la macchina l'abbiamo alla Mua;  per raggiungerla a piedi pestando meno asfalto possibile ci sono anche altri percorsi di raccordo a quota più bassa, ma questo attorno alle pareti del Courmaon è il più suggestivo  ed anche, se vogliamo , un dovuto omaggio alla cima appena toccata.
Il passo Loserai, rivolto verso le Levanne

Superato il passo Loserai si arriva infatti nella selvaggia Comba del Bojret ( se pochi fanno il sentiero che stiamo percorrendo, quasi nessuno raggiunge questo valloncello da sotto ) , dove la sensazione di essere arrivati in un luogo poco frequentato la si percepisce immediatamente, senza bisogno di riscontri empirici.
La selvaggia Comba del Bojret

La traccia ora conduce in leggera discesa a superare una pietraia ed una zona rocciosa, fino a raggiungere il vicino passo del Bojret, 2400 m di quota circa , vicino alla punta delle Cialme, ben riconoscibile per la presenza di un grande ometto di pietra.
Al passo del Bojret

Da qui il sentiero scende attraversando la zona dei paravalanghe fino a raggiungere il casotto Pngp delle Cialme, dal quale si gode di una vista magnifica sul lago di Ceresole.

Paravalanghe
Dal casotto in poi la traccia ed i segni si fanno meno evidenti, e bisogna porre un pò d'attenzione per non smarrire il percorso nel lungo traverso che porta, passando per l'alpe Maon, a ricongiungersi con il sentiero di salita. 
Non ero mai stato a quest'alpe Maon ed ero proprio curioso di vederla, un toponimo evidentemente collegato alla soprastante cima, che però è sfortunatamente coperta dalla nuvole al nostro passaggio.
Alpe Maon

Dall'alpe Maon al bivio c'è ancora un lungo tratto di strada, tutto a saliscendi ed a mezzacosta in quota, un percorso che fatto in una giornata con cielo più sereno sarebbe ancora più spettacolare! Ma questi sono i giorni più caldi del 2018 ed anche un pò d'ombra non fa male perfino qui ad oltre 2000 m di quota, visto che neppure quando si alza il vento si ha refrigerio: l'aria infatti è calda!
Ripreso il sentiero di salita , in poco tempo ritorniamo alla macchina, soddisfatti per la bella gita. 
Forse è un peccato non aver fatto alcuna statistica del percorso ( di sicuro il dislivello non è poco ed i km percorsi neanche) ma a pensarci bene noi preferiamo le emozioni alla statistica, un pizzico d'incertezza alla noia della pianificazione perfetta dell'itinerario. Naturalmente non sempre, ma ovunque ciò sia sicuro e possibile ! Arrivederci ed a presto con le Storie!








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